Ne Parliamo Lunedì

Ne Parliamo Lunedì
Ne Parliamo Lunedì

Ne Parliamo Lunedì è un po' un caso atipico del cinema italiano di fine anni '80 ma direi in generale se parliamo del nostro cinema. E' un film che sembra uscito fuori dal nulla, sradicato dalla sua contemporaneità, un film che non appartiene ad un genere preciso pur lambendone diversi, che si affida ad attori sradicati dal proprio contesto (Andrea Roncato qui in un ruolo quasi drammatico), ad attori poco noti al grande pubblico (Sebastiano Nardone) e a volti emergenti come quello di Elena Sofia Ricci che due anni prima aveva vinto il David di Donatello come miglior attrice non protagonista per Io E Mia Sorella di Verdone. Siamo in Italia ma sembra la provincia americana del Midwest, il teatro degli eventi è non a caso un motel che porta il nome Nevada, quello dove si celerebbe la famosa Area 51, ed infatti in Ne Parliamo Lunedì c'è spazio anche per gli ufo. Posticci, come tutto ciò che abita questi fotogrammi, a partire dai cactus di cartone che scandiscono la strada che conduce al motel. Un motel senza clienti. I tenutari, ovvero una coppia di coniugi (Ricci/Nardone) che si amano ma non riescono più ad amarsi, per noia, per abitudine, per pigrizia. E allora ecco un amante (Roncato) che è finto e vero al contempo, poiché sembra che si intrometta tra moglie e marito ma forse è il marito che si è intromesso tra moglie e amante. E la moglie sembra usare entrambi per la propria gratificazione e per la propria libidine. Nico, il marito, sembra un tontolone che in realtà è meno sprovveduto di quanto sembri; Marcello invece, l'amante, perde strada facendo la sua rude risolutezza venendo sopraffatto dagli eventi. In mezzo a questa variante de Il Postino Suona Sempre Due Volte contaminato dal Visconti di Ossessione (con tanto di scene omaggiate da entrambi i film) si inserisce lo scombinato "ragazzo di bottega" Francesco Scali, che farfuglia di viaggi astrali e terzi occhi che risiedono sulla fronte.

Odorisio dirige giocando molto con gli spazi, le inquadrature, il sudore dei personaggi dentro un'estate caldissima, le luci al neon, la luna e la musica country a richiamare un'atmosfera vagamente americana e sospesa in un tempo indefinito sebbene vagamente retrò. La Ricci è la femme fatale della situazione anche se il suo toscano strascicato la disinnesca, è secca come un acciuga ma sempre scollata. Roncato è un playboy malinconico e fragile, Nardone è uno strano guitto ingenuo e candido ma inesorabile nei propri obbiettivi. Il finale svacca un po' anche se per certi versi era inevitabile considerando il tono fortemente grottesco della sceneggiatura ed il suo infilarsi in direzioni sempre più improbabili. Ne Parliamo Lunedì (che poi è la risposta che si danno continuamente i personaggi quando vogliono rimandare il problema) portò un David ed un Ciak (entrambi d'oro) alla Ricci come miglior attrice dell'annata cinematografica ed una nomination ai Nastri d'Argento poi non concretizzatasi in una ulteriore vittoria. Roncato qui è nel periodo post Gigi Sammarchi, durante il quale si impegna in molte pellicole ma tutte comiche, ad eccezione proprio di questo dolce/amaro Ne Parliamo Lunedì, sorta di black comedy dai toni financo noir, ma che non arriva mai a prendersi troppo sul serio, costituendo così una vera rarità (almeno negli intenti) per il cinema italiano.

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