Megalopolis

Megalopolis
Megalopolis

Annunciato come un capolavoro visionario e al contempo come uno dei film più fallimentari della storia, Megalopolis di Coppola è il prodotto di un regista ultra ottantenne che ha fatto il Cinema con la C maiuscola, che è incarnazione stessa del cinema, un maestro indiscusso riconosciuto da tutti come tale. Megalopolis si configura quasi come un suo testamento, il film che voleva fare ad ogni costo, ed infatti il costo è stato sanguinario, costringendo Coppola ad impiegare un patrimonio di tasca propria. Intendiamoci, per un miliardario anche il flop più clamoroso non mette in discussione l'agiatezza del suo conto in banca - mentre invece non portare a termine questo progetto ne avrebbe pesantemente minato la serenità - tuttavia non è affatto cosa comune che ad Hollywood un regista rischi del proprio fino a questo punto, la dedizione e l'amore di Coppola per Megalopolis sono del tutto evidenti. Così come l'urgenza di girare questa favola, da lui stesso definita tale, ovvero di poter dare al pubblico la sua visione del mondo, dell'uomo e del futuro. 138 minuti che sono un'immensità di cose, financo troppe, citazioni di Shakespeare, di Marco Aurelio, di Fellini, sono storia romana, sociologia, filosofia, narrazione immaginifica, storia del cinema, metafora, allegoria, simbolismo. Megalopolis è Coppola, molto probabilmente Catilina stesso (Adam Driver) è espressione di Francis Ford Coppola, un uomo tormentato, con un passato che non lo rende fiero di sé ma con un'idea di futuro al servizio dell'umanità, una visione geniale e strabordante che confina con l'utopia (e forse con la distopia, il rovescio della stessa medaglia), come utopico è il cinema di Coppola. Essendo regista e produttore di se stesso non ha avuto limiti né divieti, e questo ha elevato a potenza l'ambizione e la megalomania di un'opera che nasce per essere megalomane e senza confini. C'è talmente tanto in Megalopolis che saranno necessarie almeno 2 o 3 visioni per comprenderlo pienamente e poter godere di ogni singolo dettaglio e particolare.

Fotografia, effetti speciali, cast, musiche, scenografie, costumi, tutto è rutilante in Megalopolis, un film che va dal Caligola di Brass al Joan Lui di Celentano. Certo, la sovrapposizione della decadente civiltà romana con la decadente civiltà americana è vista secondo l'ottica di un americano, con tutto ciò che ne consegue (un'idea sempre molto kitsch, opulenta, pacchiana e grottesca di Roma), ma è tutto funzionale al messaggio che Coppola cerca di veicolare nel film, il suo neo umanesimo ha come fine ed obbiettivo elevare l'uomo al di sopra della mediocrità, aprirgli nuove vie, nuove strade, nuovi orizzonti, destabilizzare lo status quo, distruggere per (ri)costruire. Gli attori di questa storia sono enormi, ognuno si mangia la parte, la sceneggiatura e il film tutto. I riferimenti al presente sono gustosi e affatto celati, Shia LeBeouf è un Trump particolarmente disturbante, così come Grace VanderWaal è una sorta di Britney Spears che è a sua volta è paradigma del marcio star system yankee, continuamente alla ricerca di teen idol da sessualizzare e al contempo vendere come anime candide e virginali, le quali poi inevitabilmente si corrompono fino all'estremo opposto.

Megalopolis visivamente è bellissimo ed appagante, ma sa essere a tratti anche imbarazzante (penso all'effetto del megalodon applicato sull'occhio destro di Driver, davvero maldestro e grossolano). E' una babilonia caotica, dispersiva, imperfetta, squilibrata, di una intensità pazzesca, potente e destabilizzante. Coppola dice di averci cominciato a lavorare sin dai tempi di Apocalypse Now e di averla portata avanti collateralmente alle sue produzioni anno dopo anno, decennio dopo decennio, collezionando materiale utile. Poi sono venuti gli anni dell'ostilità degli studios hollywoodiani, indisponibili ad imbarcarsi in un progetto economicamente così oneroso e rischioso, circa 120 milioni di dollari finali. Megalopolis è (e sarà) un film divisivo, capace di suscitare amore incondizionato quanto fastidio e derisione, destino riservato per altro a molti capolavori del passato. Un kolossal a tutti gli effetti degno di questa nomea, come lo furono Cleopatra di Mankiewicz o il Barry Lyndon di Kubrick, film larger than life il il cui grado di autolesionismo è stato pari solo al coraggio di gettarsi in una simile impresa.

Trailer ufficiale

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