La morte di Papa Luciani (Giovanni Paolo I) dopo appena 33 giorni di pontificato sconvolse l'Italia nel 1978, indipendentemente dalla fede religiosa o dall'assenza di essa. Fu un fatto di cronaca, di storia, cultura e società che segnò quegli anni, la fine del decennio e la storia della Chiesa cattolica. L'evento, così raro, particolare e inaspettato, alimentò anche qualche dietrologia, affatto mitigata dal diniego di autopsia sul cadavere (come da costume pontificio). Anziché di infarto miocardico il giornalista investigativo britannico David Yallop scrisse di omicidio politico ad opera di cardinali dogmaticamente avversi alle tesi troppo aperturiste di Luciani, ad esempio sulla riforma dello IOR allora gestito da Marcinkus e sull'uso della contraccezione. Certo, il solo nome di Marcinkus suona evoca subito sangue e colonne in cronaca (per via dei fatti di Sindona e del crack del Banco Ambrosiano), inoltre arrivarono anche delle dichiarazioni di un pentito di Mafia a buttare benzina sul fuoco, ma il mistero, almeno formalmente è rimasto tale, e quella dell'infarto rimane la motivazione ufficiale e mai smentita. C'era comunque materiale per il cinema, così la pensò Marcello Aliprandi, già aiuto regista teatrale di Visconti e Lattuada. Nel'82 si occupa di Morte In Vaticano (suo ultimo film per il grande schermo), con Terence Stamp nei panni di papa Giovanni Clemente I (riferimento neanche troppo velato) e un giovane Fabrizio Bentivoglio al suo quinto film, nei panni di un furente e tormentato parroco.
La vicenda è parzialmente narrata in flashback, per poi tornare ad una narrazione presente all'incirca verso la metà del film. Parde Bruno Martello (Bentivoglio) è un parroco di periferia che frequenta le lezioni universitarie di teologia di padre Andreani (Stamp), anche qui l'assonanza con Luciani c'è. I due hanno modo di apprezzarsi reciprocamente e crescere assieme. Martello è in odore di marxismo, ha tesi estreme, polemiche, controcorrenti e ribelle verso l'establishment clericale, per questo viene osteggiato e spedito altrove. Per tutta risposta Martello parte per l'Oriente in cerca di risposte nel misticismo locale. Mentre Bruno è preda di ripensamenti, allucinazioni e deliri, Andreani diventa cardinale e poi Papa. E allora che le strade dei due tornano ad incrociarsi, tuttavia da latitudini opposte. Mentre Andreani si è avvicinato alle tesi riformiste e protestatarie del giovane Martello, questi è nel frattempo passato dalla Rivoluzione alla Reazione, affermandosi come un fanatico integralista che brama eserciti cattolici a battagliare contro l'est comunista. - SPOILER: all'interno del Vaticano l'estremizzazione delle posizioni di Andreani sono state viste con molto malumore ed apprensione, al punto che un drappello di cardinali, pare di capire in accordo con i Servizi Segreti e delle potenze straniere, pianificano un attentato al papa. Non occorrerà neppure compierlo, poiché basterà instillare il seme del male nella testa di Martello per far sì che proprio l'amatissimo discepolo di Andreani compia il volere della faccia più oscura della Chiesa.
Il film è come diviso in due parti, la prima di costruzione e squisitamente drammatica, la seconda un po' più dinamica, che sfocia apertamente nel thriller, anche se cosa accadrà è praticamente già scritto, quindi nessun brivido dovuto alla sorpresa. La pellicola fu addirittura sequestrata dopo la sua apparizione al Festival del cinema di Venezia. Sui due filoni principali si inserisce un po' di pepe politico (inevitabile, vista la cronaca del periodo), una parentesi sentimentale legata a doppio filo alla politica, poiché Martello si invaghisce ed ha una fugace relazione con quella che pare essere una sorta di brigatista (Paula Molina) ed infine tutta la parte indiana, con Bentivoglio che si perde tra misteriose alture, assiste ad episodi di folclore locale, viene infine scortato da una sorta di sapiente che filosofeggia e offre a Bentivoglio un intruglio attraverso il quale avrà delle visioni catartiche e rivelatrici oppure morirà. Dopo questo passaggio esistenziale (nel quale padre Martello preconizza Andreani eletto pontefice ma perseguitato da una figura nera, che poi si rivelerà una estremamente prossima e familiare a Martello....), il pretino di parrocchia assume i connotati di un moderno fustigatore del lassismo clericale e dell'ateismo, tanto da porsi in aperta contraddizione col mentore di una vita, Andreani. I dialoghi non sono particolarmente riusciti; quando non vagano per massimi sistemi, si fanno troppo banali e inconsistenti. Dall'alto della sua statura, neppure Stamp riesce ad imprimere caratteri di incisività e solidità alla storia, che viene rappresentata in modo complessivamente modesto e piatto.
Non c'è estro nella regia, tutto è ordinato e pulito ma mai particolarmente approfondito o capace di colpire lo spettatore. Bentivoglio con la sua interpretazione turbata e arrovellata cerca di sfuggire alla orizzontalità della messa in scena, ma qui risulta ancora acerbo rispetto alla sua carriera post Salvatores. La stessa sceneggiatura (di per sé non epocale) messa in mano ad un Bellocchio, o anche ad un o Squitieri come quello di Russicum - I Giorni Del Diavolo, avrebbe potuto avere tutt'altro piglio e vitalità, sia sul versante politico che su quello schiettamente thriller. La locandina di questa co-produzione italo-spagnola trae un po' in inganno poiché sembra preludere a chissà quale pellicola super spionistica, quando invece quel fucile occupa la scena si e no per 5 minuti su 105. Vanno spese tra l'altro due parole sul misteriosissimo congegno ad infrarorossi che permette al cecchino di vedere ovunque, oltrepassando pareti solide semplicemente premendo un pulsantino pezzente legato con dei fili al corpo del fucile; uno sfoggio "tecnologico" (si fa per dire) del tutto inutile e fine a se stesso, senza alcuna necessità di esistere nel film. Musiche di Pino Donaggio. In qualche misura Morte In Vaticano anticipa qualcosa della fortunatissima saga del Codice Da Vinci di Dan Brown, anche se qui non c'è alcun esoterismo ad infiocchettare le trame perverse e criminali, quanto piuttosto l'esasperazione della più bieca e prosaica realpolitik vaticana.