Di tutti i film che mi è capitato di vedere di Grassia fin qui - che già di suo non è Aleksandr Sokurov - Un Grande Amore è forse il peggiore. Appartiene addirittura ad una trilogia, quella di Grassia insieme a Ileana Carisio aka Malù aka Ramba, starlette del porno che curiosamente ha fatto il percorso opposto alle dive del settore. Partita direttamente dall'hardcore si è poi ritirata (si dice per le pressioni della famiglia cattolica) per poi rispuntare con nomignolo diverso in pellicole erotiche, anche molto spinte (e allora non torna il discorso della famiglia cattolica), proprio come questa di Grassia, francamente ad un passo da Riccardo Schicchi. Siamo ai minimi storici anche per Grassia, qui evidentemente in difficoltà economiche particolarmente invalidanti. Il cast è ai minimi termini e si vede costretto a poggiare su un Antonio Zequila, che comunque di titoli col regista campano ne colleziona ben sette; anche le location sono, se possibile, più ridotte del solito. Non direi cheap, poiché l'ambientazione è un grand hotel situato in località termale toscana (azzarderei Montecatini Terme e l'hotel, di cui viene inquadrata per benino anche l'insegna, è il Parco dei Principi), ma tutto viene girato in quelle stanze, senza che mai si metta il naso fuori, tranne che per le scene su cui scorrono i titoli di testa, che vedono gli ospiti condotti dall'aeroporto all'hotel (in furgone).
Abbiamo due coppie il cui (unico) elemento caratterizzante è la scopofilìa. In un caso lei è ninfomane e lui un po' addormentato, nell'altro lei è ninfomane e lui non ce la fa a reggere ritmi da mandingo. Insomma il punto è che le signore hanno la fissa. Ma non finisce qui, c'è pure una terza coppia di sposini che ha vinto un viaggio premio proprio alle Terme, e alloggiano nello stesso albergo. Il lussuoso resort però è in altissima stagione, zeppo come un uovo e, nonostante il diritto acquisito con la vincita, per i due fortunati non c'è posto; vengono quindi smistati in due camere separate, il che complica indovinate quale aspetto? Bravi, la copula. Infine ci sono due svedesi, coppia aperta, sempre ignudi, pronti ad ospitare in camera chiunque e a giacere con qualsiasi essere appartenente al regno animale/vegetale/minerale/termosifoni/varie ed eventuali. Messa così la trama aspetta solo il bang dello starter, dopodiché è un tutti con tutti, a più non posso, e chi prima arriva meglio alloggia (ma chi arriva dopo un posticino se lo trova comunque). Intendiamoci, non che uno da Grassia si aspetti chissà quali architetture narrative o una sceneggiatura dal peso specifico rilevante, però, anche da grassiano doc quale il sottoscritto, l'impressione del film fatto tanto per tirare due schioppettate con gli avanzi della cena arriva forte e chiara. Si naviga a vista col solo scopo dichiarato di chiudere in camera gli animali dello zoo e assistere alle loro peripezie, con tutto il ridicolo involontario che ne consegue trattandosi degli Zequila e degli Alex Damiani.
Le signore della brigata sono tutte infoiate, come da contratto, anche se la più divertente è la sposina Rose (Cristina Barsacchi, pure lei attrice feticcio di Grassia) che parte tutta vergognosa e timida per poi rivelarsi una macchina del sesso. Sono in difficoltà, non so cosa altro aggiungere; il film è tutto così, musiche poveristiche, neanche mezza idea di regia, attori abbandonati agli istinti primordiali, una sensazione di "porno ma non posso" che aleggia dal primo all'ultimo minuto, senza che neppure si faccia finta di aver approntato una storia che funga da copertura ad una serie di scenette erotiche ai limiti dell'amatoriale. Se l'intento era scimmiottare la commedia sexy in stile pochade (con "girandole di equivoci" e "misunderstandings" convogliati in dirittura d'arrivo nel classico "tutto è bene quel che finisce bene"), Grassia non ci arriva manco vicino. Un Grande Amore non è divertente (anzi è noioso), neppure letto in chiave "tanto peggio tanto meglio", né alla fine della fiera risulta erotico, poiché le sedute di anatomia comparata sono talmente meccaniche e finte (le cavalcate di Tracy Kelly sembrano una comica...se poi sotto giace Zequila siamo alla resa incondizionata) da metter sonno. Grassia ha fatto di meglio, strano a dirsi ma stavolta è vero; nel '94 la fantasia doveva proprio essere poca visto che a stretto giro di posta il regista fa uscire Una Grande Voglia D'Amore e Un Grande Amore (e se proprio vogliamo dirla tutta ci sarebbe pure Sensazioni D'Amore del '90). Che poi, Un Grande Amore è un titolo da Romeo e Giulietta, anche romantico volendo, e comunque "esclusivo" in termini di sentimento, qui semmai pare più di essere a Debbie Does Dallas.