Quarta regia di Daniel Auteil (forse la prima ad arrivare in Italia, ma potrei sbagliare), navigatissimo attore francese che personalmente apprezzo molto, versatile e di lungo corso (una quantità industriale di pellicole interpretate sin dal 1975). Spesso sue compagno di bagordi è stato Gerard Depardieu, naturale quindi che Auteil lo chiami a sé anche per questo suo lavoro dietro la MdP. Dietro e davanti per la verità poiché il francese si riserva un ruolo da co-protagonista assieme ad altri tre colleghi, il suddetto Depardieu e le rispettive signore (sullo schermo), ovvero Sandrine Kiberlain e Adriana Ugarte. La vicenda è una specie di kammerspiel, anche se non del tutto poiché ci sono molti esterni, ma certo il grosso della storia, il nocciolo della narrazione avviene nell'appartamento dei coniugi Auteil/Kiberlain i quali ricevono per cena la coppia Depardieu/Ugarte. Depardieu, amico di vecchia data di Auteil, ha mollato la moglie nonché miglior amica della moglie di Auteil e ora sta con una ragazza spagnola con qualche decina d'anni in meno, secondo un tipico schema che investe gli uomini agée in cerca della gioventù perduta. Auteil viene immediatamente colto da una invidia clamorosa, forte anche del fatto che - al di là della carta d'identità - la Ugarte è una gran bellezza. Al contempo la Kiberlain è rosa dal desiderio di vendetta per l'amica tradita (ma anche un po' dal confronto con una "nemica" con la quale non può combattere ad armi pari).
La grande intuizione di Auteil sta nel sovrapporre al normale piano narrativo un seconda dimensione, onirica e (letteralmente) visionaria. Sostanzialmente Auteil inizia deliberatamente a fantasticare sulla Ugarte, immaginandosi situazioni alternative nelle quali egli si sostituisce a Depardieu oppure si frappone all'amico, rubandogli la fidanzata e godendosela a più non posso. Ogni qual volta Auteil parte per la tangente assistiamo con lui al suo sogno ad occhi aperti (estremamente realistico, tant'è che lo spettatore si chiede sistematicamente se sia reale o l'ennesimo volo pindarico). Auteil si comporta né più né meno come un adolescente romantico preda di una cotta amorosa. Mancano i cuoricini sugli occhi, per il resto il suo stato di imbambolamento è totale, a tal punto che quando ricade brutalmente nella realtà ci scappano equivoci e disattenzione molto dannose. Questi per altro sono i momenti più divertenti del film, ai limiti dello slapstick. Come in Carnage di Polanski o nel divertente Cena Tra Amici (di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte) il meccanismo è divertente soprattutto per i tempi comici e il rigoroso ping pong tra i vari personaggi (solo quattro) riuniti attorno ad un tavolo. La loro interazione, i loro scambi, i loro incroci determinano il ritmo e lo scoppiettìo del fuoco che tiene viva la sceneggiatura. Rispetto agli altri film citati però, Auteil si aiuta anche molto con le sue fughe fuori dalle quattro mura. Con la Ugarte (nella sua onirica dimensione parallela), Auteil va a teatro, al ristorante, a Ibiza, a Venezia, la bacia, la venera e la contempla come una dea. Lascia la moglie, scappa da tutto, ma poi alla fine è sempre seduto in quel salotto, con i suoi commensali, incastrato in una vita che è la sua, quella reale, forse l'unica possibile. Depardieu è un buon sparring partner, non fa tantissimo ma serve sempre la palla giusta, una presenza solida e affidabile.
Auteil, fuori di metafora, è alla ricerca della vita, di una botta di vita, di una scintilla di vita che altrimenti sembra aver smarrito. La routine, la quotidianità, gli anni di matrimonio sembrano un gigantesco estintore di passione e vitalità e la comparsa della bella spagnola di Barcellona riaccende quanto era stato sopito. Il protagonista ha bisogno di un percorso di elaborazione che, seppur onirico e astruso, lo porti a comprendere alla fine quale sarà la giusta strada da seguire e con quale approccio rapportarsi alla vita, in una sorta di nuovo patto reciproco. Da notare che comunque tra Auteil e la Kiberlain sussistono già 18 anni di differenza, che certo sono inferiori ai 35 che lo separano dalla Ugarte ma sono comunque indice del fatto che la messa in scena è ugualmente viziata da questo lieve "maschilismo" che dà per scontato che uomini maturi si abbeverino alla fonte della giovinezza muliebre e che donne più giovani trovino sempre e comunque di gran fascino uomini più vecchi di loro. Un vezzo che, volenti o nolenti, va concesso ad Auteil se si vuole gustare questa commedia indubbiamente gradevole e divertente, ben scritta e magistralmente condotta dal regista/attore. Apprezzabilissima la sua prova interpretativa che mette da parte le durezze dei migliori polar che lo hanno visto protagonista, per ritagliarsi un personaggio quasi alla Woody Allen, pieno di fragilità, insicurezze, titubanze, balbettii e goffaggini. Statuaria la Ugarte, ma ottima presenza scenica anche per la Kiberlain, affatto moglie "stagionatina". Depardieu... beh, è Depardieu.