Torino Nera

Torino Nera
Torino Nera

Torino Nera di Carlo Lizzani arriva dopo Roma Bene e Banditi A Milano e a quanto pare ha il primato di aver avviato la serie di pellicole con il nome della città nel titolo seguita da un aggettivo di stampo "criminale" che tanto ha avuto fortuna nel genere poliziottesco italiano. Dopo Torino anche Napoli, Genova, Milano e naturalmente Roma hanno avuto la loro violenza (ed anche la provincia, come nel film di Mario Bianchi del 1978). Forse anche per questo Torino Nera viene solitamente ascritto al suddetto genere; ne ha le movenze, le facce giuste (Marcel Bozzuffi, Mario Pilar e tantissimi caratteristi del filone) e tuttavia Lizzani gira qualcosa di diverso, difficilmente ascrivibile al genere poliziesco, intanto perché la Polizia c'è ma è collaterale, quasi ininfluente, la vicenda è tutta interna alla malavita e al proletariato, vero oggetto di indagine del regista capitolino (ispirata dal consueto fatto di cronaca del periodo). E' veramente impietoso il ritratto della borgata sabauda, un sottomondo interamente popolato di immigrati del sud ("siamo 600.000!" esclama orgoglioso Nicola Di Bari, intendendo che a Torino sono più i meridionali che i torinesi doc). La lente del microscopio si sofferma su quel formicaio, fatto di case spartane, fredde, consunte e decrepite (senza bagno o con il bagno in comune sul terrazzo) e di piccoli espedienti quotidiani per riempire lo stomaco.

Mino e Raffaele sono due bambini che anziché andare a scuola vendono sigarette, rubano verdura e tirano a campare mentre la madre Lucia (Françoise Fabian) lavora tuto il giorno in lavanderia ed il padre Rosario (Bud Spencer) è in carcere da tre anni per un delitto che non ha commesso e che lo terrà dietro le sbarre per altri nove. Assieme all'amico di famiglia Mancuso (Nicola Di Bari), avvocato presso uno studio, cercano di trovare prove che possano far riaprire il processo. Ci sono tre testimoni che inchiodano Rosario Rao e a quelli si rivolgono i figli e Mancuso nella speranza di reperire elementi e ulteriori testimonianze. Le acque si agitano e le indagini - coadiuvate anche da un volenteroso maresciallo della buon costume (Guido Leontini) - convincono mandante e veri esecutori del delitto per il quale è accusato Rao a prendere provvedimenti, tanto nei confronti dei testimoni del processo quanto dei familiari di Rao. - SPOILER: il finale è amarissimo, poiché se da una parte i "cattivi" vengono assassinati tutti (per mano di Rao, temporaneamente evaso dal carcere), dall'altra l'ottuso sistema giudiziario italiano non assolve l'unico colpevole accertato dal processo, pertanto Rao rimane in galera (con l'aggravio di ulteriori omicidi commessi) e suo figlio Mino viene ridotto in fin di vita sul letto di un ospedale con pochissime probabilità di uscirne vivo. Si chiude così l'epopea degli ultimi che non possono avere giustizia ma solo trovare vendetta, pagandone il prezzo sulla propria pelle.

Lizzani gira un film dai toni aspri, cinici, privi di ogni speranza. Le scene iniziali (in forma di flashback) nelle quali Rao porta la famiglia in una gita in campagna, dove tutti sono felici e spensierati, non fanno altro che acuire il senso di sconfitta e di disillusione che la realtà porta in dote. Rao è un buono e proprio per questo è inesorabilmente destinato a soccombere; aiutare il prossimo e non tollerare le ingiustizie lo condannano per sempre e la sua maledizione si abbatte anche sui familiari, destinati ad una vita di stenti, dolore e privazioni. Spencer è un protagonista aleatorio perché in realtà compare poco in scena; la sua compagna è interpretata dalla bellissima Françoise Fabian, purtroppo pure lei abbastanza tenuta in disparte. I veri protagonisti sono i due bimbi (tra questi c'è Andrea Balestri, futuro Pinocchio di Comencini, qui con un improbabile accento a metà strada tra napoletano e siciliano) e Nicola Di Bari (doppiato invece dalla magnifica voce di Pino Colizzi). Elio Zamuto è il capo della Polizia che per quanto è inconcludente sembra quasi colluso col malaffare, invece probabilmente è solo un cattivo poliziotto, arruffone e svogliato. A corollario tante facce note del nostro cinema, da Gigi Ballista (il principe del foro, titolare dello studio legale) a Maria Baxa (prostituta, donna di uno dei testimoni). Il finale è tutto di piombo, senza redenzione.

Torino Nera è più simile ad una sceneggiata criminale alla Mario Merola, ma privata della componente enfatica e un po' kitsch dei film interpretati dall'attore campano, decisamente più sobria, asciutta e crudele. Crudele è anche il dvd della Stormovie, anzi direi "criminale" (sempre per rimanere in tema) per la bassissima qualità del master offerto, scadente sotto ogni punto di vista, formato, audio e video (nelle scene buie si fa veramente fatica a leggere il fotogramma), per non parlare della sostanziale assenza di qualsivoglia extra (dato che oramai le filmografie davvero non si sa a cosa possano servire quando con un click abbiamo a portata l'universo mondo). Vedere la Torino dei primi anni '70 se non altro ha il consueto fascino di potersi crogiolare nell'Italia di un tempo, un "piccolo mondo antico" che non esiste più, e ci vuole una discreta componente nostalgica per mitigare il vistoso e punitivo senso di abbandono e miseria di quelle periferie.

Trailer ufficiale

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