
Umberto Carteni si cimenta con questo remake della commedia francese Ti Ripresento I Tuoi (in originale La Ch'tite Famille del 2018), come suo quarto film dopo i non entusiasmanti Diverso Da Chi? con Argentero e la Gerini, e Divorzio A Las Vegas con Morelli e la Delogu, oltre a Studio Illegale (con Fabio Volo e Ennio Fantastichini) che non ho visto. Prosegue imperterrita l'indolenza del cinema italiano che aspetta alla dogana le commedie transalpine che hanno fatto bene al botteghino per riciclarle in sala italiana, spesso imitandone pedissequamente ogni aspetto, fotogramma per fotogramma. Quasi Orfano segue la scia, raccontando del famoso designer pugliese Valentino Tarocco (Riccardo Scamarcio) che si inurba al nord, a Milano, sposa una professionista ultra titolata come Costanza (Vittoria Puccini) ed assieme, coadiuvati dal padre di lei (Bebo Storti), mettono in piedi un impero dell'effimero e del trendy. Tarocco, ora Rocco, rifiuta in tutto e per tutto la sua cultura di provenienza (arrivandosi a spacciare per orfano pur avendo i genitori ancora in vita) ma deve pagare lo scotto di ritrovarsi la famiglia tra i piedi per una serie di equivoci. "Saliti al nord" i Tarocco smonteranno pezzo per pezzo la vita effimera e meneghina di Valentino, distruggendone anche il matrimonio. Ma non sarebbe una commedia italiana se non ci fosse il lieto fine...
Non ho visto l'originale francese e poco importa, se pregi e difetti sono i medesimi gli italiani hanno il torto di non averci messo del proprio, se ce ne hanno messo hanno il torto di averci messo quello sbagliato. Purtroppo è così perché Quasi Orfano parte da una buona idea e degenera in una melassa di stereotipi e luoghi comuni all'insegna del politicamente corretto e del vogliamoci bene. Il cuore pulsante (si fa per dire) del film è la guerra tra nord e sud, tant'è che in Francia il film è letto come una sorta di sequel apocrifo (meglio ancora, spin off) di Giù Al Nord, altro remake arpionato dagli ardimentosi e soprattutto creativi cinematografari italiani. Ovviamente i pugliesi sono descritti come terroni sciatti, ignoranti come capre, rozzi, ridicoli e volgarotti ma dal cuore buono, autentico e generoso, ancorati a valori sani, sanguigni e con il culto della terra, della famiglia e della tradizione. Ovviamente i milanesi sono freddi, algidi, calcolatori, cinici, disillusi, corrotti dal denaro, intrallazzatori fiscali, sfruttatori ma eleganti, opulenti, di gran gusto, maniere affettate e stile. Per la prima metà di film Scamarcio milita nella metà campo milanese e quindi è stronzo. Nella seconda metà sta con i pugliesi e quindi improvvisamente trabocca di umanità ed empatia. La Puccini, sua moglie, nella prima metà lo segue sul binario della milanesità, poi è costretta ad adattarsi al nuovo Scamarcio pugliese e scoprirà che in fondo essere meridionali - intesa come condizione dell'anima - è bello e persino preferibile.
Tutte le battute, le situazioni, le formule e i modelli più ovvi, prevedibili e telefonati sono incastrati in mezzo a queste due polarità. Si ride? Qualche volta si (ad esempio all'arrivo dei pugliesi al grande happening mondano organizzato da Valentino) ma assai rapidamente il divertimento lascia il posto all'irritazione per la tenace e ostinata rincorsa dello schemino lineare e banale dei terroni contro i polentoni, e del "quelli bravi sono i veraci italiani del sud". A colorire ulteriormente in chiave kitsch arrivano in soccorso Adriano Pappalardo (al quale viene pagato il pegno di fargli cantare "Ricominciamo" a pieni polmoni), Bebo Storti (lontano parente dello Storti graffiante di tanti anni fa) e Paolo Sassanelli, attore che io adoro e che qui, pure lui, fa la figurina. Che poi nel suo essere rigorosamente buonista e tradizionale Quasi Orfano fa torto a parecchie minoranze, più o meno consapevolmente. Scamarcio e la Puccini si confessano ad un certo punto di aver sempre voluto figli ma di aver sempre creduto che fosse l'altro partner a preferire la carriera alla prole. E buonanotte a tutte quelle coppie, quegli uomini e quelle donne che pensavano di potersi realizzare anche senza essere necessariamente genitori. Per non parlare della Stokholma (aka Madame Gignac) sposata ad una donna e con figlia/o in transizione, la coppia viene definita "normale" tra virgolette (e tra le facce schifate dei pugliesi ancorati alla sacra famiglia) mentre la prole diventa "figlio del fluido" nonché "trans" (perché i pugliesi storpiano la transizione). Benvenuto nel Medioevo più che al nord o al sud. Sorvoliamo poi sulle donne del sud che devono accendere il fuoco e quindi essere sexy, focose e di carattere, mentre la Puccini è bianca come un cadavere, poco formosa (per gli standard dei maschi alfa pugliesi), con l'aria sempre perplessa del pesce fuor d'acqua e vestita come una stagista della Casa Bianca. La segretaria di Scamarcio invece (Manuela Zero) sembra Velma Dinkley di Scooby-Doo incrociata con Edna Mode de Gli Incredibili, vestita rigorosamente alla moda. Insomma di stereotipo in stereotipo si giunge alla fine dei '90 minuti, un po' sfiancati per la troppa banalità ingollata tutta insieme. Un plauso anche alla consueta locandina-ammucchiata un tanto al kg.