Riccardo Pazzaglia viene prevalentemente ricordato per la sua militanza accanto a Renzo Arbore e Luciano De Crescenzo (radiotelevisiva la prima, cinematografica la seconda), ma Pazzaglia in realtà nasce regista col diploma del Centro Sperimentale di Cinematografia romano, avendo come insegnanti Blasetti, Rossellini, De Sica, mica pizza e fichi. Dirige Franco e Ciccio in L'Onorata Società e Farfallon, sceneggia con De Crescenzo i suoi film del ciclo Bellavista e vi recita, partecipa allo stracult FF.SS. e dirige nel 1986 Separati In Casa, traendolo dall'omonimo testo satirico che aveva pubblicato. Si assegna il ruolo di protagonista, come moglie sceglie Simona Marchini e come figlio il suo vero figlio Massimiliano. Nel film è Riccardo Pazzagli (senza la a), ovvero se stesso, alle prese con una delle piaghe del nostro tempo (perlomeno di metà anni '80), la separazione dei coniugi, in casa, poiché i danari non consentono l'allontanamento e l'indipendenza dal tetto familiare. I titoli di testa scorrono sul fermo immagine di Riccardo e Carolina che segano in due la testata del letto; quindi, in chiave di flashback, durante l'incontro con i rispettivi avvocati (Lucio Allocca per Pazzaglia e la bravissima Marina Confalone per la Marchini), vengono rievocati i momenti salienti della loro vita di coppia che hanno progressivamente portato alla decisione di separarsi, comprese le regole impartite dalla giurisprudenza in materia, puntualmente applicate dai coniugi. - SPOILER: Col progredire della vicenda i tratti si fanno sempre più grotteschi e surreali fino a che, nel giorno del suo compleanno, il figlio decide di mentire alla madre spacciando il padre come gravemente malato. Carolina ripercorre tutta la situazione e si pente di essere giunta fino alla rottura, vorrebbe tornare indietro. Il figlio rivela così di aver mentito (a fin di bene) ed i cocci del vaso familiare si ricompongono nel più lieto degli happy end. Sul finale Riccardo e Carolina vanno dal falegname per fare incollare la testata del letto, ma qui sono costretti a provvedere da soli poiché l'uomo è impegnato in un litigio furioso con la moglie ed i figli.
Se preso in considerazione da un punto di vista prettamente formale e "tecnico", Separati In Casa è un film di una povertà disarmante. Lo standard è televisivo, anzi neppure, teatrale. Girato praticamente tutto in interni, non ha una vera e propria regia, ma solo un montaggio che alterna le varie situazioni. In questo senso la pellicola è modesta. Rapportarsi a Pazzaglia però come si trattasse di Spielberg o Ridley Scott sarebbe alquanto fuori luogo. Lo stile di Pazzaglia è sempre stato all'insegna del minimalismo, surreale ma intimo, pure un po' verboso, ma estremamente garbato, compito, quasi demodé. La sua impronta in Separati In Casa rimane tale, è tutta una questione di contenuto, di sceneggiatura, di dialoghi, la forma è completamente trascurata, ignorata. Limitandosi dunque al racconto, il film è estremamente gradevole e, visto dopo 30 anni, assume i contorni di una specie di fiaba antica, datata. Contribuisce a questo clima la scelta degli attori comprimari. La Marchini è stralunata, buffa, un po' stordita; i due avvocati sono complementari, goffo Allocca, aggressiva e di temperamento la Confalone. Per altro entrambi sono separati (pure la figlia della Confalone si sta separando, e i suoi genitori lo sono già). Il figlio di Pazzaglia è fidanzato ma già parla di separazione post matrimoniale. Insomma, chiunque appaia sullo schermo ha a che fare con la separazione dal proprio coniuge o dal compagno, come fosse una specie di virus, di malattia, il segno (nefasto) della modernità. E però il tutto avviene in tempo di crisi economica (quando mai l'Italia non è stata in "crisi"?), dunque lo slancio etico e giurisprudenziale del diritto alla separazione e alla libertà si infrange contro gli stratagemmi quotidiani piccolo borghesi di sopravvivenza. Muri a mattoni eretti in camera, nastri isolanti a delimitare zone perimetrali dell'appartamento, ricevimento a turno di ospiti, residence per uomini soli con spazi vitali di pochi metri quadrati (viene in mente il Pozzetto di Il Ragazzo Di Campagna).
Il film è parlato (beh, in effetti è molto parlato); la componente partenopea della weltanschauung di Pazzaglia è imprescindibile (tranne la Marchini, l'intero cast è campano), e l'ombra di De Crescenzo in effetti aleggia. Colpisce il cambio di registro continuo di Pazzaglia, che non si limita alla commedia, ma spesso e volentieri sfocia nel drammatico, con punte di malinconia e di amarezza davvero intense. E si ritaglia persino parentesi da avanspettacolo d'altri tempi (si veda il numero, piuttosto lungo, di "vado a fare il guru", le cui assonanze generano divertenti doppi sensi, mai volgari). Il film è stato liquidato, ad esempio da un Mereghetti, come poca roba, gag raffazzonate senza alcuno spessore d'autore. Sicuramente Separati In Casa è un film "minore" degli anni '80, di nicchia, ma che descrive bene un certo momento della nostra società, e del nostro cinema, segnatamente napoletano, quando la scena viveva dei Troisi, dei Lello Arena, degli Arbore e dei De Crescenzo. Sarà stato l'effetto nostalgia ma io continuo a trovarlo valido, e Pazzaglia a suo modo poetico.