Motorpsycho! di Russ Meyer è una pellicola che insospettabilmente mostra alcune sottotracce interpretative che l'intellighenzia critico (re)censoria non sospetterebbe neppure, impegnata com'è nel derubricare il cinema di Meyer a erotismo becero, reazionario, maschilista e volgare (all'epoca l'Hollywood Report scrisse: "un film che manca completamente di buon gusto"...e che però ovviamente spopolò nei drive-in). Visto anche come anticipatore dei biker movies (il film che viene ritenuto l'iniziatore del filone, The Wild Angels di Corman, è dell'anno dopo), Motorpsycho! narra le gesta di tre ragazzotti dell'America rurale e desertica, dediti a scorribande sulle loro motorette (niente Harley cromate, ma dei proto-scooter di una sfigaggine imbarazzante) e interessati al sesso e all'ultra violenza (quella che Alex il drugo metterà in pratica solo nel 1971). Meyer ci mostra uno spaccato della loro giornata tipo, i debosciati si imbattono in tre donne, tre maggiorate appartenenti alla nuova generazione di donne che Meyer offre abitualmente nei propri film. Donne "emancipate", consapevoli del proprio potenziale (primariamente sessuale), desiderose di una vita di agio e benessere e disposte a compromessi (come detto, consapevoli) per ottenerli. Donne spesso più intelligenti e argute degli uomini (che Meyer dipinge come sottosviluppati e mancamentati) che incarnano un modello di femminismo che molte femministe certo non avranno apprezzato. I tre bikers concepiscono i rapporti con l'altro sesso unicamente in chiave genitale, ed infatti il loro obbiettivo ineludibile è lo stupro, più o meno consenziente. Che poi le curve delle signore siano rigorosamente burrose, abbondanti e paradossali, appartiene alla estetica personale di Meyer, notoriamente fautore delle leonesse bene in carne e procaci.
Più in generale, l'incontro/scontro tra maschi e femmine è pessimisticamente inquadrato solo e soltanto nell'ottica del predominio sessuale, un rapporto di forza fatto di dominatori e dominate, che a ben vedere tende progressivamente a rovesciarsi, mettendo lo scettro del comando in mano alla donna, la quale addomestica e controlla l'uomo come una marionetta, agitando il proprio gigantesco seno e ancheggiando maliziosa (vedasi le movenze e la camminata felina di Sharon Lee al cospetto di Alex Rocco). Che poi, è un po' l'idea brassiana della donna che sceglie e decide, nonostante l'uomo creda il contrario. In Motorpsycho! la bella Haji, dopo essere sfuggita alle grinfie della gang dei motociclisti (che accoppano il suo anziano marito), trova protezione presso le braccia del veterinario Maddox (Rocco), il quale non viene ritratto come il principe azzurro moralmente integerrimo, ma bensì come l'ennesimo maschio arrogante che intende sottomettere la donna. Indicativa in tal senso la scena nella quale Maddox, dopo essere stato morso da un serpente, costringe letteralmente Haji a succhiare via il veleno, rimandando idealmente ad una fellatio. Dal canto suo Haji non viene ingenuamente soggiogata da Rocco, ma gioca le proprie carte e recita la propria parte, strategicamente, mirando ad un proprio tornaconto.
I tre bikers sono dei veri perdenti che agiscono con l'inganno ed il sotterfugio, poichè nei corpo a corpo diretti prendono sempre lo schiaffone. Uno è una specie di stupidotto che ascolta continuamente il rock n roll e va in uno stato di trance come fosse drogato. Mentre i suoi compagni violentano la bella moglie del veterinario, lui telefona alla mamma. Un altro, il capobanda, è un reduce del Vietnam, con evidenti turbe psichiche non risolte (tant'è che cadrà pure preda di allucinazioni durante la lotta con Haji e Rocco e verrà fatto saltare in aria con la dinamite). Non si può parlare di una critica troppo consapevole all'America del Vietnam (anche su questo il film di Meyer si può dire anticipatore dei vari Taxi Driver, Rambo, etc.) tuttavia è pur vero, che a suo modo, Meyer pone l'accento sulle difficoltà sociali del reduce, alienato e incapace di riadattarsi. Il terzo è un fighetto narciso e vanesio alla Elvis/James Dean/Fonzie, tutto attento al ciuffo e schiavo anch'egli del rock 'n' roll, tant'è che pare essere interessato più al ballo che alla carne di Holle Winters (la moglie del veterinario) quando i tre irrompono in casa sua per possederla. Il taglio che Meyer dà alla sua exploitation è grottesco, ironico, indubbiamente erotico; Meyer non si appassiona ai suoi protagonisti, non concede speranze concilianti e positive, non dà messaggi né interpreta alcunché secondo un qualche punto di vista. Quasi come un documentarista, il regista fotografa la realtà dell'America provinciale e selvaggia di metà anni 60, concentrandosi sui suoi tratti più beceri, rozzi, gretti, ma allo stesso tempo genuini, veraci, spontanei, vitali per quanto crudeli.
Il film è disseminato di cameo del cast tecnico, il manager della produzione è il benzinaio, l'assistente alla produzione è il paramedico dell'autombulanza, Meyer stesso si riserva il ruolo del poliziotto (che insinua che la povera Holle Winters, stuprata, ha subito quello che lei stessa ha voluto, intendendo una sua complicità nella violenza sessuale subita, secondo un adagio moralista abbastanza tipico, che vede la donna sempre e comunque ambigua e colpevole). E un anno dopo sarà la volta di Faster, Pussycat! Kill! Kill! dove i bikers violenti saranno sostituiti (brillantemente) da tre spogliarelliste indiavolate.