Over The Limit

Over The Limit
Over The Limit

Over The Limit è un film documentario della polacca Maria Prus sull'ultimo oro olimpico della ginnasta ritmica russa Margarita Mamun (Rio De Janeiro 2016), ultimo di una lunga serie. Materialmente la Prus segue gli allenamenti della Mamun, una dura selezione sotto gli occhi attenti di Irina Viner, zarina assoluta della ritmica russa, finalizzati ad una agognata convocazione nella nazionale che rappresenterà la Russia alle Olimpiadi brasiliane.

Senza mezzi termini, si tratta di un film che pare la materializzazione sportiva dell'estetica del "terrore e del sublime" di Edmund Burke. Il sublime è naturalmente il tetragono e imperituro livello di perfezione, di grazia e di tecnica che la scuola russa di Ritmica incarna (praticamente da sempre, dagli albori di questo sport). Terrificante è il sacrificio, l'abnegazione, l'annullamento di se stessi che il raggiungimento di quello standard comporta. Il "metodo" russo (del quale, ho letto, il documentario intenderebbe in qualche misura essere una celebrazione, anche se l'esito è diametralmente opposto) è ferocissimo e comprende una tensione continua alla quale l'atleta deve essere sottoposta, senza sosta. Durante i 75 minuti del documentario la Mamun - una ragazza di 20 anni - non abbozza quasi mai un sorriso, nemmeno il giorno del suo compleanno (di una austerità e di una frugalità raggelanti). Pare sempre portare la morte dentro, ad ogni passo, ad ogni evoluzione, ad ogni respiro. Le vengono incessantemente rivolti gli epiteti più crudeli e mortificanti da parte delle sue allenatrici, mentre intanto suo padre si consuma di cancro. Le viene persino chiesto di usare quella tragedia personale per rendere emotivamente più coinvolgente la sua interpretazione in pedana. Morirà due giorni dopo l'oro di sua figlia a Rio e la Mamun smetterà di lì a poco con la Ginnastica. 

Il senso di solitudine e persino di violenza che la vita della ginnasta comporta (tanto più a quei livelli) è infernale. Anziché del 2016, potrebbe trattarsi dell'URSS degli anni '70, non c'è praticamente alcuna differenza, se non nel fatto che si vedono degli smartphone. La Mamun è scioccata dal fatto che si faccia riferimento alle condizioni di suo padre sebbene lei si sia premurata di non averne fatto parola con nessuno. Sottotraccia poi scorre tutta la faccenda del doping russo, il cui scandalo minaccia di negare anche alla Ritmica l'accesso alle Olimpiadi, come ritorsione verso il comportamento antisportivo della Federazione Russa. Si avverte quella sgradevole sensazione di controllo e manipolazione assoluta tanto della vita fisica quanto psicologica delle persone, a maggior ragione degli atleti, i quali hanno l'onere (praticamente mai l'onore) di portare sulle proprie spalle il nome della Madre Russia. Alla Mamun viene detto che lei non è considerata un essere umano, ma un'atleta della Russia, e quindi ogni suo capriccio (che poi è normale istinto di sopravvivenza) non può essere tollerato. Tutto avviene mentre, come detto, il padre di Margarita sta finendo la sua vita. Il suo dramma interiore è di una intensità pazzesca, enorme, nonché dipinto in modo indelebile sul suo volto, una maschera di dolore, tormento ed amarezza.

Il giorno prima della gara l'allenamento della Mamun è tra i peggiori di sempre, deconcentrato e impreciso, così come le vessazioni alle quali è sottoposta sono furiose. 24 ore dopo la Mamun sarà sul gradino più alto del podio, ma al prezzo di una disumanizzazione attuata in modo scientifico e spietato (abbracci e coccole devono esserle negati, onde evitare un eccessivo "rilassamento"). Forse è proprio quello il limite che la ginnasta ha dovuto oltrepassare, toccare il baratro della crudeltà per poi riprendersi la propria vita. Fa effetto l'approdo della Mamun in Brasile, quando molto probabilmente vede per la prima volta l'assolata e festosa spiaggia di Rio, un mondo a parte rispetto al suo, un alieno sbarcato su un altro pianeta. Il confine tra sprone e umiliazione è sottile, la Mamun combatte contro se stessa, contro le proprie allenatrici, contro la Ginnastica, contro lo spettro del fallimento, contro la vita che si sta prendendo suo padre. Difficile dire se quella sia la strada giusta, il percorso dovuto, se l'unico modo per smettere di "tremare" (come continuamente le ripete la Viner) sia subire tutto ciò che subisce. E' vero, la medaglia alla fine è al suo collo, ma il prezzo da pagare sembra altissimo, a tratti intollerabile. La versione del documentario doppiata in italiano è un po' alla viva il parroco, banalmente per dire si parla di ginnastica "Artistica" quando invece è Ritmica (manco sanno quello che doppiano!). La versione originale è sottotitolata in inglese (poiché il parlato è naturalmente tutto russo).

Trailer ufficiale

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