Con un titolo così è scontato che si pensi all'ennesimo film hard di Joe D'Amato, e invece no.... oddio, facciamo ni. Nel 1979 Massaccesi non si era ancora dato al porno conclamato, i suoi primi pionieristici esperimenti caraibici arriveranno l'anno dopo, anche se la pratica di insertare degli erotici soft era già ampiamente diffusa, film di D'Amato compresi (basta pensare alla Emanuelle della Gemser). Il Porno Shop Della Settima Strada (più cauto il titolo internazionale, The Pleasure Shop On 7th Avenue) nasce come thriller stradaiolo, roba di malavita, caratterizzato da accenti rape and revenge ed erotici molto pronunciati. Infilarci dentro altro è un attimo, ed infatti accade puntualmente. La protagonista femminile, Annamaria Clementi, che pare avesse stretto accordi precisi al riguardo con il regista, si rivolge ai tribunali; D'Amato dal canto suo rincalza giurando di non aver girato quelle scene extra. Che la colpa fosse da attribuire a D'Amato, alla Produzione o ad una combutta di entrambi, non era poi così fantascientifico immaginare che un film del genere, in quegli anni, con Massaccesi dietro la MdP, avrebbe potuto anche "degenerare". Il discrimine era sempre la famigerata versione per il mercato estero (quella accompagnata da controfigure che si prestavano a scene "extra"), mentre quella distribuita entro i confini nazionali era intesa soft; distinzione puramente teorica poiché poi le versioni hardizzate circolavano comunque pure a casa nostra. In questa interessante intervista raccolta da Nocturno la Clementi racconta aneddoti legati a questo film, a D'Amato ("era un po' stronzo con me") e alla sua carriera in generale.
In tutta sincerità, a me Il Porno Shop Della Settima Strada non è poi piaciuto tutto sto granché. Un aspetto molto interessante del film è lo spaccato della New York di fine anni '70. Soprattutto nella prima parte del film, quando i due criminali mezza tacca Rico e Bob, braccati dalla Mala, cercano riparo nello shop della Clementi, D'Amato spende molta pellicola nel descrivere e ritrarre le strade della città, le vetrine, le insegne, angoli, chioschi e scorci caratteristici della Grande Mela. Pare di essere in un telefilm poliziesco dell'epoca, tipo Kojak (ambientato a Manhattan), Baretta (che però era ambientato a Los Angeles), Chips (che però era ambientato a Los Angeles), Starsky & Hutch (che però era ambientato a Los Angeles... evidentemente la città con più poliziotti al mondo), Sulle Strade Di San Francisco (che però indovinate dove è ambientato?), T.J. Hooker (che però è successivo ed è ambientato in una città americana imprecisata....che fa molto Los Angeles). In questo senso Il Porno Shop è un vero e proprio mini documentario, anche per quanto riguarda l'interno dei locali (lo shop, la palestra, il supermercato) caratterizzati in modo estremamente realistico (benché pare siano stati girati a Roma).
Detto questo, il film secondo me ha momenti di vistosa caduta di ritmo, dei tempi morti piuttosto pesanti; sia nella prima metà, con i personaggi asserragliati nel negozio, sia nella seconda, con i personaggi asserragliati nella casa fuori città, Massaccesi non ha in mano delle pagine di sceneggiatura decenti, e tira per le lunghe situazioni dilatate fino alla noia e infarcite di dialoghi pretestuosi, stupidi e/o inutili. Azioni e battute ridotte al lumicino, col solo scopo di ospitare al proprio interno le scene erotiche (poi elevate a potenza). Discutibilissimi i personaggi femminili, che prima o dopo rivelano la loro vera (nonché unica) natura, soggiacere al piacere sessuale dei maschi, che siano dolci e carezzevoli compagni di college o bastardissimi rapinatori e maniaci. La Clementi - quasi una sosia di Cher - inizialmente si dà arie da donna tutta d'un pezzo, poi al minimo schioccare di dita di Rico non esista a gettarsi ai suoi piedi e venerarlo come un dispotico e violento padrone; Brigitta Petronio è la classica ninfa lolita che a parole pare una saracinesca ma freme dal desiderio di essere sconsacrata da qualche bruto a caso; la terza ragazza (Annj Goren?) si definisce da subito come una a cui piace fare sempre e solo quello. Per farla breve, il campionario non offre molte variazioni, bionde o more, di sopra o di sotto, prima o dopo, il cartellino si timbra senza discussione. Non va meglio con gli uomini, Ernesto Colli (Bob) interpreta un criminalucolo veramente stupido, i gangster che danno la caccia ai protagonisti sono figurine, come anche il "negro", mentre Rico (Maxmilian Vhener, che nel curriculum pare avere solo questo film) è leggermente più credibile, ma senza allargarsi troppo. La seconda parte del film, ambientata nella villa, procede per inerzia, gli spettatori come i personaggi attendono stancamente che venga il mattino perché i fuggiaschi possano oltrepassare il confine salvifico col Canada. Ogni fotogramma è finalizzato alla copula, ma le scene sono così brutte e insignificanti da non stuzzicare nemmeno un opossum tenuto a stecchetto per settimane. Pure le musiche mi sono sembrate anonime, e dire che qui sarebbe bastato un po' di funkettone micalizziano per ravvivare l'ambaradan.
Alla fine si salva solo il quadretto di una New York vintage e la bellezza della Clementi, ribattezzata Lorna per l'occasione, in onore del film di Russ Meyer. Wikipedia rivela che la scena in cui Bob gioca a biliardo usando i genitali della Petronio come buca è una citazione dell'analoga sequenza presente in Spell (Dolce Mattatoio) (1977), ripresa poi anche da Fulci in in Il Fantasma Di Sodoma (1988) e riciclata dallo stesso in Un Gatto Nel Cervello (1990), film parzialmente di rimontaggio.