Stilema

Stilema
Stilema

Come per i precedenti Blu38 ed il corto Ufficio di Scollocamento (e poi per il successivo La Cella), Valentina Di Simone firma la sceneggiatura assieme a Roger Fratter per questo Stilema, lavoro del 2021 che si piazza tra il su menzionato pluripremiato (al festival di Calcutta 2023) Blu38 e Vis - Vampire Ipnotiche Seduttrici nella filmografia del regista. Stilema è un lavoro particolare, apparentemente avulso dalla continuity narrativa di Fratter ma allo stesso tempo ricompreso perfettamente nella sua visione e idea di cinema. Ricorrono elementi distintivi del suo modo di raccontare, anche se la storia è difficilmente intrappolabile all'interno di un canone o di un genere preciso, non ha una direzione lineare che porta necessariamente da A a B, ed in fondo anche questo è un tratto saliente del Fratter-pensiero al cospetto della macchina da presa. Assistiamo al crepuscolo di un ménage matrimoniale abbastanza sui generis, nel quale il politico ed intellettuale ligure Giorgio Aurispa (Fabio Mazzari) permea, illumina e cannibalizza ogni sguardo, ogni pensiero, ogni azione e parola di Daria (Valentina Di Simone), moglie molto più giovane e piuttosto ambita. Tra di loro vige un patto preciso, Daria è una sorta di allieva di un maestro che si eleva dalla mediocrità generale (riassunta nel sodale di partito Enrico Mutti), il quale non è in grado di soddisfarla sessualmente ma che vuole incidere intellettualmente in ogni modo sulla mente e sulla personalità della donna, fino a farne quasi una propria proiezione in un mondo nel quale lui presto smetterà di esistere, segnato da una malattia incurabile. Daria è libera di avere altri uomini ma la sua fedeltà intellettuale, la sua appartenenza ultima rimangono appannaggio di Giorgio. Quella di Daria è una sorta di iniziazione, un addestramento esistenziale, filosofico e culturale, un'appartenenza dalla quale non può e forse non vuole liberarsi, ma che le causa gioie e dolori.

Il legame è talmente radicato, le catene sono così forti che anche una volta defunto Giorgio, lei continuerà ad avvertirne la presenza, addirittura a dialogare con lui, in una sorta di versione macabra dell'idillio che legava Don Camillo al crocifisso di Cristo. Ma in assenza fisica di Giorgio, dentro la donna crescerà la ribellione, un anelito di disgiungimento, un bisogno di libertà che tuttavia sarà definitivo, irreparabile, ultimo, e che per paradosso la ricongiungerà idealmente a Giorgio, segnata da una incapacità fisiologica di sottrarsi al medesimo destino ineluttabile, celebrato tuttavia come affermazione della volontà di potenza. Lo "stilema" è l'elemento distintivo di uno stile, ciò che dà l'impronta, una sorta di marchio eloquente. I due coniugi sono segnati dal medesimo stilema, e del resto questo è ciò che Giorgio insegna per tutta la vita a Daria, compiere un gesto che sia il gesto perfetto al momento perfetto e che si eterni come emblema di stile inequivocabile. Non a caso emergono riferimenti a D'Annunzio, esempio della coerenza dell'atto, del suo significato didascalico e paradigmatico, della determinazione del (super)uomo, nonché autore de Il Trionfo Della Morte, il cui protagonista, guarda un po', si chiama proprio Giorgio Aurispa. Ma non è il solo, assieme a lui Stilema propone Freud (importante se accostato soprattutto alla complicata infanzia di Daria), Pasolini e Vallanzasca, andando evidentemente per estremi opposti, radicali punti di riferimento di Giorgio. Così come quella dannunziana, la citazione pasoliniana in particolare è molto pertinente poiché Fratter la accompagna con dettagli visivi puntuali, forti, materici, sgradevoli, legati principalmente alla bulimia di Daria e ai suoi momenti di lussuria sempre piuttosto violenti (due facce della stessa medaglia evidentemente). Daria si ingozza, si strafoga, pare incapace di bere senza farsi colare tutto addosso, e fa l'amore fino a sentire male. Il momento nel quale Giorgio la invita a compiere una sorta di rituale vagamente esoterico, seppellendo sotto una pietra il dvd del film di Salò o Le 120 Giornate Di Sodoma, si tramuta così in una epifania di ciò che abbiamo visto e vedremo. Ma c'è spazio anche per un omaggio più lieve e morbido, quando Daria dialogando platonicamente con Giorgio lo manda a fare in culo e Giorgio sornione risponde che "il culo ha delle ragioni che il cuore non ha" (impossibile non pensare a Tinto Brass).

Fratter si districa tra momenti emotivamente diversi all'interno dei 97 minuti di durata, mantenendo di fondo un tono abbastanza funebre, inevitabilmente legato alla imminente consunzione tanto di un rapporto sentimentale quanto di due corpi; studia come un entomologo il disfacimento di questa porzione di realtà scoprendone tuttavia livree insospettabili e diverse, adoperando quindi registri diversi, dall'inquietudine thriller che spesso cogliamo negli sguardi allucinati di Daria, negli improvvisi campi larghissimi nei quali la Di Simone si perde e diventa minuscola, negli accenti musicali vibranti, ai momenti di erotismo, tutti appannaggio di Daria, salvo quello riservato in forma di flashback a sua madre (interpretata da Antonella Salvucci); fino a vere e proprie aperture metafisiche e trascendentali, bolle di extrarealtà nelle quali Daria si abbandona per qualche istante prima di tornare alle spine di un mesto grigiore quotidiano oramai privo di stimoli. Come spesso accade con Fratter, la linea di sceneggiatura non intende prevalere sulle atmosfere, sulla visione, sulle sensazioni che lo spettatore deve provare; anzi, questo ideale "sentire" di chi guarda è spinta a travalicare la coerenza narrativa, la sequenza logica e pedissequa di azioni concatenate, sublimandosi in un collante ideale che tiene assieme tutto il racconto e lo eleva a potenza, scaraventando lo spettatore in una dimensione onirica e "altrove" capace di rivelare molte più verità di una trama meccanica, composta e razionale.

C'è qualcosa di impalpabile eppure di estremamente potente in Stilema e sopravvive oltre i fotogrammi, esattamente come le anime di Giorgio e Daria sembrano andare oltre la loro vita terrena. Il merito della buona riuscita di un film è sempre corale, il cinema è un'orchestra ma come ogni buona orchestra il direttore ed il virtuoso sono come la ciliegina sulla torta. Fratter qui padroneggia mezzi tecnici di alto livello (il film è girato con una CineAlta della Sony), potendo mettere a frutto un budget superiore al solito, opportunità con le quali mostra di essere assolutamente a suo agio. Che sia un regista di valore Cineraglio già lo sapeva ma Stilema è un'occasione perché se ne accorgano anche i più distratti. Notevolissima la crescita anche della Di Simone, che personalmente ho imparato a conoscere proprio grazie alla cantera di Fratter e che, titolo dopo titolo, ha mostrato una progressione molto importante. Ne La Cella come in questo Stilema la Di Simone ha la macchina da presa costantemente addosso, un potenziale tormento che potrebbe smascherare eventuali pecche nel mestiere, ed invece Valentina ne esce rafforzata, convincente, istrionica, coraggiosa, sfidante, attrice a tutto tondo, intensa nei momenti drammatici, stralunata in quelli più "psichedelici", con una sensualità di fondo che non l'abbandona mai, merito anche delle carezze che Fratter sa darle con l'obbiettivo.

Trailer ufficiale

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