Tensione Superficiale

Tensione Superficiale
Tensione Superficiale

La tensione superficiale in fisica è la proprietà di un fluido di mantenere una tensione meccanica di coesione delle particelle sulla sua superficie esterna. Succede ad esempio quando un minuscolo insetto si posa su uno specchio d'acqua e con le sue zampette sembra galleggiare senza incrinare lo specchio. Da un punto di vista termodinamico può essere definita come "il lavoro necessario per aumentare la superficie del continuo di una quantità unitaria", esattamente il lavoro che compie Michela (Cristiana Dell'Anna), la protagonista del primo film di Giovanni Aloi. Bersagliata su ogni fronte, lavorativo, affettivo, intimo e personale, Michela subisce fino al suo punto di rottura quando, usando le stesse armi con le quali la società la vessa, trova una via per affermare il suo diritto ad esistere ed essere felice, il suo pezzetto di mondo e di libertà. Non è un film facile Tensione Superficiale e nemmeno agevole, c'è un intento programmatico nel delineare un personaggio davvero incredibilmente succube, sul quale il principio di realtà si accanisce con una crudeltà inaudita. C'è forse persino un eccesso, funzionale alla storia ma pur sempre davvero "estremo" nei suoi contorni. Michela è stata abbandonata dai genitori quando, rimasta incinta, ha voluto tenere il bambino; Heinrich (Benno Steinegger), il padre di suo figlio, è totalmente disinteressato a lei, ha una storia con un'altra e tuttavia due o tre volte al mese va a casa di Michela, se la prende da dietro mentre beve una birra e poi se ne va, senza nemmeno proferire parola; lavora come cameriera in un albergo (nel Tirolo) dove è sottopagata, senza contratto da mesi e costantemente umiliata da un datore di lavoro (Hannes Perkmann) che la mette spalle al muro, la accusa di rubare soldi dalla cassa e per questo la fa spogliare; ha un figlio abbastanza anaffettivo, Tobi (Philip Peter Heidegger), che parla quasi solo tedesco, lingua che Michela non comprende; viene persino presa in giro dalla clientela dell'albergo in quanto italiana (praticamente "terrona"); non conosce e non frequenta nessuno, vivendo in una costante solitudine, ai limiti dell'alienazione.

In tale quadro, particolarmente angariante ed oppressivo, Michela vede una luce in fondo al tunnel. Quella luce è Anna (Francesca Sanapo), una prostituta con la quale Michela stringe una timida amicizia. Anna la prende in simpatia e le propone di uscire dalla schiavitù (economica e umana) dandosi alla "professione". Al primo giubbottino nuovo da 150 euro regalato al figlio, Michela capisce che la salvezza sta nelle parole di Anna, dunque la segue (presso un resort nella vicina Austria dove Anna esercita) e si lascia "addestrare"; impara ad aggirare l'ostacolo, come fa quando con la sua Panda malconcia trova lungo la strada una specie di muflone. Tutto va bene finché come cliente Michela non si ritrova davanti Claudio, il padrone dell'albergo in cui lavorava (poiché nel frattempo ha smesso di andarci). Da quel momento in poi la "tensione superficiale" che tanto faticosamente Michela era riuscita a mantenere va deteriorandosi. Sotto il costante ricatto di Claudio di svelare come Michela si guadagna da vivere, ogni atomo dell'universo della donna rasenta l'orlo dell'abisso, il suo rapporto con Heinrich, l'amicizia di Tobi con i figli di Claudio ed il suo contesto scolastico. La chiave di volta diventa il passaggio da vittima a carnefice, metaforicamente parlando, poiché Michela non compie alcun male verso nessuno, semplicemente smette di assumere la sua identità come una colpa tramutandola invece in un'arma di riscatto.

Aloi dirige un bel film, con molta sensibilità e garbo, pur avendo a che fare con tematiche crude e con passaggi nei quali il sesso (mezzo e mai fine, men che mai ludico) è una tappa obbligata. Quando ad esempio Michela viene posseduta da Heinrich, l'uomo che in teoria ama, non prova piacere fisico ma solo appagamento morale per essere stata al centro della sua attenzione per qualche minuto. E' quando sta con un cliente, un uomo anonimo e sconosciuto, che quasi si sorprende di aver provato un genuino orgasmo, come se la sua anima andasse in direzione diametralmente opposta alla ragione. Cristiana Dell'Anna è una ottima interprete di un personaggio che presentava mille insidie recitative, così come ben si comporta anche il resto del cast, in larga parte "indigeno", ovvero legato alla zona d'azione della storia. Certo, poiché il racconto ha una sua morale, a tratti Aloi forza nella direzione che gli serve; il fatto ad esempio che Michela, ex cameriera d'albergo, improvvisamente elargisca soldi in prestito a conoscenti bisognosi, giri con pellicciotti, cambi auto, in un paesotto dove tutti osservano tutto, è ovviamente troppo plateale perché non comporti conseguenze. Ma probabilmente questo atteggiamento va inquadrato nel percorso di emancipazione e liberazione di Michela, che non ha più intenzione di nascondersi, o perlomeno così la pensa il suo inconscio. Simbolico anche il finale, nel quale - dopo oltre 80 minuti di neve e ghiaccio d'alta montagna - un campanile sullo sfondo prende fuoco (quello ritratto nella locandina del film). Il fuoco della ribellione? Della libertà di Michela? Quello della passione che sembra tornare a vibrare tra Michela e Heinrich? Quello di un camino che cementa una ritrovata unità familiare (alla quale si stringe anche Tobi... sempre un po' svogliatamente, va detto)? Il film si chiude così, con una nota moderatamente positiva dopo un'ora e mezzo di patimento ed afflizione umana. Quello che mi è piaciuto di Tensione Superficiale è l'estrema misura, Aloi non grida, non urla, non strepita, non è pacchiano, non sbraca, va per sottrazione, campi larghi, larghissimi ad incorniciare il paesaggio, lunghi silenzi, sguardi, minimalismo e concretezza. Se devo muovere un appunto è sulla fruibilità dei dialoghi, talvolta quasi incomprensibili vista l'abitudine degli attori a mangiarseli in bocca, d'accordo, anche questo fa molto "provincia", ma per lo spettatore è una fatica.

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