Trattasi di secondo adattamento cinematografico del romanzo Stato di Fermo (Brainwash,1979) di John Wainwright, già portato sullo schermo da Claude Miller nel 1981 (Guardato A Vista), con Lino Ventura nei panni dell'ispettore ora interpretato da Morgan Freeman (che però è capitano di Polizia), Michel Serrault nei corrispettivi di Gene Hackman e Romy Schneider in quelli poi ripresi da Monica Bellucci. Stephen Hopkins, autore di qualche buona pellicola e tuttavia regista sempre sul punto di decollare, eterna promessa che ha oramai tagliato il traguardo dei 60 anni senza aver mai (ancora) realizzato il film della vita, si incarica di dirigere questa tenzone dall'impianto fortemente teatrale, che ha luogo perlopiù nell'ufficio del capitano Benezet, a San Juan, capitale di Porto Rico in festa per le celebrazioni di San Sebastian che cadono il 20 gennaio (mentre nel 1981 eravamo in Normandia, la notte di capodanno). Anziché preparare il terreno la storia è già in divenire e lo spettatore, quasi come uno spione, viene buttato nel mezzo del caso su cui sta investigando Benezet. Due ragazzine minorenni sono state stuprate e strangolate (non necessariamente in quest'ordine) e la deposizione dell'avvocato Henry Hearst, testimone oculare del ritrovamento di una delle due, ha diversi elementi che non combaciano con la ricostruzione dei fatti. Benezet lo convoca per ripercorrere la sua testimonianza, ma Hearst è atteso ad una cena di beneficienza. Le cose vanno per le lunghe e, passo dopo passo, la verità raccontata da Hearst si sgretola come un castello di sabbia.
Under Suspicion è una partita a scacchi tutta poggiata sulla statura dei suoi due giocatori principali, Freeman e Hackman, che scolpiscono e modellano i loro personaggi con la massima cura del dettaglio, del particolare, della sfumatura, giocando sulle espressioni, sui micro movimenti facciali, sulla postura, sui silenzi e naturalmente sulle proprie voci (che tuttavia noi riceviamo ulteriormente reinterpretate da Oreste Rizzini per Hackman e Renato Mori per Benezet). Monica Bellucci, giovane ed affascinante moglie di Hackman, si doppia da sola e a tal proposito Mereghetti dice che "non è un bel sentire". Francamente irritante questo continuo seminare spocchia e snoberia per un (auto)doppiaggio che non ha alcunché di esecrabile e anzi, aggiunge mistero e ambiguità al personaggio (caratteristiche che Chantal deve avere da sceneggiatura). Senza dire che la stragrande maggioranza degli attuali attori italiani - compresi quelli magari elogiati dal gran critico - se fossero doppiati da qualche buon doppiatore non avrebbero che da guadagnarne. Chiusa la consueta parentesi di sdegno e venendo più prosaicamente al film vero e proprio, Under Suspicion evidentemente soffre di una certa immobilità, fisiologica, che Hopkins cerca di stemperare infarcendo di flashback l'esposizione dei fatti e inserendovi direttamente i personaggi, in una sorta di gioco metacinematografico per cui Benezet da spettatore diventa protagonista assieme a Hearst del suo racconto. Questo effettivamente crea un minimo di dinamicità, unitamente allo stacco dall'ufficio del capitano alla residenza dove ha luogo il ricevimento mondano nel quale è atteso l'avvocato (e che si trova dalla parte opposta della strada, affollatissima per via della festa cittadina). Ad ulteriore diversivo rispetto al continuo e tesissimo ping pong tra Freeman e Hackman c'è la Bellucci, che soprattutto nella seconda parte del film assume un ruolo di co-protagonista, sia quantitativamente che qualitativamente, poiché la sua Chantal diventa una chiave di volta per l'epilogo. La presentazione nei primissimi minuti del film della Bellucci è da manuale, come un attaccante che a pochi secondi dal fischio d'inizio si presenta in area di rigore avversaria e infila l'incrocio dei pali con una spettacolare rovesciata. Hearst socchiude la porta della camera da letto e sorprende Chantal che sta tentando di infilarsi un vestito talmente attillato da avere delle difficoltà, tutta la schiena fino al sorriso dei glutei è scoperta e appannaggio dello spettatore voyeur. L'incantesimo è già fatto, la stregoneria si compie e da lì in poi gli occhi saranno sempre addosso a Monica Bellucci.
- SPOILER: Quella di Under Suspicion più che un'indagine da pellicola thriller per smascherare un colpevole, è la storia (drammatica) della sconfitta di un uomo mediocre. Hearst è un vincente, perlomeno in apparenza, un ricco professionista, con una casa da sogno ed una giovane moglie ancora più da sogno. Il film si gioca la carta della lotta di classe, che Hearst esibisce spesso e volentieri in modo volutamente provocatorio e irritante. Ma col proseguire dei fotogrammi la maschera di Hearst cade (così come il suo odioso parrucchino), mostrando la verità che si cela dietro il brilluccichio delle apparenze. Hearst è un uomo sordido e solo, rifiutato dalla moglie che sospetta un tradimento del marito con una nipotina appena quattordicenne. Chantal si nega da anni al marito, il quale rassegnato ed orgoglioso, frequenta i bassifondi di San Juan, pagando prostitute e coltivando amorazzi sempre più giovani e immorali. L'identikit perfetto per il serial killer delle minorenni. Quando però Chantal decide di collaborare fattivamente con la Polizia e offre in dote le prove che dovrebbero inchiodare il marito, Hearst fa un salto di qualità, distruttivo e autodistruttivo al contempo, convintosi di non avere più nulla da perdere, dopo un bilancio esistenziale avvenuto tutto in una notte, quella notte. La scelta dell'avvocato sconvolge Chantal, costretta pure lei a rimettere in discussione le proprie certezze. Il finale non scioglie il nodo sentimentale tra i due, lasciandoli separati ed esausti su di una panchina per strada, mentre intorno a loro l'intero pianeta è in festa, una sottolineatura ancora più stonata dei fatti appena accaduti. E Benezet che pare il cavaliere templare destinato ad uscire vittorioso alla fine della battaglia, sarà forse il più scornato di tutti. Notevole l'atmosfera umida, nervosa, appiccicosa che si respira lungo tutta la pellicola, nonostante qualche eccesso di troppo di Hopkins in chiave videoclip (come ad esempio le inutili velocizzazioni della MdP).