Sinister Film edita una bella versione (l'originale francese di 87 minuti, e non il rimaneggiamento inglese sforbiciato di ben 13 minuti) de Il Sangue E La Rosa di Roger Vadim, corredandolo del trailer cinematografico e di una breve presentazione curata da Luigi Cozzi, ma quel che più conta è il film, soprattutto nella sua qualità audio/video. Il master usato mi pare renda giustizia alla meravigliosa tavolozza di colori usata da Vadim, che non di rado richiama alla mente l'estro di Mario Bava, anzi per la verità lo anticipa, visto che il primo lungometraggio del regista sanremese è La Maschera Del Demonio, anch'esso del 1960. Vadim va a recuperare il filone vampirico e lo intreccia con un po' di erotismo al femminile; il retroterra letterario è costituito da Joesph Sheridan Le Fanu e dal suo "Carmilla" (1872). Anziché nel 19° secolo veniamo trasportati nel 20°, e anziché in Austria sbarchiamo in Italia (anche perché il film è una coproduzione franco-italiana). I protagonisti rimangono però i membri della famiglia Karlstein (effettivamente un po' fuori zona nella campagna romana, ma l'idea è che siano in vacanza mentre a casa loro l'inverno ammanta di neve i castelli).
Leopoldo von Karnstein (Mel Ferrer) sta per sposare Georgia Monteverdi (Elsa Martinelli) presso la tenuta laziale dei Karnstein. Viene organizzata una grande festa con tanto di giochi pirotecnici. Il fuochista inconsapevolmente posiziona gran parte dei giochi presso un antico cimitero di famiglia, le cui tombe sono state oggetto 200 anni prima di eccidi vampirici da parte della popolazione contadina. All'epoca Ludwig von Karnstein mise in salvo la salma della sua Mircalla appena in tempo, ma quando il nobiluomo si risposò per altre tre volte, tutte e tre le mogli morirono (si dice, per vendetta di Mircalla). Per colpa di residuati bellici, durante la festa prematrimoniale al castello si verificano delle esplosioni impreviste che riportano alla luce la tomba segreta di Mircalla. E' Carmilla (Annette Vadim), cugina di Leopoldo e sua compagna di giochi infantili, a scovarla e a venir posseduta dallo spirito della donna. Alla magione inizieranno quindi a verificarsi strani eventi, apparizioni notturne di donne spettrali e morti inspiegabili. - SPOILER: Carmilla/Mircalla (simbiosi richiamata sin dall'anagramma dei nomi) è gelosa di Georgia, la quale le sta per portare via il suo amato Leopoldo/Ludwig; durante un drammatico confronto nella serra di famiglia, assale Georgia e poi la fa precipitare in un incubo allucinante, dal quale si risveglia con inequivocabili segni sul collo naturalmente all'altezza della giugulare. Quando poi al castello vengono fatti brillare gli ultimi ordigni rimasti inesplosi, Carmilla rimane coinvolta negli scoppi coinvolta, cadendo e impalandosi su un palo di recinzione. Tra Georgia e Leopoldo sembra finalmente tornata la serenità, ma lo spirito di Mircalla non ha fatto altro che trasferirsi da Carmilla a Georgia, prova ne sia la rosa che la donna stringe in pugno e che lentamente appassisce, come accade ai fiori quando vengono impugnati dai vampiri.
Vadim elabora una pellicola di una strabiliante eleganza, scolpita dalla stupenda fotografia di Claude Renoir. Prima di qualsiasi altro aspetto, ciò che bisogna considerare durante la visione è la bellezza delle scene, le cornici, i colori, la fotografia, l'estetica sublime dei fotogrammi di Vadim. Si avesse anche soltanto la possibilità di vederlo in modalità "muto", questo film varrebbe la pena di essere visto. Non solo, Vadim sperimenta e gioca con i colori, ad esempio nella parte riguardante il sogno/incubo della Martinelli, dove le immagini vengono prosciugate dal colore, che poi torna nuovamente ad irrompere, assumendo chiaramente valenze simboliche e narrative. O ancora quando Carmilla crede di vedere sul proprio petto una macchia di sangue che si allarga a dismisura, ma che lo spettatore è invece consapevole essere immaginata (e anch'essa metaforica, non a caso è sul petto/scollatura della donna). Per altro la chiave di rimando soprannaturale/psicanalisi è ben maneggiata da Vadim, che inscena eventi apparentemente inspiegabili (insistendo sull'aspetto vampirico e diabolico della vicenda) ma che contemporaneamente fa spiegare al professore di turno come tutto possa essere letto ed interpretato in chiave squisitamente medico-patologica (e quella visione distorta di Carmilla del sangue sul proprio seno parrebbe confermarlo).
Nel momento in cui Carmilla terrorizzata spacca lo specchio per non vedere più il rosso della sofferenza e del peccato sul suo vestito candido, la donna si strappa anche la veste, rimanendo con un seno scoperto e interamente lordo di sangue. Uno dei rarissimi momenti in cui Vadim concede qualcosa all'erotismo nei confronti dello spettatore. Il Sangue E La Rosa certo non è un film erotico, almeno non esplicitamente, anche se uno sottotraccia di lussuria e morbosità c'è, accentuata dalla componente saffica che si palesa nella scena della serra in cui Carmilla seduce e contemporaneamente minaccia Georgia, arrivando a sfiorarle le labbra macchiate di sangue. Vadim ricorre allo stratagemma del racconto a posteriori per sviluppare la trama. Inizialmente siamo su un aereo che trasporta tra i propri passeggeri il professore che ha assistito di persona a quegli eventi e che successivamente li narra omettendo i nomi dei protagonisti, per timore che alcuni di loro oggi possano ancora essere incontrati. Interessante anche notare come, per quanto il film sia a tema vampirico, e non possa sfuggire a molti degli stilemi classici (cimiteri, abiti d'epoca, castelli etc.), l'aspetto d'insieme sia più asciutto rispetto al gotico tipico da produzione Hammer per intenderci; Vadim rende il fotogramma più glamour che gotico, creando una stimolante ed intensa variante del film di vampiri (il titolo originale era Et Mourir De Plaisir, per dire).
Mereghetti definisce il film "languido" (in qualche maniera è vero, ma la mia accezione di quel termine è opposta a quella di Mereghetti, che certo intende sminuirne il valore), pur dovendo capitolare davanti alla eccellenza della fotografia di Renoir. Nella sua presentazione al film dell'edizione Sinister, Luigi Cozzi tratta con molta sufficienza Vadim ritenendolo un regista appena discreto, non un vero "autore", e dilungandosi quasi più su aspetti un po' baracconeschi (come le presunte dimensioni del pene di Vadim, le sue tre mogli, etc.) che sul suo lavoro. Francamente la (scarsa) considerazione che Cozzi ha di Vadim stupisce un po', non solo perché Vadim non era affatto un regista qualunque, ma anche perché, pur limitandosi semplicemente a questa pellicola, non mi viene in mente un corrispettivo di Cozzi all'altezza, altrettanto curato, valido ed elegante. Annette Vadim fu la seconda moglie di Vadim, tra la Bardot e Jane Fonda (il francese aveva gusto) e come per la Bardot, Vadim cercò di lanciarla come attrice; in Il Sangue E La Rosa la sua prova è decisamente buona. Particolarmente toccante la scena che precede la sua morte (probabilmente consapevole e voluta), nella quale Annette guarda con nostalgia e struggimento in direzione del castello, rivolgendo idealmente il suo cuore a Leopoldo per un ultima volta prima di lasciarsi travolgere dalle esplosioni, tra le lacrime che copiose le scorrono sul volto. La sua ultima espressione è un sorriso dolce/amaro, quasi una resa al cospetto dell'amore invincibile che prova per Leopoldo.