Tempo addietro mi ero imbattuto in una curiosa produzione indipendente italiana, Il Professore, della Excelsior Cinematografica, un film che si apriva all'insegna di premesse terribili e che invece, minuto dopo minuto, pur con difetti e limiti che a mio modo di vedere ha - dovuti certamente anche al fatto che si tratta di una produzione totalmente "dal basso" - era riuscito a ribaltare le previsioni, finendo col convincermi. Lo stesso team produttivo, lo stesso regista e la stessa coppia di protagonisti, Lucia Centorame e Marco Giacinto D'Aquino, ci riprovano in Passioni. In effetti entrambi i film sono del 2012, quindi tecnicamente non saprei dire quale preceda l'altro, potrebbero persino essere stati girati in contemporanea poiché, location a parte, il resto appunto fa scopa.
La vicenda è una sorta di dramma erotico che vede Matteo Argento (D'Aquino), sposato e con qualche difficoltà sul lavoro di ordine prettamente etico e morale, innamorarsi perdutamente di Matilde (Centorame), una giardiniera/contadina tuttofare che la moglie (Anna Barbanera) assume per curare l'orto e le cose di casa. La coppia si è appena trasferita da Milano in un casale in Abruzzo proprio per ritrovare il contatto con la vita campagnola. Matilde ricambia Matteo, anche se pure lei è sposata. La passione tra i due fa sempre più fatica a rimanere clandestina fino a quando... - SPOILER: un intervento chirurgico imprevisto non diventa lo strumento del destino per interrompere bruscamente quel rapporto. Matilde inaspettatamente muore, la crisi matrimoniale deflagra tra marito e moglie e Matteo torna a Milano. Dopo mesi di depressione, costantemente scanditi da incontri con psicologhe, Matteo riprende a lavorare, anche se orientandosi su di un'occupazione a lui più consona; assume una nuova segretaria, Macrina (Federica Grisanti), la quale progressivamente prende nella sua testa il posto di Matilde. La ragazza si rende presto conto dei comportamenti morbosi e ossessivi di Dario, tanto da mollarlo. Dopo un incidente automobilistico i due riprendono brevemente a frequentarsi ma le parafilie di Matteo non accennano ad abbandonarlo, così Macrina decide di abbandonarlo definitivamente. Matteo si toglie la vita pur di tornare ad abbracciare la sua amata Matilde, mentre Macrina rimane tormentata dal rimorso e dal dolore.
Laddove Il Professore aveva avuto la forza di rovesciare il pregiudizio, Passioni subisce la sorte opposta, partito col favore del pronostico naufraga inesorabilmente. Una bella differenza la fanno i personaggi. In Il Professore i due protagonisti per quanto strampalati avevano una ragione d'essere, c'era un rapporto perfettamente logico e razionale tra docente universitario e studentessa; il vorticoso gioco di seduzione instaurato dalla Centorame nei confronti del Professore aveva un preciso obbiettivo e l'angustia di un appartamento nel quale si compie l'intera vicenda contribuiva a creare un senso di tensione e crescendo emotivo-erotico. La recitazione estremamente carica ed eccentrica della Centorame saltava anche lì all'occhio ma, come detto, poteva comunque inserirsi nel contesto e, in fin dei conti, risultare possibile, ancorché "capricciosa" e affettata. Qui siamo nel campo della irrealtà, del paradossale, se non dell'assurdo. Per tutto il tempo ho creduto che l'amore ricambiato da Matilde per Matteo fosse una messa in scena, una parte recitata e finalizzata all'ottenimento di un qualche obbiettivo assai più prosaico. Questo per via della enorme differenza di età (perlomeno una trentina d'anni) e per la recitazione della Centorame, esattamente identica a quella de Il Professore. La stessa "lolita" generatrice inarrestabile di faccette, boccucce, espressioni da femme fatale, sguardi torvi, malizie infinite, che trasmettono l'idea di un atteggiamento costruito, insincero, manipolatore. Quando poi vediamo il marito di Matilde se possibile la cosa peggiora, perché pure lui almeno una ventina d'anni più della moglie li ha, evidentemente per Matilde i coetanei proprio non sono all'altezza.
Né va meglio con la comparsa in scena della seconda fiamma di Matteo, Macrina (...che razza di nome), interpretata da Federica Grisanti (già vista bazzicare in tv le varie Marie De Filippi e Barbara D'Urso). Per carità, la recitazione è decisamente più sobria e sostenibile, ma anche lei ha la stessa età della Centorame, e continua il mistero di queste venticinquenni bellocce e col fisico curatissimo che cadono ai piedi dell'adone D'Aquino (l'idea è che la Excelsior quegli attori abbia e con quelli faccia i suoi film, punto). Potrebbero avere il palestrato tatuato abbronzato di turno e invece a loro piace proprio D'Aquino. Con tutto il rispetto, non essendo Alain Delon ed insistendo e rimarcando questo squilibrio, estetico ed anagrafico (per altro senza un minimo accenno di ironia, che avrebbe perlomeno reso meno ingessato il contesto), il film inevitabilmente esce completamente dai binari della realtà e della verosimiglianza. Aggiungiamoci poi le psicologhe di D'Aquino, trucco e parrucco perfetto, tacco a spillo, cosce in bella mostra. Aggiungiamo ulteriormente la professione di D'Aquino, fondamentalmente incomprensibile, ma grossomodo avente a che fare con l'ambiente e l'ecologia, senonché ad un certo punto l'uomo di incaponisce a smascherare il "signoraggio bancario", e la tesi viene sostenuta con forza nel film, con tanto di spiegone per i non illuminati del complotto globale. Si arriva in fondo abbastanza stremati da tanta inconcludenza e astrusità. Non c'è un singolo elemento che stia in piedi. A livello di regia certe scelte lasciano basiti; si prenda ad esempio il colloquio iniziale che D'Aquino ha con la sua prima segretaria (ah, a proposito... dimenticavo le segretarie, tutte, quelle di D'Aquino e quelle degli altri, inderogabilmente di poco sopra i 20 anni, gonna, collant e/o autoreggenti, tacco 12); il dialogo viene ripreso da ogni angolazione, a 360 gradi, in un vorticoso cambio continuo di inquadrature che a un certo punto pare un girotondo senza senso. Stacchi continui che inficiano la minima grammatica cinematografica sul proporre allo spettatore un normale dialogo tra due personaggi.
C'è poi il capitolo sulle preferenze erotiche di D'Aquino; molto insistita la sua mania per i piedi femminili e per l'aspetto di dominazione che le sue amanti devono esercitare, anche con una certa severità nei suoi confronti. Questo dovrebbe caratterizzare ed arricchire in qualche maniera la storia e lo fa, per carità, assieme ai nudi e alla lingerie indossata con tanta generosità dalla Centorame e dalla Grisanti (nonché dalle psicologhe e dalle segretarie....praticamente un mondo ideale per il maschio), ma pare un po' tutto fine a se stesso in questo film, che proprio non ho capito dove volesse andare a parare. "Passioni" ok, ma di che? Perché tutte queste ragazze-immagine attratte da D'Aquino? Perché improvvisamente viene fuori il signoraggio bancario? Perché le psicologhe sono state scelte al concorso di Miss Cougar? Al film manca sottigliezza, sobrietà, "normalità", argomenti, situazioni e personaggi sono trattati in modo superficiale e grossolano, finendo col farsi apprezzare solo per qualche bel corpo femminile. L'ultima scena tocca a Liana Volpi, che fa una comparsata di pochi secondi, una sorpresa che purtroppo non è bastata a congedarmi soddisfatto da questo film.