Operazione Valchiria

Operazione Valchiria
Operazione Valchiria

Avevo già scritto di Operazione Valchiria tempo addietro, nell'estate del 2009, ovvero quando vidi il film al cinema. Giudizio freddino a rileggerlo, non ero evidentemente rimasto granché soddisfatto. Accade che dopo tutti questi anni l'abbia rivisto, complice l'acquisto di un boardgame sull'argomento; premesso che l'approccio nel frattempo è radicalmente cambiato, poiché avevo proprio voglia di tornare ad immergermi in quella storia, devo dire che sebbene parte delle critiche mosse all'epoca rimangano valide, il giudizio complessivo sulla pellicola è parzialmente migliorato. Non che io mi ritenga obbiettivo, nel metabolizzare un film sono sempre "viziato" dagli umori del momento; mi limito quindi a dire che ad una seconda visione la Valchiria, lungi dall'essere perfetta, mi è parsa tuttavia assai più accattivante.

Dirige Bryan Singer, uno che è abbonato a film fighetti e in qualche misura cerca di portare in quella direzione anche questo, per quanto sulla carta sarebbe dovuta essere una narrazione quanto più distante ed antitetica dalla carineria modaiola. Alla sua uscita Operazione Valchiria è stato perlopiù bocciato e le ragioni, come detto, sono in buona parte anche condivisibili. Per un film sui nazisti, di ambientazione completamente germanica, non avere praticamente neppure un elemento del cast (di primo piano) tedesco è di per sé un autogol, una scelta che dice molte cose (nonostante il profumatissimo finanziamento del German Federal Film Found). E infatti uno dei difetti da imputare a Valchiria è la maldestra caratterizzazione teutonica. Ok, il film è ispirato a fatti veri (e dunque la calamita tedesca c'è), ma se per un attimo rivestiste i militari della Wehrmacht e delle SS con uniformi di un qualsiasi altro paese, la vicenda di per sé rimarrebbe in piedi, astratta e decontestualizzata. L'atteggiamento, la recitazione, le atmosfere, il modo di ritrarre e fotografare attori, luoghi e situazioni da parte di Singer sono troppo yankee per conferire un sapore europeo e segnatamente berliner alla pellicola. Non si ha quasi mai la sensazione di essere in Germania nel '44. Tom Cruise come protagonista non è la scelta migliore; l'attore è indiscutibile e si spende anche generosamente, ma il faccione stellato e hollywoodiano del signor missione impossibile contribuisce a distogliere l'attenzione dalle imprese del povero colonnello Claus von Stauffenberg. Lo stesso dicasi per il resto del cast, dal paffuto sir Kenneth Branagh (comunque una spanna sopra tutti sempre e comunque) a quello regimental dell'altro suddito della Regina, Terence Stamp.

Croce e delizia di Singer deve essere stata mostrare o non mostrare Hitler al pubblico. E' (quasi) sempre una delusione vedere un attore agghindato alla bene e meglio per cercare di somigliare il più possibile al Fuhrer, non solo nell'aspetto ma anche nella gestualità e nella follia, lucida e bestiale al contempo. Credo si sarebbe rivelata una scelta estremamente più affascinante il non far vedere lo zio Adolf esplicitamente, ma magari lasciarlo intuire di sfuggita, in piccole porzioni, nei dettagli, anche perché paradossalmente non si tratta di un protagonista della vicenda. Questo avrebbe concentrato tensione ed intensità ancora maggiori su Stauffenberg ed avrebbe conferito un alone di mistero in più al dittatore e al film stesso, a mio parere. Né convince troppo la coloritura estremamente eroica ed agiografica dei cospiratori. Fatto salvo il futuro cancelliere del quarto Reich (politico di professione ed opaco per definizione), i restanti protagonisti del complotto sembrano più partigiani che nazisti in attività. D'accordo, si erano resi conto che con Hitler la Germania era destinata all'autodistruzione, ma la Wehrmacht l'avevano respirata, mangiata e servita fino ad un minuto prima, e il senso di disgusto e orrore che evidenziano in ogni fotogramma è davvero troppo poco sfumato, interpretato, ragionato. In questo c'è tutta la semplificazione manichea di un regista e di una sceneggiatura a stelle e strisce. Abbiamo i buoni ed i cattivi, perfettamente separati da uno steccato col fil di ferro arrotolato sopra, e Tom Cruise non può che guidare il plotone dei santi immacolati. Del resto Singer ebbe a dichiarare che Stauffenberg, nella doppia veste di nazista ed "umanista", rispecchiava la stessa doppia identità di Clark Kent e Superman (....rendiamoci conto). Bill Nighy (il titubante generale Olbricht nel film) disse che una delle cose più sconcertanti che si possa immaginare è quella di indossare un'uniforme nazista. E' così associata al Male che ci volle qualche giorno all'attore per abituarsi all'idea.

All'uscita del film in Germania ci furono polemiche legate all'appartenenza di Tom Cruise a Scientology, rafforzate dall'inaugurazione di una nuova sede a Berlino a pochi mesi dal debutto in sala di Valchria, tutto avvenuto per caso naturalmente. A conti fatti, elencati i deficit che la pellicola indubbiamente ha, una seconda visione, più distesa e con minori aspettative, si è rivelata più piacevole e divertente. Valchiria non è un film riuscito, e con tutta una serie di accorgimenti sarebbe potuto risultare assai più potente e convincente (scivola anche su bucce di banane, come Carice van Houten, moglie di Cruise nel film che, dopo quattro figli partoriti e con un altro pargolo in grembo, ha il fisichino di una modella pret a porter). Così com'è rimane un operazione commerciale di medio lignaggio, appassionante più per i fatti storici ai quali si ispira che per come li mette in scena.

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