Produzione cinematografica del Bagaglino ancora lontano dalla prima serata televisiva Mediaset, quella con cui quelli della mia età hanno imparato a familiarizzare col nome della compagnia di varietà romana di Pier Francesco Pingitore e Mario Castellacci. Anche per questo motivo non sono mai stato granché impressionato dalla comicità del Bagaglino, grossolana, spesso volgare, demagogica e ruffiana; tuttavia devo dire che Nerone è un film piuttosto divertente. Intendiamoci, gli ingredienti appena elencati figurano tutti nella pellicola ma sono come sublimati al meglio delle possibilità consentite, nonché segnati da un discreto acume ed una brillantezza d'esecuzione che rendono il film del tutto godibile, frizzante e affatto scevro di trovate e intuizioni. Una volta tanto Pippo Franco non è la vittima sacrificale di turno ma è anzi quello che fa vedere i sorci verdi, ovvero Nerone in persona. Il film è tagliato sulla falsariga della farsa autoevidente, con i personaggi che si rivolgono direttamente alla MdP, simulando un dialogo senza filtri con lo spettatore, battute che fanno riferimento alla contingenza politica e sociale italiana (1977) ed il ricorso ad oggetti di scena chiaramente fuori contesto, come caschi e scudi per i "celerini" romani, cartelli di segnaletica stradale, Nerone che cita la ghigliottina e persino un balletto in manicomio con protagonisti i grandi dittatori del futuro, da "baffone" a Castro, da Hitler a Napoleone. Tutto giocato a carte scoperte, con l'intenzione di non prendersi sul serio neppure per un istante.
La differenza sostanziale con un Brian di Nazareth o un Sacro Graal dei Monty Python è però il pressapochismo della messa in scena. Sciatteria e superficialità per dettagli e scenografie. Nonostante la baracconata sia scoperta e conclamata, gli inglesi avevano perfettamente compreso che per quanto le situazioni rappresentate siano assurde e non-sense, persino demenziali, più la ricostruzione storica d'ambiente, le scenografie, i costumi e la messa in scena sono rigorosi, puntuali, verosimili, persino pedanti, più la comicità della battuta viene amplificata ed esaltata, proprio grazie al rigore del contesto che la incornicia. Il Bagaglino invece tira via cialtronescamente e piuttosto corre a rifugiarsi nella tetta di Marina Marfoglia o nello stacco di coscia di Paola Tedesco. Dal punto di vista delle nudità femminili Nerone abbonda; notevole il cast che mette assieme la Marfoglia, la Tedesco, Maria Grazia Buccella, Carmen Russo. L'unica che non si spoglia è Laura Troschel, mentre persino Paola Borboni (all'epoca 77enne) rimane a seno scoperto, trascinata nel tritacarne un tanto al chilo. La Buccella impersona Poppea, senza nulla togliere all'avvenenza dell'attrice lombarda, un controsenso in termini (anzi, in forme), forse avrebbe assai meglio figurato la Russo (qui ridotta a poco più di un cameo), anche perché a livello di recitazione non viene richiesto nulla più che l'ocheggiare ininterrotto. Tra i rinforzi al clan bagaglinesco abbiamo un vitaminico Enrico Montesano, tutto ripiegato sull'imitazione del Totò/Zazà di Signori Si Nasce (nei panni del medico egiziano con l'accento siculo però è fenomenale), un Paolo Stoppa che impersona un Pietro ai limiti del brigatismo cristiano, ma soprattutto uno stanchissimo Aldo Fabrizi che fa quasi tenerezza per lo sforzo profuso ma che è del tutto fuori tempo, fuori contesto e fuori grazia. Nel '77 oltre a Nerone partecipò ad un altro film "alimentare", Il Ginecologo Della Mutua di Massacesi, tra le ultimissime pellicole che lo videro in scena prima della morte nel 1990.
Interessante che spesso e volentieri il film prenda i tratti del musical, o sarebbe meglio dire dell'operetta, restando in territori più congeniali al Bagaglino; tuttavia queste parentesi sono tra le cose meglio riuscite del film, si veda il ballo dei nasoni che nottetempo sveglia i poveri romani reduci dell'incendio che li ha ridotti ad abbaraccati (chiaro il riferimento ai perenni terremotati italiani) o il finalone alla Jesus Christ Superstar tutto dedicato a Nerone imperatore. Ad una simile operazione non poteva mancare naturalmente Bombolo, sebbene qui sia molto imbrigliato. Fa una fugace comparsata un giovane Massimo Dapporto, c'è Giancarlo Magalli in salsa partenopea e Gianfranco D'Angelo ha un ruolo piuttosto corposo come "Ministro degli Interni" Tigellino. Per alcuni aspetti stupisce abbastanza come alcune situazioni siano persino "attuali", a 40 anni di distanza, segno che certi tratti caratteristici dell'italianità sono destinati a perdurare per sempre, immanenti.