Steven Soderbergh dirige Matt Damon in The Informant! (2009), film basato su fatti veri, anche se un po' "aggiustati" (come la scritta che appare all'inizio ammette), dal sapore tutto particolare. Soderbergh un film "normale" non lo dirige mai e, per quanto mi riguarda, potrebbe pure prendere un cellulare da Mediaworld a 29.90 euro e riprendere battesimi, cresime e comunioni, io mi metterei davanti allo schermo comunque.
La pellicola è di difficile definizione, la si potrebbe etichettare come un ibrido tra una spy story ed una commedia nera, e fa riferimento a The Informant (A True Story), un libro inchiesta di un giornalista del New York Times. Apprendiamo delle gesta del biochimico Mark Whitacre (Damon) che aiuta l'FBI in una delicata indagine di frode industriale; Whitacre lavora in un'azienda che si occupa di produzione di mais, coinvolta in un cartello internazionale di gestione e controllo dei prezzi del mercato. Dall'interno dunque Whitacre cerca di smascherare i propri capi, passando informazioni all'FBI e registrando centinai di nastri compromettenti, fino a che la situazione prende una piega del tutto diversa. L'incriminato diventa Whitacre, poiché, procedendo con le indagini le affermazioni ed i comportamenti di Whitacre si rivelano sempre più ambigui e contraddittori. La credibilità dell'informatore scema progressivamente e l'uomo sembra aver in realtà perseguito una fumosa e confusa strategia a proprio tornaconto, ma le sue azioni sono talmente goffe e irrazionali da lasciare supporre persino una patologia bipolare depressiva. Nonostante i crimini di cui è accusata l'azienda siano veri, Whitacre finisce in gattabuia perché ne ha commessi altrettanti, e....
Whitacre è l'americano medio, grassottello, occhialuto, dal look "antico" anni '70, e Matt Damon per interpretare la parte ha dovuto pesantemente modificare il proprio aspetto mettendo su parecchi chili e imbruttendosi notevolmente. La sua interpretazione è superba, sempre in bilico tra una apparente ottusità e l'improvviso guizzo creativo. La stessa moglie di Whitacre si beve continuamente tutto ciò che il marito racconta, persino che i suoi genitori sono morti in un incidente stradale e che lui è stato allevato da un riccone padrone di parchi di divertimento (ovviamente i genitori sono vivi e vegeti). Sistematicamente ogni cosa che Whitacre pronuncia è verosimile ma non necessariamente vera, e da un certo punto in poi lo spettatore è portato a dubitare di qualsiasi affermazione egli pronunci. I fatti narrati così diventano un sorta di thriller, sebbene narrato in tono da commedia (amara, grottesca, a tratti anche drammatica), poiché misteri e colpi di scena abbondano. Gli agenti dell'FBI fanno i salti mortali per stare dietro a Whitacre e seguirlo nelle sue acrobatiche ricostruzioni degli eventi, spesso sembrano ubriachi di particolari e fatti che stridono, elementi fuori posto, che loro cercano continuamente di risistemare come in un puzzle, ma Whitacre confonde ulteriormente le acque, lascia credere, poi ritratta, poi confessa di aver mentito, ma nel farlo aggiunge nuove menzogne.
Molto divertente il fatto che lo spettatore ascolti per tutto il film i pensieri di Whitacre, a corollario della storia; un flusso di riflessioni del tutto slegate dagli eventi, che danno l'idea di quanto la mente di Whitacre voli libera altrove, quasi disinteressandosi della quotidianità, avallando in un certo senso la possibilità di una bipolarità schizofrenica. Whitacre si presenta come un orsacchiotto innocuo, ma nei suoi piani segreti si rivela più pericoloso di un criminale incallito. Intelligente l'uso della musica, sorniona e appropriata, anch'essa "parodistica", come si trattasse di un film di squinternati agenti segreti, spionaggio e sabotaggi, ed in effetti è così.