Francesco Vincent Serpico, nato a Brooklyn nel '36, da genitori italiani emigrati dalla provincia partenopea, è esistito veramente. Si è arruolato nell'esercito a 18 anni, ha combattuto in Corea, rientrato in patria ha lavorato come investigatore privato per pagarsi gli studi al college, quindi si è arruolato in Polizia nel '59, all'età di 23 anni. Il resto lo scoprite nel bellissimo film di Sidney Lumet, basato sul romanzo di Peter Maas. Serpico (1973), Il Giustiziere Della Notte (1974) e Taxi Driver (1976), sono tra le pellicole che meglio definiscono gli anni '70 ed in particolare la visione che l'America aveva di sé all'epoca (perlomeno la parte più autocritica). Piuttosto comprensibile come alla sua uscita il film deve essere stato un calcio nello stomaco per le forze di Polizia americane, e per certi amministratori della Cosa Pubblica, visto che non si fanno sconti a nessuno e visto soprattutto che alle spalle della sceneggiatura c'era un tizio in carne ed ossa che quelle cose le aveva viste, scritte e denunciate pubblicamente e che per questo era stato perseguitato.
Frank Serpico entra convintamente in Polizia, pronto a fare il suo dovere, rispettare e far rispettare la Legge. Da subito si imbatte in metodi discutibili da parte di colleghi più anziani. Non solo il rapporto con la criminalità poggia su violenze gratuite, arroganza e soprusi inflitti agli arrestati, ma persino la corruzione si rivela essere paurosamente endemica in ognuno dei distretti che Serpico è costretto a girare, venendo trasferito continuamente da una parte all'altra di New York a causa delle antipatie che i colleghi nutrono nei suoi confronti. Il suo essere un cane sciolto, ingestibile, repellente a bustarelle e accomodamenti lo rende altamente pericoloso per la "lobby" dei poliziotti corrotti. Parallelamente Serpico si rivolge ad ogni autorità costituita possibile, dentro e fuori dal corpo di Polizia, nel tentativo di far avviare delle indagini che ripuliscano dalla melma la Polizia. Le alte gerarchie, i capi, perfino il sindaco mostrano inizialmente un grande interesse verso le denunce di Serpico (costretto al doppio gioco), ma puntualmente disattendono la sua speranza di cambiamento e ripulisti. Finché Serpico, esasperato, fa scoppiare il bubbone sul New York Times. - SPOILER: Trasferito punitivamente alla sezione narcotici di Manhattan, nel corso di un'operazione antidroga non viene assistito dai colleghi durante un'irruzione in un appartamento, beccandosi una pallottola in pieno volto a distanza ravvicinata. Recuperate le forze (ma con danni permanenti all'udito), Serpico denuncerà (per l'ennesima volta) ad una commissione d'inchiesta composta da tutte le autorità del caso (comprese quelle a cui si era già rivolto) la corruzione testimoniata durante i suoi anni in Polizia, per poi dimettersi e ritirarsi a vita privata in Svizzera.
Serpico è un film tanto bello quanto amaro. Mette un avvilimento addosso che permette allo spettatore di identificarsi pienamente con Frank Serpico, assumendo su di sé praticamente lo stesso stato d'animo. Favolosa l'interpretazione di Al Pacino, in stato di grazia, praticamente il ruolo della sua vita. Uno come Mereghetti è riuscito a rimanere tiepido anche davanti ad una pellicola del genere, sollevando critiche pedanti come quella di un "personaggio non risolto" attribuite al protagonista. Al borghese Mereghetti non torna come un uomo così sciamannato e disordinato nel modo di porsi e vestirsi possa invece coltivare un rigore morale ed un'osservanza per la giustizia quasi ossessiva. Ha bisogno di un perché che lo spieghi plasticamente. Una notazione incomprensibile, visto che, in modo molto manicheo, dovrebbe portare a pensare che un look da impiegato di banca dovrebbe allora corrispondere automaticamente ad una persona onesta ed irreprensibile, mentre uno più casual evidentemente dovrebbe portare diretto alla delinquenza e al crimine. Nemmeno gli studi di frenologia a cavallo tra '700 ed '800 si erano spinti fino a tanto. Serpico è un personaggio riuscitissimo, perfettamente in bilico tra il suo spirito hippie e la sua pulizia interiore; affronta la faccenda in un dialogo con un suo superiore, quando gli fa notare che la Polizia è sempre più distante dalla realtà, isolata, non comprende la gente, le strade; Serpico invece nelle strade ci vive e ci deve lavorare, ed anche il suo aspetto, il suo modo di porsi devono rassicurare le persone e farlo percepire come uno di loro. E' proprio questa ricchezza del personaggio che lo rende profondo, sfumato, sfaccettato, accattivante.
Affascinante la fotografia di una New York assai poco cinematografica, vista dal basso, se non direttamente dai bassifondi. Siamo all'opposto della Manhattan di Woody Allen, per intendersi. Tutto funziona perfettamente, il cast primario e secondario, le musiche di Theodorakis (inframezzate dalla lirica e da Puccini), assai malinconiche, e pure il doppiaggio italiano, con Amendola che tenta di fare l'accento amero-napoletano con risultati non sempre brillantissimi (e in alcuni passaggi invece parla un italiano senza cadenza). Pacino mette in atto una trasformazione progressiva, con viso pulito e capello a ciuffetto, poi i baffoni (tipicamente italiani), quindi un primo accenno di barba ed infine una peluria generale assai più consistente, condita da un abbigliamento sempre molto "street style". Credo lo sappiano anche i muri che il Nico Giraldi di Tomas Milian e Corbucci viene in gran parte da qui, tanto che nei film di Giraldi vediamo i poster di Serpico.
Frank Serpico per un ideale di giustizia ha distrutto la sua vita, ha perso quasiasi possibilità di avere legami sentimentali stabili, ha perso il lavoro che amava (si dimette perché nauseato dall'ambiente, "segnato" a vita per i colleghi, e probabilmente convinto che il marcio non verrà mai estirpato fino in fondo), ha perso un'esistenza tranquilla; un esito mortificante per quella che doveva essere ed è stata una battaglia d'onore. Venne beffato anche in occasione del film, poiché inizialmente gli fu concesso di assistere alle riprese, ma poi Lumet gli tolse il privilegio, temendo che la sua sola presenza avrebbe finito col portare tensioni negative sugli attori e in primis su Pacino. Prima di Lumet fu interpellato John G. Advilsen per la regia, ma l'accordo non fu trovato (per divergenze creative con la Produzione). Nomination agli Oscar per Al Pacino e per la miglior sceneggiatura non originale, ma nessuna statuetta portata a casa (Pacino però si aggiudicò il Golden Globe). Dal film scaturì anche una serie tv (con David Birney al posto di Al Pacino). E almeno per una volta, con Serpico, la comunità italoa-mericana non fece una figura di m***a