Stand By Me – Ricordo Di Un’Estate

Stand By Me – Ricordo Di Un’Estate
Stand By Me – Ricordo Di Un’Estate

Dopo lo squinternato esordio con This Is Spinal Tap (1984) e la gradevole commedia Sacco A Pelo A Tre Piazze (985), Rob Rainer dà prova di essere il grande regista che è con l'adattamento del racconto The Body di Stephen King, contenuto nella raccolta Stagioni Diverse (Different Seasons) pubblicata nel 1982. King assomma un racconto per ogni stagione appunto e quello de Il Corpo è associato all'autunno, anche se temporalmente si colloca al confine tra estate ed autunno (del 1960). A posteriori lo scrittore giudicherà il film di Reiner il miglior adattamento mai fatto a partire da un suo testo. Forse anche per questo nel '90 Reiner si occuperà pure di Misery Non Deve Morire. Tuttavia, senza nulla togliere all'importanza della scaturigine letteraria, Stand By Me assume un valore (cinematografico) a sé, grazie all'eccellente lavoro svolto tanto da Reiner quanto da tutto il team artistico e produttivo. Il resoconto di questo ricordo di un'estate è molte cose, è un racconto formativo e generazionale, è la storia di una grande amicizia, è la fotografia del momento di passaggio dall'innocenza alla consapevolezza o - se preferite, per proprietà transitiva - alla colpa. Reiner intinge ogni fotogramma di un senso di nostalgia e malinconia da far invidia alla rugiada che i quattro protagonisti sfiorano ed odorano passeggiando attraverso i boschi del meraviglioso Oregon (nei pressi della cittadina immaginaria di Castle Rock, omaggiata poi da Reiner scegliendone il nome per la propria casa cinematografica).

Gordie (Will Wheaton), Chris (River Phoenix), Teddy (Corey Feldman) e Vern (Jerry O'Connell) sono quattro amici che a settembre inizieranno le scuole superiori, questa è la loro ultima estate come compagni di scuola, poiché lo studio sta per separarli. Tenacemente affezionati all'idea di essere un gruppo, decidono di imbarcarsi in una grande avventura, la ricerca del cadavere di un ragazzino scomparso tempo addietro quando, dopo essere andato a cercare frutti di bosco, non aveva più fatto ritorno a casa. Intimoriti ed eccitati al contempo, i quattro si incamminano per un viaggio a piedi che occuperà due giorni ed una notte. Sulle tracce del piccolo scomparso c'è anche una banda di ragazzacci del posto nella quale militano i fratelli (un po' tonti) di Chris e Vern, ed a capo della quale c'è il cinico e allucinato Kiefer Sutherland. Il suo Asso sembra davvero il ritratto giovanile di quello che poi diventerà il tenente dei marines Jonathan Kendrick in Codice D'Onore (sempre per la regia di Rob Reiner). Il cammino degli adolescenti diventa un romanzo di formazione, un'occasione in cui ognuno dei quattro mette a fuoco la propria personalità, espelle come tossine ricordi intimi e personali di grande sofferenza, li elabora e, ciò facendo, sale di un gradino la scala della propria maturità, a costi emotivi altissimi e con cicatrici profonde che non andranno più via, come spesso accade. Si parteggia senza indugio per ognuno dei ragazzi, ci si riconosce nella loro fanciullezza e nel loro cambiar pelle, mentre si addentrano nel mistero dell'età adulta. Si condividono le medesime lacrime e fragilità, ed anche quel senso di cameratismo, di coraggio e di voglia di ignoto e di scoperta. Stand By Me in tal senso è una storia universale, paradigmatica, familiare per chiunque la accolga, proprio per questi suoi capisaldi ascrivibili a qualsiasi essere umano.

Splendida la fotografia, il montaggio inteso come ritmo che Reiner imprime alla narrazione per immagini, ora più idilliaca e rarefatta ora più nervosa e intensa; particolari come quello del daino che all'alba attraversa il campo visivo di Gordy sono impagabili e struggenti, e ad esempio mi hanno fatto venire in mente la versione (assai più cupa e nichilista) che Michael Mann ha inserito in Collateral, quando il killer professionista Tom Cruise vede un coyote che attraversa una Los Angeles notturna, illuminata da luci digitali. Nel caso di Gordy l'incontro sembra un segno di vita e di speranza, Mann ne rovescia le intenzioni rendendo quel "break" un alito di morte e decadenza. Emozionante la colonna sonora, saggiamente immersa nel clima di quegli anni. Per altro il titolo stesso del film - che fa riferimento all'omonima canzone di Ben E. King - venne sostanzialmente scelto dalla produzione  (visto che Reiner aveva pensato a The Body, come il racconto) quando si decise di chiudere i titoli di coda su quelle note. Costato 8 milioni di dollari ne incassò ben 52. La dolcezza dei fotogrammi non è mai stucchevole ma è sempre mitigata e controbilanciata da molti accenti amari, non ultimo il motivo stesso per il quale tutta la vicenda ci viene narrata a ritroso da Gordy, oramai cresciuto, divenuto a sua volta padre (ed interpretato da Richard Dreyfuss). Un'ulteriore nota di disagio arriva dalla morte di River Phoenix (avvenuta malamente nella notte tra il 30 ed il 31 ottobre 1993 per un mix letale di droghe e farmaci), visto ciò che accade al suo personaggio, la sua biografia e ciò che poi sentiamo raccontare dalla voce off di Gordy (doppiata magnificamente da Mario Cordova) a proposito dell'amico diventato adulto. Una lama che si spezza nel cuore, doppiamente. Stand By Me è uno di quei film perfetti dove tutto è assolutamente al proprio posto, nessuna sbavatura, nemmeno un singolo fotogramma di troppo. Al termine si rimane con una congerie di emozioni contrastanti ma potentissime, e si attraversa tutto lo spettro del sentire umano, dalla completa infelicità alla totale pienezza, comprendendo in un attimo quanto sia complesso e misterioso essere al mondo. Una pellicola della quale mi auguro vivamente non venga mai fatto un remake.

Trailer ufficiale

Galleria Fotografica