A pochi mesi di distanza da Matrix Reloaded, Revolutions giunge a compimento della saga. I due sequel vengono concepiti assieme e rilasciati, appunto, quasi in contemporanea. Questo garantisce continuità ed omogeneità al racconto, anche se il rovescio della medaglia è che suppergiù pare di vedere sempre lo stesso film, un flusso continuo ininterrotto, per altro ambientato in un universo di per sé già sufficientemente buio e claustrofobico. C'è da immaginarsi che rientrasse nell'obbiettivo prefissato, quindi - in tal caso - traguardo pienamente raggiunto dai creatori di Matrix, le sorelle (allora fratelli) Wachowski. Il film non ha neppure i titoli di testa, proprio a sottolineare che tra Reloaded e Revolutions c'è appena stata un po' di pubblicità, ma lo spettatore in realtà è come se non si fosse mai neppure alzato dalla poltroncina del cinema. Siamo immediatamente nel pieno dell'azione, Zion è sotto assedio, prossima alla capitolazione, Neo (Keanu Reeves) è nei guai, Morpheus (Laurence Fishburne) e Trinity (Carrie-Ann Moss) cercano di salvarlo, intercedendo per lui alla corte di vari programmi (Prince, l'Oracolo, L'Uomo del Treno, Il Merovingio). Il fulcro di questo terzo capitolo è il raggiungimento della parabola mistica e messianica di Neo, eletto a liberare l'umanità da Matrix. Il suo destino sta per compiersi e nuovamente, nel far ciò, si riverberano similitudini ed attinenze con la cristologia. Dopotutto Matrix è una religione a tutti gli effetti. Cecità, chiaroveggenza, preveggenza, sono anche nuove eco del Dune di Frank Herbert, opera letteraria ben presente alle Wachowski durante l'elaborazione di Matrix. Niobe e l'Oracolo vedono un cambio di attrici, poiché le rispettive interpreti precedenti muoiono durante le riprese di Reloaded.
Come già accaduto con Reloaded, forte del riconoscimento oramai acquisito, Matrix si eterna come istitutore di mode e costumi, soprattutto costumi. I personaggi sono sempre più fashion, mise in pelle e occhiali da sole sono uniformi di ordinanza, ed anche dei grandi viveur come il Merovingio o Persephone sfoggiano abiti degni di stilisti di grido. La Bellucci, ancora più che in Reloaded, illumina lo schermo, appare per pochissimi fotogrammi ma il suo vestito rosso fuoco che le strizza i seni è al cardiopalma, finendo con l'essere il fotogramma che rimane più impresso di tutto il film (se non dell'intera trilogia). Grande contraltare di Neo diventa l'Agente Smith (Hugo Weaving), sorta di nemesi a tutto campo dell'Eletto, nonché "boss finale" (si però....quanto parla per essere un programma che vuole solo distruggere!). La battaglia di Zion occupa gran parte del film, replicando quella al Fosso di Helm del Signore Degli Anelli. Un tripudio di fantascienza meccanica con fantastiliardi di seppie robotiche che oscurano le volte di Zion, strenuamente difesa da generali militari incastonati in armature in tutto e per tutto debitrici dell'esoscheletro con il quale Ellen Ripley fronteggia gli xenomorfi in Aliens. La parte conclusiva è naturalmente dedicata all'immolazione di Neo, il quale fronteggia definitivamente l'Agente Smith, annientandolo attraverso il proprio sacrificio (più cristologico di così si muore, e infatti muore). La guerra tra le macchine e gli umani si arresta, si tratta di tregua armata ma è pur sempre un passo avanti.... in attesa di Matrix IV, che dovrebbe arrivare in questo 2020, 17 anni dopo Revolutions, e che dovrebbe vedere ancora le Wachowski alla sceneggiatura (ma la sola Lana alla regia) e perlomeno Reeves e la Moss tra gli interpreti principali. Entrambi defunti in teoria, ma si sa, al cinema tutto è possibile e, in fin dei conti, Neo chiude Revolutions essendo assurto a livelli di divinità trascendentale che può tutto ed il contrario di tutto. Amen.
Revolutions conclude la trilogia in modo opulento, fastoso e un po' pesante (oramai una certa pretenziosità si fa conclamata), e si arriva sfiniti al termine degli oltre 400 minuti che costituiscono la saga. Pur essendo stato l'ottavo miglior incasso del 2003, Revolutions fu anche l'episodio con meno biglietti venduti dei tre, segno che evidentemente il pubblico un po' iniziava a stancarsi. Anche dal punto di vista della critica si trattò di quello meno elogiato. Successivamente ai riconoscimenti planetari ottenuti grazie a Matrix, le Wachowski non sono riuscite a replicarne i livelli raggiunti, le loro altre produzioni (Speed Racer, Cloud Atlas, Jupiter), sempre molto ambiziose, hanno ricevuto un'accoglienza ambivalente, sia a livello di pubblico che di critica.