Sabina Ciuffini fu la prima valletta "parlante" di Mike Bongiorno, nonché la prima ad indossare una minigonna (sulla Rai). Lei, nata in Argentina, affiancò il presentatore americano al Rischiatutto dal 1970 al 1974 e nel 1975 al Festival di Sanremo. Nel frattempo nel 1974 posò per Playboy, salvo poi ritrattare e querelare la rivista per lo scalpore suscitato dalle foto. Che la Ciuffini in realtà avesse voglia di provare la strada del nudo è confermato dal fatto che nel 1976 è la protagonista di Oh, Mia Bella Matrigna, suo debutto su grande schermo (pur con due partecipazioni cinematografiche alle spalle, nel 1968 in I Giovani Tigri di Antonio Leonviola e nel 1969 in Tralci Di Una Terra Forte di Giuseppe Rolando), per la regia di Guido Leoni. Pellicola tutt'altro che casta e titolo alquanto particolare, visto che a partire da quello l'ammiccamento ad un certo sottogenere sexy del nostro cinema si avverte forte e chiaro (come nei precedenti di Leoni, La Supplente del '75 e Le Seminariste del '76); lo sviluppo della storia prende effettivamente quella piega, in bilico tra commedia, erotismo soft di stampo familiare e un po' di noia. Poi a metà strada si sterza verso atmosfere giallo-thriller edulcorate, vagamente alla Lenzi, con la coppia di amanti fedifraghi che progetta l'assassinio del terzo incomodo (il marito della Ciuffini). Infine - SPOILER: la svolta tragica, con la Ciuffini che ci rimette le penne, ammazzata a tradimento dallo spasimante, vittima di turbe psichiche e solito eliminare le moglie del padre.
La bella Ciuffini non si risparmia affatto e appare sovente nuda nel film. Pur sempre con un paio di slip, ma comunque assai disponibile ad attraversare la scena a proprio agio in abiti adamitici e con la bella chioma sempre vaporosa ad incorniciarle viso e spalle. Decisamente più goffi i suoi comprimari maschili, da una parte Maurice Ronet (il marito, un po' avanti con gli anni), dall'aria sempre costantemente spaesata, che sembra interpretare la versione maschile del personaggio che fu di Lisa Gastoni ne La Seduzione di Di Leo (per altro proprio con Ronet nei panni dell'uomo conteso tra madre e figlia), dall'altra Gianfranco De Angelis (figlio eccentrico e bamboccione), che non pare esattamente dotato del physique du role dello stallone eppure, nonostante ciò, la Ciuffini quasi se ne invaghisce a prima vista, inspiegabilmente, nel senso proprio che il film non perde tempo a spiegare, contestualizzare, costruire questo sentimento; ad un certo punto i due si baciano e si dichiarano, facile facile. Da quel momento in poi le geometrie si sovvertono, la Ciuffini, in completo brodo di giuggiole per Ronet, diventa una ventosa appiccicata a De Angelis, con tutte le conseguenze del caso.
Come detto, la prima metà di pellicola si trascina un po' stanca sul rodato canovaccio del menage a tre, più con i toni del fotoromanzo zuccheroso che dell'amore morboso. Gli unici momenti che svegliano dal torpore sono oggettivamente quelli nei quali i seni della Ciuffini sventolano liberi e il suo giocare un po' lolitesco (nonostante sia più grande del figliastro amante) rende più spumeggiante il racconto. Interessante il cambio di coordinate nel finale anche se sconta lo slancio fiacco della sceneggiatura sino a quel punto. Il film è girato dalle parti di Viareggio, con una Gloria Piedimonte, cameriera di casa, che parla con uno sforzatissimo accento toscano (quello che solitamente fanno i non toscani quando vogliono pietosamente imitarli). L'unico vero nudo integrale è concesso da Crippy Yocard (al secolo, Cristina Amodei), ragazzetta che De Angelis si porta in casa per ingelosire la matura matrigna, riuscendovi egregiamente.