New York Stories

New York Stories
New York Stories

New York Stories è un film a episodi del 1989, con la caratteristica dichiarata di avere per protagonista la città di New York. Pellicola ambiziosa e pure un po' spocchiosa, che intende intrattenere ma "a un certo livello". Tre registi, Scorsese, Coppola e Allen (col solo Coppola nato a Detroit) che imbastiscono tre quadretti totalmente svincolati l'uno dall'altro. Si comincia con Scorsese (Life Lessons), il cui episodio è a mio giudizio il più noioso di tutti; una rappresentazionme nefasta di un rapporto morboso tra un pittore "maledetto" (Nick Nolte) e la sua allieva/amante/musa (Rosanna Arquette, che pare una Cosa Paltrow ante litteram). Verboso, sopra le righe, autocompiaciuto nell'esibizione plateale di emozioni al mille per mille, sempre fragorose, sparate, da tragedia greca. Pare una regia di Jane Campion invece che di Scorsese. Il personaggio di Nick Nolte è una macchietta insopportabile e pure la Arquette o le figurine di contorno ai due protagonisti risultano indistintamente tutti irritanti. Giudizio critico: due palle quadrate, non vedevo l'ora finisse. Coppola firma insieme alla figlia Sofia la regia del secondo episodio (Life Without Zoe), che ritrae una bimbetta upper class, Zoe, fighetta fin dal nome, che vive in hotel, perennemente abbandonata dai genitori in giro per il mondo a fare affari (uno sprecatissimo Giancarlo Giannini affiancato ad un'altrettanto sprecata Talia "Adriana" Shire), mentre lei è assistita da un premuoroso maggiordomo, anche se, creciuta molto in fretta, sfanga la giornata da sola, facendo tutte le sue cosine, dolci dolci, carine, amorose, delicate, mature e fanciullesche al contempo. Giudizio critico: altre due palle quadrate, e fanno quattro. La mano di Sofia Coppola è evidente, stramaledettamente evidente in questa lagna senza fine. Infine arriva il turno di Allen (Oedipus Wreck), che minimamente risolleva le sorti di questo film; per carità, niente di che, Allen gigioneggia facendo un episodio col pilotino automatico, Woody Allen style al 200%, e per altro con un finale che non mi è piaciuto affatto, però almeno, rispetto ai piagnistei che lo hanno precedeuto, questo qualche minimo sorriso lo strappa. Si narra di Allen e di una madre terribile che lo assilla in ogni aspetto della sua vita. Operazione che complessivamente definire modesta è un eufemismo, tanto più che la modestia è nel risultato ma non nelle intenzioni. Tedio senza fine, musiche e fotografia pretenziose quanto basta.

Trailer ufficiale

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