Tranquille Donne Di Campagna

Tranquille Donne Di Campagna
Tranquille Donne Di Campagna

Partiamo dall'oggetto dvd Cinekult, che propone Tranquille Donne di Campagna (di Claudio De Molinis, alias Giorgi, 1980) in versione integrale, ma schiaffa in copertina la giunonica Serena Grandi (la foto non ha niente a che vedere col film, trattandosi di un estratto da Miranda di Brass), quando la bella bolognese ha in realtà un mero ruolo di contorno ed è anzi qui al suo quasi debutto sul grande schermo. Anche internamente la confezione vede un'altra foto della Grandi, stavolta ignuda che ci offre le terga (pure questa fuori contesto). Il packaging insomma è bello ruffiano e accalappia Serenomani, come il sottoscritto. Per di più il dvd appare come un semplice riversamento da VHS poiché l'immagine non è ottimale ed in particolare nelle scene buie, con molto nero, è tutto un balletto di ombre.

Guido Maldini (Philippe Leroy) amministra la sua famiglia e vive con essa in una tenuta della campagna padana ai tempi del fascismo. Il suo temperamento dispotico, violento e maschilista, lo fa odiare da tutti e dal figlio innanzitutto che, colto dall'esasperazione, cerca invano di ucciderlo. Ottima prova di Leroy, carogna impagabile nei panni del capo famiglia fascistone (probabilmente di comodo), sventrapassere, ubriacone, rozzo, manesco e dal ghigno quasi satanico. Appassionato di cavalle, in tutti i sensi, assai meno della sensibilità dei familiari che lo circondano. Ha in spregio il delicatissimo figlio, che ritiene un invertito e che cerca continuamente di instradare al sesso a pagamento, senza successo (anche perché si rivolge a delle "operatrici del settore" piuttosto agée). Nella villa gode di qualunque cosa si muova e respiri, e lo fa incurante della presenza della moglie. Le battezza tutte. Rossana Podestà, la sua signora, è remissiva e ansiosa per la sorte del figlio (Christian Borromeo), il quale la sogna in atteggiamenti ai limiti dell'incesto. Borromeo dal canto suo è tutto fuorché quello che pensa il padre e anzi nel corso del film poggia le mani sulle soffici vallate della Grandi e della Dionisio. Queste "tranquille" donne di campagna - l'eccentrica e un po' mignotta cugina Floriana (Carmen Scarpitta), la moglie (Podestà), in odor di tresca col Prefetto di zona, e la governante (Grandi) - sopportano e sopportano, finché all'ennesimo sgarro del bestione (lo stupro della Dionisio, cuginetta tenera tenera di Borromeo e anche un po' fidanzatina) si rompono le Tube di Falloppio e decidono di prendere provvedimenti, regalando al film un finale che vira dai toni bucolico-agresti con inserti da sexy commedia al nero tout court.

La Grandi fa poco ma quando fa...lascia il segno. Come entra in scena qualcuno la palpa. La Dionisio è stupenda, come sempre, una bellezza molto più dolce e graziosa, ma non per questo meno intensa. Le ambientazioni e il sapore campagnolo della bassa padana accostano questa pellicola ai vari Samperi, Avati e (successivo) Brass, un po' come già mi era capitato di notare per La Nipote di Nello Rossati. Periodo del fascismo e Pianura Padana sono una vena d'oro per il genere erotico italiano. Il film procede lento, come la vita fuori città, ma è ben fatto e piacevole, ed il finale dà una sferzata di adrenalina. Interessanti i momenti onirici di Borromeo che, più dei dialoghi, svelano la psicologia del personaggio, così come la recitazione degli attori è sempre centrata e convincente (un po' sopra le righe la Scarpitta forse). Gli extra contengono un'intervista ad un Leroy sul viale del tramonto, all'insegna del'amarcord e della nostalgia, con l'attore francese che fa racconti sul tenore: "una volta mio cugggino disse che uno aveva l'aids e quello è morto dopo 3 giorni". Gioventù in America, mille professioni, lavori e lavoretti, donne a iosa, carcere, film, viaggi on the road senza tetto né legge, etc. etc. Al momento di descrivere Yanez parte per la tangente e parla di sé come di reincarnazione di Yanez. Un film nel film

Trailer ufficiale

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