
Si può passare da Sophie Marceau a Monica Bellucci? Si può, basta guardare Non Ti Voltare, thriller psicologico, anzi direi mentale, co-prodotto da Francia, Belgio e Lussemburgo, e ambientato per metà in Francia e per metà in Italia, a Lecce. Ho visto il film e mi è sembrato notevole, e mi sono dispiaciute le critiche negativissime lette online da parte dei solito clan anti Bellucci. L'avete notato anche voi no? C'è proprio un gruppo organizzato di scientifici sabotatori dei film con Monica Bellucci; anni fa, da qualche parte, il Gran Consiglio carbonaro del "cinema che ce lo sappiamo noi quale è bello e quale no" ha deliberato che la Bellucci le pubblicità sui giornali le può fare, l'ambasciatrice della bellezza mediterranea pure, ma l'attrice proprio no, non è portata. Coerentemente quindi ogni film che la vede interprete è brutto, perchessì. Figuriamoci un film che la vede in "competizione" addirittura con Sophie Marceau, apriti cielo! E invece, se date retta a Cineraglio (ma soprattutto se guardate il film con i vostri occhi, scevri da condizionamenti pro e contro), secondo me potreste scoprire che Non Ti Voltare, per quanto un po' cervellotico e arrovellato, è un lavoro che merita di essere visto, anche per la Bellucci. La trama è complicata, in particolare si avvita a spirale nella seconda parte, dove bisogna prestare molta attenzione ad ogni particolare (e dove comunque qualche nodo non risoltissimo di sceneggiatura rimane).
Sophie Marceau è una giornalista con velleità da romanziera. Scrive una bozza di libro sulla sua fanciullezza, di cui però ricorda tutto solo mediante dei filtri, ricostruzioni altrui (racconti, fotografie, oggetti), visto che a causa di un incidente automobilistico ha perso la memoria di quegli anni. Il rifiuto del libro da parte dell'editore (definito noioso e inconcludente) apparentemente scatena nella Marceau un senso di instabilità emotiva. In realtà Sophie inizia a vivere un vero e proprio incubo, pezzi della sua vita le diventano alieni, estranei, non riconosce più la sua casa, la disposizone dei mobili, le sembianze dei suoi cari - marito e due figli - cambiano sotto i suoi occhi, e persino il suo stesso corpo si tramuta ogni volta che si scorge, terrorizzata, in un frammento di specchio. Ha delle visioni, una bambina sembra spiarla e quando lei la segue la perde sempre di vista. Dall'esterno la Marceau sembra precipitare in una follia tutta psichiatrica, ed in effetti anche dall'interno l'impressione è quella. Tecnicamente si tratterebbe di "derealizzazione", una forma dissociativa che consiste nella percezione distorta del mondo esterno al soggetto e, a volte, degli individui, riconosciuti come estranei. Chi soffre di questi disturbi non riesce a descrivere compiutamente il sentimento di derealizzazione, ed utilizza il "come se" per descrivere cosa gli accade intorno. Il mondo gli appare come privo di coloritura affettiva: anche gli ambienti familiari sono avvertiti come estranei e spesso il soggetto riferisce disturbi visivi di appannamento e offuscamento della vista. La Marceau si scopre definitivamente cambiata nell'aspetto e nella sua fisicità (adesso ha le sembianze di Monica Bellucci...poteva andare peggio dai!). In un impeto di coraggio e autosalvazione, la donna parte per Lecce, a seguito del ritrovamento di una vecchia fotografia che sembra ancorare la sua giovinezza a quei luoghi. Sul posto scoprirà delle persone a lei misteriosamente familiari, e riuscirà tra mille tormenti a comprendere la scaturigine di ogni cosa.
La prima metà del film è terribilmente angosciante, c'è un che di polanskiano nel senso di minaccia e follia che investe la povera Marceau. Sola contro il mondo, in un delirio che nessuno comprende e che la soffoca letteralmente. La progressione della pazzia è cinica ed incessante, poiché avviene pezzo per pezzo, attraverso dettagli piccoli ma inesorabili; ogni minuto c'è un cambiamento, qualcosa è fuori posto, un particolare dei volti che circondano la Marceau evidenzia una differenza, un neo, una pupilla, la forma del naso, i capelli. Immaginate di tornare a casa e di non riconoscere più la mobilia, la disposizione delle cose non è quella che sapete essere; correte a controllare vecchie fotografie e quelle danno ragione al presente e non al passato che avete in testa; persino un vecchio video girato con una videocamera mostra un ambiente che non riconoscete, c'è la vostra famiglia ma i volti vi sono sconosciuti, e a un certo punto ci siete anche voi, ma quella non è la vostra faccia. Terrificante. Una delle più grandi paure inconscie dell'uomo è la perdità dell'identità, delle certezze quotidiane che costituiscono i nostri punti fermi, la nostra bussola. L'uomo o la donna che avete sempre amato hanno improvvisamente gli occhi azzurri, nemmeno vostra madre è più vostra madre, eppure pretende di abbracciarvi. E per chiunque questo è perfettamente normale, lo straniamento è tutto e solo vostro.
Il film è plasticamente diviso in due, con la Marceau in Francia e la Bellucci in Italia (si ritroveranno assieme solo nell'onirico finale). La recitazione della Marceau è molto intensa, un po' troppo nervosa forse; quella della Bellucci è stranita ma più calma, rilassata, stupita. Entrambe forniscono un'ottima prova attoriale ed anche il resto del cast si dimostra assai valido. Il film non manca di effetti speciali, anche se mai roboanti o glamour, quanto piuttosto discreti, insidiosi, sottili (e ben resi). Tra Hitchcock, Polanski, Cronenberg e Grillet, Marina De Van si muove abilissimamente in quella zona d'ombra che è una psiche umana disturbata, riuscendo a trasmettere allo spettatore un fortissimo senso di disagio e fastidio, quasi epidermico. Molto interessanti anche le musiche, che sottolineano a dovere i passaggi carichi di tensione del film. Visto che finora sono state lodi sperticate, c'è anche qualche appunto da fare: 1) la visione un po' "spaghetti e mandolino" del meridione italiano, con la Puglia dedita a tarante e pizziche... - 2) SPOILER: la questione linguistica risolta in modo un po' troppo sbrigativo, ovvero una francese che va in Italia e parla fluentemente la lingua con chiunque, come se nulla fosse; d'accordo che il personaggio è nato in Italia e ci ha pure vissuto qualche anno da bambina, ma è altrettanto vero che non ci torna da almeno 40 anni e almeno una minima inflessione o qualche difficoltà col vocabolario sarebbero state più credibili; 3) le pustole e le deformazioni fisiche del corpo della Marceau/Bellucci sono fini a loro stesse, non hanno un reale perché nell'economia narrativa della storia se non acuire e testimoniare la schizofrenia temporanea del personaggio, insomma fanno un po' scena ma sono anche un po' una caduta di stile.