Mondo Topless

Mondo Topless
Mondo Topless

R. Lasagna e M. Benvegnù, nel loro saggio "Russ Meyer. Una macchina da presa tra le gambe dell'American Dream" (edito per Castelvecchi nel 2000) affermano che Mondo Topless (1966) è una delle pellicole più anomale nella carriera del regista. Un semi-documentario alla stregua dei Mondo movies e dei sottogeneri da essi derivati, ovvero i reportage scandalistici che nei primi '60 imperversavano nelle sale europee e di riflesso in quelle d'Oltreoceano. Ovviamente Meyer ne fa la parodia e porta alle estreme conseguenze, fino a esasperazioni paradossali, quel tanto di richiamo erotico che negli originali italiani riusciva a malapena a trapelare. Mondo Topless è il trionfo della sessualità, del nudismo, del corporeo, della bellezza femminile esibita attraverso l'ostentazione dell'elemento materno-affettivo (il grosso seno). Mondo Topless diventa anche un omaggio al quadrato al mondo dello spettacolo (striptease, vaudeville, musical) che mette in scena la nudità della donna. Ma - e qui è da rilevare l'intuizione del regista - questo non avviene attraverso la morbosità dell'inchiesta o il realismo giornalistico; al contrario Meyer, quasi in funzione straniante, ovvero in senso epico-brechtiano, colloca le proprie dee e dive su scenari naturalisti idilliaci (accanto al verde dei prati o dei boschi però ci sono quasi sempre segni di progresso e industrializzazione), facendo narrare alle stesse protagoniste, con la voce fuori campo, i motivi delle loro scelte, fino quasi a creare una filosofia del topless, con ragionamenti tra il grottesco e l'esistenziale. Ovviamente a produrre ancora più distacco critico irrompe il frazionamento dei singoli racconti con un montaggio che alterna, incrocia, rimescola le storie parallele.

Il tono goliardico e spregiudicato, scandito dalla reiterazione monotona delle numerose performance delle danzatrici-spogliarelliste, induce lo spettatore a ripensare il suo ruolo di fruitore passivo delle immagini. Pur senza essere un film critico, Mondo Topless è eversivo nell'accezione più ludica e sensuale del termine. Il ritmo è il vero segno che contraddistingue l'energico exploit di Mondo Topless. Il racconto difatti è più propriamente una sorta di anti-racconto: nell'ininterrotto susseguirsi di bellezze mozzafiato Meyer condensa il suo stile più compulsivo e cinestetico. Raramente la macchina da presa si sofferma per più di 4 secondi sulla stessa inquadratura; i corpi devono essere in eterno movimento, così come devono mostrarsi inappagati e scoppiettanti i seni delle belle fanciulle, un caleidoscopio di mammelle di svariate misure e qualità. Le donne, almeno quelle di Meyer, non sono più le candide e rassicuranti dispensatrici di sogni e prosaiche certezze che popolavano le fantasie dei militari durante la seconda guerra mondiale (e il cinema statuintense di tutti gli anni '40). Non sono neppure delle devote del sacrificio come vorrebbe un'ottica conservatrice di stampo patriarcale. Lo stereotipo culturale e cinematografico del dopoguerra viene bandito da Meyer. La donna parla in modo franco, senza infingimenti (Babette Bardot nel film dice: "Se un uomo vuol fare l'amore con me deve dirmelo, non c'è niente di male nel dire una cosa di questo tipo. Preferisco l'uomo romantico. Non sopporto la violenza"). L'ironica ed iperbolica voce narrante lungo tutto il film è quella di Meyer stesso. La pellicola comprende pure il provino effettuato da Lorna Maitland per il film Lorna (1964), per altro all'epoca incinta.

Trailer ufficiale

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