Cultissimo poliziottesco, ritenuto tra i pilastri del genere (nei circoli accademici, nei cenacoli intellettuali, alle fiere librarie, nonché nel salotto della Bignardi se la gioca con Milano Calibro 9 per la medaglia d'oro di miglior poliziottesco italiano di sempre). Del resto basta mettere assieme Lenzi, Merli ed una città dannatamente adatta al poliziottesco come Nappule, e gli ingredienti per una bomba ci sono tutti. Merli qui riprende il suo celebre commissario Betti (già visto all'opera in Roma Violenta di Martinelli, ma pure in Roma A Mano Armata di Lenzi, dove però il commissario si chiama Tanzi) alle prese con la criminalità partenopea. Manco a dirlo, i metodi del commissario non sono ortodossi, non piacciono ai suoi superiori e neppure alla stampa politicamente corretta. Betti gioca sporco, infiltra agenti speciali nella Mala, se può ammazza, piuttosto che consegnare alla patrie galere. Li perseguita uno ad uno i delinquenti, nella speranza di poterli bellamente picchiare a sangue ("la grazia la dà il Presidente...io sono un semplice commissario"). Fin dal suo arrivo alla stazione dei treni, Betti nota come la città sia un esempio di rispetto delle regole, civiltà e morigeratezza, praticamente l'arena perfetta per lui che si mette all'opera, incazzato come sempre.
Molto belle le scene d'azione e gli inseguimenti, girati con la consueta maestria da Lenzi. Nell'intervista acclusa al dvd Federal, il regista spiega come molte delle sequenze fossero girate dal vero, non per megalomania, ma per necessità stringente, visto che il budget del film era quel che era, e la troupe doveva letteralmente approfittare di qualsiasi occasione si presentasse per arricchire e colorire il film. Ecco che un inseguimento tra Merli e Elio Zamuto al mercato, si intruppa in un vero funerale di qualche disgraziato (di quelli tipici napoletanti, con carro borbonico nero a forma d'uovo, cavalli e tutto il corteo); ecco che mentre Merli scheggia a 120 all'ora sull'Alfetta in piena città, impatta violentemente contro un Maggiolone che, tranquillo tranquillo, avanzava in un incrocio; robe così insomma, da denuncia penale, tant'è che Lenzi lo dice proprio, le Forze dell'Ordine cercavano regista e produttore per sbatterli in galera. Poi c'è la scena della funicolare, altro luogo tipico di Napoli; la produzione chiede che la funicolare venga assegnata per una intera giornata lavorativa al film, dunque inibita ai passeggeri. L'amministrazione traccheggia, poi rifiuta, ma poco dopo arrivano dei misteriosi tizi - dice Lenzi - vestiti come "funzionari sovietici degli anni '30" e sulla funivia compare dal nulla un cartello che la rende "inagibile". Lenzi attacca a girare, dalle 11 del mattino fino a buio, con Merli arrampicato sul tetto, Lenzi stesso e l'aiuto regista abbarbicati con la camera a riprendere Merli (altro che computer grafica), mentre a 50 cm dalla testa scorrevano i cavi elettrici ad alta tensione che alimentavano la funicolare. Lenzi racconta pure della "protezione" che il film ebbe in loco, un commando di sgherri lautamente stipendiato che badava al cast artistico e tecnico che quotidianamente girava per strada, prevenendo ogni "spiacevole inconveniente"; nonostante ciò, Lenzi ricevette comunque minacce telefoniche, ed il clima fu piuttosto arroventato. Molte delle comparse nel film hanno delle facce impagabili, particolarmente calzanti per il ruolo di feccia criminale; tutti napoletani che facevano a gara per partecipare al film. Il materiale umano a disposizione di Lenzi fu notevole.
Napoli è violenta per davvero nel film, grazie anche a inserti horror-splatter-sensazionalistici che Lenzi bada bene di non lesinare, vedi il tizio che muore impalato su un cancello, la poveraccia con la faccia scartavetrata sui vagoni della funicolare, o il poliziotto a cui viene sfasciato il cranio a colpi di palla da bowling. Eccellente la colonna sonora di Micalizzi, funkettona come da manuale, ma pure con inglobamenti tarantelleschi a esaltare il folclore locale. Merli, beh, è Merli, uno che girava le scene d'azione praticamente senza controfigure, e che inspiegabilmente è poi morto a 49 anni per una partitella di tennis. Leggevo che, finita la stagione dei polizziotteschi, il cinema lo abbandonò, e finalmente il criticame spocchiasnob potè vendicarsi, dopo tutti i film "proletari" che lui gli aveva fatto ingurgitare. Nessuno voleva Merli perché era "quello dei film violenti e fascisti", e l'attore non ebbe vita facile nel rimanere a galla, passata la stagione d'oro. Peccato, anche perché Merli era un attore vero, non una faccia da Bronson e basta. Il film in programmazione in anteprima a Napoli causò veri e propri episodi di disordine pubblico, masse urlanti volevano vederlo, e incassò 56 milioni in pochissimi giorni solo nel capoluogo. E questo fece incazzare i critici ancora di più....