Senso '45 non era affatto un film prevedibile da parte di Brass, all'altezza di quel 2002 che vedeva alle proprie spalle pellicole come Fermo Posta, Monella e Tra(sgre)dire, titoli che segnavano un parziale declino dell'estro e della qualità narrativa del regista veneto. Film godibili, nessuno dice il contrario, ma minori rispetto ai grandi classici quali Miranda, Paprika e Così Fan Tutte (per limitarsi alla filmografia squisitamente erotica di Brass, quella battezzata con La Chiave). Senso '45 è un'operazione assai ambiziosa, che abbandona temporaneamente il minimalismo delle pellicole recenti, per tuffarsi in una messa in scena più faraonica, fatta finalmente anche di esterni grandiosi (valorizzati quanto le maniacali composizioni d'interni tipiche di Brass), di attori che (almeno sulla carta) dovevano garantire un più alto livello di recitazione (in realtà una nemesi del film, come vedremo più avanti), di riferimenti letterari (Boito), cinematografici (Visconti, Calzavara, Rossellini, Bertolucci) e pittorici (Grosz) di caratura, e che verosimilmente beneficia di un budget decisamente più corposo rispetto ad altri lavori di Brass.
Il Visconti di Senso viene omaggiato sin dal titolo, la fonte letteraria è la stessa (il racconto dello scapigliato Boito) che Brass prende più alla lettera, pur traslando la cornice storica dal Risorgimento alla Repubblica di Salò. Quell'epoca storica è conosciuta a menadito da Brass, per averla vissuta in prima persona, e proprio nella sua Venezia. Il sesso è un elemento potentissimo nell'economia del film, ragione sociale del cinema brassiano, non c'è di che stupirsi, tuttavia stavolta Brass costruisce una vera trama attorno al sesso, con personaggi più ricchi di psicologia. Senso '45 è un'indagine sull'erotismo, la passione, la lussuria e la gelosia, ma non limitata esclusivamente al perimetro corporale dei protagonisti, bensì spinta fino ai meandri della loro mente. Trattandosi di un traguardo più alto del solito, meno schiettamente ludico e più analitico ed intellettuale, Brass avrà pensato di necessitare una coppia d'attori direttamente proporzionali allo sforzo richiesto, ma al contempo "aperti", senza pregiudizi sull'erotismo. La scelta (nefasta) ricade su Anna Galiena e Gabriel Garko, per certi versi l'una l'antitesi dell'altro; tutta proiettata sulla recitazione la prima, assai ripiegato sulla propria fisicità il secondo. Non è un mistero che sia Brass che la Galiena si sono poi pentiti di aver lavorato assieme per questo film; più la Galiena, e Brass di riflesso, non avendo ottenuto quanto voleva dall'attrice, troppo sulla difensiva.
Il regista tenta neanche troppo velatamente una nuova operazione Sandrelli, con La Chiave aveva "recuperato" e imposto un sex symbol 37enne; con la Galiena si serve di un'attrice 48enne per rinverdire il mito della donna matura ma ancora esuberante sessualmente. La differenza tra le due situazioni è data però essenzialmente dalla predisposizione dell'attrice. Se la Sandrelli si concede totalmente alle voglie di Brass, si lascia plasmare e guidare, realizzando l'obbiettivo che il regista si era proposto, la Galiena pare trattenuta, recalcitrante, sembra intimidita, troppo attenta a vergognarsi e a mantenere visibile un qualche profilo attoriale di spessore, nonostante le tette al vento e le guepierre sempre indosso. Allo spettatore arriva questa innaturale condizione della Galiena, questo suo imbarazzo, questa sua inappropriatezza. Il contraltare non aiuta, poiché tanto Garko è uno stallone piacente, una calamita per uteri, quanto il suo personaggio pare un fumetto, un protagonista sgangherato e forzato di qualche nazi porno degli anni '70. Tutto color platino, con quelle mascelle di bronzo, l'aria costantemente ambigua e un pene che ci si immagina simile all'Hindenburg, non giova alle titubanze recitative della Galiena, finendo col creare un corto circuito proprio nel cuore del film, ovvero la coppia degli attori principali. Va molto meglio col fidato Branciaroli e con Salines. Della Galiena Brass ebbe a dire: "non è affatto sensuale, è brava, ma il suo erotismo è di testa, cerebrale. Lei è una che usa il Metodo, ma quando il copione prevede scene di sesso, cosa fai? Scopi sul serio? A questo proposito mi viene in mente un aneddoto riguardante la lavorazione de Il Maratoneta. Il giorno in cui si doveva girare la celebre scena della tortura col trapano, Hoffmann arrivò sul set sconvolto, con le occhiaie, i capelli scompigliati e la barba incolta. Preoccupato Laurence Olivier gli chiese: Ti è successo qualcosa? Stai male? Rispose Hoffman: no grazie, mi sono preparato per la scena di oggi, non ho dormito e ho bevuto tutta la notte. Allora Olivier, con britannico distacco gli suggerì: ma perché non provi a recitare?"
Le musiche di Morricone stavolta non sono granché, mentre per i costumi Senso '45 vinse un nastro d'argento al Taormina Film Fest. Tra le scene, da menzionare la festa orgistica nella quale Garko gioca a carte (perdendo largamente e pagando i propri debitori con la Galiena, che si concede alle voglie lesbo ed etero dei presenti, solo per compiacere il suo adoratissimo amante). Lunghi minuti nei quali Brass sembra voler dare la propria versione della scena "sorella" di Eyes Wide Shut, anche se qui il taglio è più giocoso e meno angosciante (e per altro abbonda di dettagli hard molto espliciti), contrariamente al tono generale del film, insolitamente cupo e lugubre per essere di Brass. Non funzionano per niente le esternazioni mediante voce fuori campo della Galiena, che tiene una sorta di diario delle sue peripezie amorose. Frasi ad effetto, sempre sconce, anch'esse fuori posto se espresse dalla misurata Galiena. Mentre molto coerenti con il Brass-pensiero, anarchico, libertario e sornione, sono tutte le tirate antipolitiche, sublimate dalla scena nella quale Garko sodomizza la Galiena, al grido di: "in culo a Hitler, in culo a Stalin, in culo al Duce...." (che in qualche modo trova eco nel Marlon Brando di Ultimo Tango A Parigi). Numerose le citazioni anche cinematografiche dispensata lungo le oltre due ore di pellicola, compresa una "blasfema" rivisitazione della morte della Magnani in Roma Città Aperta, che avrà fatto vabbvividive i cvitici. E altrettanto numerose pure le scene di grandissimo gusto estetico e di squisita bellezza. Nel cast pure Loredana Cannata (l'amante con la quale Garko tradisce la Galiena).