Nude Per L’Assassino

Nude Per L’Assassino
Nude Per L’Assassino

Nello stesso anno in cui Argento porta in sala Profondo Rosso (1975), Andrea Bianchi - prima di diventare un nome celebre anche e soprattutto per pellicole pornografiche - spoglia una quantità generosa di attrici al conspetto del proprio assassino. La pellicola in questione guadagna nel tempo lo status di nume tutelare del cinema slasher, tra quelle cioè che hanno contribuito alla ideazione e allo sviluppo di quel filone che tanta fortuna ha avuto Oltreoceano e che poi, in un curioso gioco delle parti, ha finito con il riverberarsi (di nuovo) qui da noi. Nude Per L'Assassino nasce in realtà come derivazione; derivazione tanto dai gialli argentiani e prima ancora di Mario Bava, quanto come spunto deformato tratto da Jacopetti e dai suoi mondi sexy e notturni. Massimo Felisatti, sceneggiatore, racconta di come l'intento fosse creare un ibrido tra quei due mondi, il giallo ed il sexy, molto italiani (perlomeno in quel periodo), se non - in ultima analisi - dare struttura narrativa (tramite thrilling e tensione) ad una forma erotica altrimenti vuota e morbosamente fine a se stessa. Sotto questa intuizione nasce un film come Nude Per L'Assassino, che per l'epoca Felisatti giudica "di rottura" (salvo poi farsi togliere dai crediti per non doversene vergognare, tanto si era spinto oltre il funambolico Bianchi nella sua sete di sesso e sadismo).

Al cospetto dei 97 minuti in questione lo spettatore deve operare in modo schizofrenico, come sovente accade per il cinema popolare e di genere di quegli anni. Artisticamente parlando, Nude Per L'Assassino è bruttarello, in alcuni momenti imbarazzante e insomma, se si pensa ai vari Martino, Argento, Bava, etc, c'è di che intimidirsi. Tuttavia, abbandonando i panni dello stretto critico cinematografico e assumendo quelli del cinefilo un po' romantico e iconoclasta, va detto che il film rimane impresso per molti aspetti (nessuno di questi di stampo prettamente "culturale"). La frenesia della pellicola è notevole, davvero si sente il respiro affannato e sovraeccitato di Bianchi nel dirigerla, al pari di quello del killer che, inguainato in una tuta da motociclista nera e con casco a precluderne la fisionomia, si aggira per la città mietendo vittime a colpi di violentissime coltellate. Citando per altro qualcosa di già visto con Massimo Dallamano appena un anno prima (La Polizia Chiede Aiuto) e che rivedremo anche a posteriori, ad esempio in Nightmare Beach di Lenzi (1988). C'è naturalmente tutto il comparto femminile che fa ululare il testosterone: Edwige Fenech, Solvi Stübing, Erna Schürer, Femi Benussi, Giuliana Cecchini (aka Amanda); di queste la sola Stübing non appare completamente nuda (ma comunque in lingerie si), le altre a più riprese offrono tutto il catalogo allo spettatore, compreso un rapporto lesbo (tra la Benussi e la Cecchini). La Fenech sfoggia un capello corto che non accontenta tutti i suoi die-hard fans, in compenso la Benussi qui è davvero carne da macello (uno di quei ruoli che poi solitamente le attrici passano il resto della carriera a cercare di insabbiare).

La regia è estrosa e provocatrice, a partire dai cromatismi forzatissimi dell'incipit (tutto Mario Bava), proseguendo con le soggettive, i dettagli ginecologici alla Joe D'Amato, gli inserti subliminali che anticipano gli omicidi, il girato in esterna quasi tutto di notte. Alcuni momenti di suspense sono davvero notevoli, dettagli, giochi di luce e penombre, corpi stentorei che si stagliano tra gli oggetti di scena, piccole parentesi memorabili che rendono il film molto pop e a suo modo "potente". Magari dopo un picco del genere si crolla rovinosamente sulla resa di un omicidio goffo, pacchiano e rozzo, ma Nude Per L'Assassino è esattamente questo, dalle stelle alle stalle (e ritorno) senza soluzione di continuità. La trama è poco più che un pretesto, estrapolazione di fatti di cronaca manipolati in favore di brandelli di sceneggiature già masticate altrove (sempre il povero Dallamano, magari stavolta con Cosa Avete Fatto A Solange?); interessante la cornice della sartoria di moda, con modelle, fotografi, sessualità etero e non, rapporti di lavoro drogati dal ricatto, perversioni varie (come non citare il povero Franco Diogene che anziché godere della meravigliosa Erna Schürer finisce con l'aggirarsi per la casa in mutande stringendo a sé una bambola gonfiabile come un rincuorante bambolotto infantile). L'ambientazione della "Moda" ha sempre avuto il suo fascino criminale, da Sei Donne Per L'Assassino (1964) ai Vanzina.

Al dunque, Nude Per L'Assassino non lo si ricorda per la sua bellezza intrinseca, per la sua profondità, per la sua cura dei dettagli psicologici, né per i suoi dialoghi o per la sottigliezza dei personaggi. L'identità dell'assassino è assai banale da individuare, basta fare il conto di quale sia il personaggio che ad un certo punto sparisce di scena. Uno dopo l'altro tutti gli attori cadono a terra accoltellati nel sangue, due si salvano (e svelano l'enigma), chi rimane è l'assassino. C'è anche un falso positivo, poiché l'omicida ad un certo punto ha una scena che parrebbe scagionarlo e che sarebbe del tutto insensata se non si trattasse di un innocente.... Bianchi non se ne cura affatto ed anzi la piazza lì proprio per intorbidire le acque e non far sospettare lo spettatore. Delizioso l'ultimo fotogramma del film, che a questo punto non posso spoilerare, ma che la dice lunga sul clima che si doveva respirare sul set durante le riprese. Meravigliose le musiche di Berto Pisano, il tema principale del film, quello dei titoli di testa, è fenomenale e rimane impresso a vita nell'encefalo del cinefilo di genere. Fotografo di scena Franco Delli Colli, mica pizza e fichi. Nino Castelnuovo interpreta un guascone che è la quintessenza del maschilismo e del politicamente scorretto (ma pure dell'antipatia), e però - filtrato con gli occhi di oggi - questo film certo uscirebbe con le ossa rotte da una eventuale proiezione in un cineclub di femministe.

Trailer ufficiale

Galleria Fotografica