Taxi Driver è il cinema della violenza e della solitudine, qualcosa in grado di trasmettere rabbia, desolazione, nichilismo, ed una profonda umanità, tutto contemporaneamente. Ed il senso di frustrazione viene acuito anche dalle superlative musiche di Bernard Herrmann (che come è noto morì la notte stessa in cui la colonna sonora fu terminata di registrare per il film). Una visione d'insieme che nasce da tre menti in perfetta sinergia, ma che si incontrano in una imprevista serendipità: Scorsese, regista appena appena emergente con Mean Streets e Alice Non Abita Più Qui, Paul Schrader, ex critico passato alle sceneggiature e Bob De Niro, fresco di Oscar per Il Padrino Parte II. Pur senza dirsi esplicitamente granché, i tre individuano reciprocamente la chiave interpretativa giusta del testo di Schrader, portandovi le proprie rispettive esperienze personali. Ognuno di loro è un pezzetto di Travis Bickle; Scorsese si sentiva incompreso, incapace di buoni rapporti interpersonali, Schrader era reduce dal fallimento del proprio matrimonio, viveva isolato senza parlare con anima viva per settimane, recluso in un appartamento, e De Niro, beh De Niro Travis Bickle lo è sempre stato. Così come un po' lo siamo stati tutti quanti, per fortuna senza le estreme conseguenze di imbracciare pistole e coltelli.
Non indugio troppo nei complimenti al film, è un pezzo di storia del cinema, ci si sono esercitati sopra fior fior di critici, ovvio sia tutto più che perfetto. Le musiche di Herrmann, come detto, che inizialmente ti stordiscono, ma ti mettono subito sull'allarme, e che poi passano continuamente dalla dolcezza infinita di New York e di Cybyll Sheperd/Betsy alla durezza sinistra delle riflessioni allucinate di Travis; la fotografia, notturna, calda, colorata che ti fa essere lì, mentre le scintillanti insegne al neon si riflettono sui vetri del taxi di Travis, e tu sai che in quella testolina stanno scorrendo i sottotitoli di una riflessione non proprio edificante sui negri, gli ebrei, i portoricani, gli italiani e qualsiasi altra possibile minaccia per il regno del nulla di Travis.
Il personaggio di De Niro è sgradevole, razzista, culturalmente indifeso, alienato dalle mille nottate senza sonno e dall'assenza di rapporti umani ed affetti soddisfacenti. Anche quando potrebbe averli (Betsy) fa di tutto per comprometterli, perché Travis è il primo a non voler ottenere ciò che desidera. E' un salutista a parole, ma la sua alimentazione si intinge di salse, inguacchi ed alcol, e nelle sue tasche c'è sempre qualche flacone di medicine. La Sheperd ha un personaggio terribile, molto bella ma insidiosa, quella sua fissità di sguardo ipnotizza e maledice al contempo. Molto più potente Jodie Foster, che appena tredicenne (nel doppiaggio italiano, perché in originale di anni ne ha 12) rende credibilissima la dinoccolata prostituta bambina che deve interpretare. Figura realmente esistita, è quell'altra ragazzetta bionda con la quale si accompagna, una vera prostituta che ha originato il personaggio, comprese movenze ed abbigliamento infantile-chic. Harvey Keitel doveva far parte dello staff elettorale del senatore Palantine, ed invece avocò per sé il ruolo del magnaccia, inizialmente di poche battute, ma poi ampliato col contributo di Keitel. Lui conosceva veramente un tipo così e vi si ispirò abbondantemente. Da menzionare anche il caro vecchio Peter "Frankenstein" Boyle, tassista saggio, un po' arruffone, ma tra i pochi amici di Bickle.
La sparatoria finale è la degna ed inevitabile conclusione del film, logica catarsi di tutta la tensione accumulata per quasi due ore. Scorsese decide di non imbellettarla, ma di renderla anzi il più cruda, vera e vivida possibile. Per assecondare la commissione censura Scorsese fu costretto a desaturare i colori, rendendo il rosso del sangue meno appariscente. Niente estetismi, solo meccanica della violenza, impulsiva e incoercibile. Colpi a bruciapelo, arti fracassati, sangue contro sangue; e dopo tutto ciò, Travis vuole morire ma nessuna delle sue armi ha più un proiettile in canna, il colpo più amaro di tutti, Travis deve restare vivo, non può porre fine al suo dolore, alla sua misantropia. La polizia sopraggiunge e Travis viene tratto in ospedale. Smisuratamente beffardo il finale, unico vero momento "morale" all'interno del film, poiché si evidenzia come un paranoico, frustrato, pericoloso individuo per la società, dopo aver attentato addirittura ad un candidato presidente degli Stati Uniti, venga trasformato dai Media in un "ripulitore" della città dalla feccia, assurgendo quindi a ruolo di eroe e giustiziere. Travis però non è mai cambiato, è sempre rimasto fermo allo stesso punto, quello è lui, e ciò che ha fatto ieri potrà rifarlo domani (quella scintilla nello specchietto retrovisore durante l'ultima corsa fa proprio intendere che nuovamente "qualcosa" ha catturato l'attenzione di Travis, il quale potrebbe tornare a prendere nuove drastiche decisioni...).
Il famoso tormentone "Ma dici a me? ....Ehi con chi stai parlando? Dici a me? Non ci sono che io qui", eccetera, è un monologo totalmente improvvisato da De Niro allo specchio, visto che la sceneggiatura recava "Travis parla a se stesso". Lui intese riprodurre i giochi dei bambini davanti allo specchio, rimarcando la natura infantile, autoreferenziale e avulsa dal mondo reale del personaggio, ancorché infinitamente pericolosa. Scorsese intuì al volo che la scena funzionava e la tenne nel montaggio. Risultato: cinema.