Tornatore è un regista con il quale non ho un rapporto troppo disteso, pur ritenendolo estremamente capace e dotato, spesso esco affaticato dalla visione di una sua storia, appesantito. Gran palato estetico, senso di grandeur, voglia di raccontare, un certo tocco classico e retrò, e tuttavia anche un retrogusto tutto suo che non di rado sfocia nella retorica e nell'enfasi oltremodo cariche, con accenti imprevedibilmente grotteschi che veleggiano borderline tra il guizzo estroso e la caduta di stile. A Malèna arriva dopo due pellicole per certi versi "tremende" (sempre secondo la lettura ambivalente sopra esposta), ovvero L'Uomo Delle Stelle e La Leggenda Del Pianista Sull'Oceano, inoltre Malèna ha il carico aggiunto di essere il film che traghetta Tornatore nel nuovo millennio, nei suoi 109 minuti confluiscono passato, presente e futuro della sua idea di cinema. Il budget è cospicuo, lo si intuisce dopo i primi 10 minuti, ed infatti si tratta di una coproduzione con la Miramax americana del vituperato Weinstein. Lo zio Sam è sin dentro la sceneggiatura, visto che la vicenda è ambientata al volgere della seconda guerra mondiale, partendo dal '40 ed arrivando alla liberazione da parte degli alleati anche e segnatamente della Sicilia, nel paesino immaginare di Castelcutò, equamente distribuito tra Siracusa, Catania, Realmonte (AG) e Poggioreale (TP). Qui vive Maddalena "Malèna" Scordia (Monica Bellucci), quasi vedova di guerra e bellezza ambita da tutto il paese, compresi i ragazzini che giunti sulla soglia dei dodici anni iniziano a comprendere perfettamente il valore di quella bellezza. Più di tutti la sente addosso Renato (Giuseppe Sulfaro), combattuto tra istinti fisiologici ed un senso di protezione verso quella donna sola, malinconica ed oggetto delle peggiori malelingue paesane. La parabola di Malèna è terribile, intrisa di pena, infelicità, scorno e romitaggio ininterrotto. Renato narra sotto forma di flashback, tant'è che nel finale dirà come, essendo diventato oramai vecchio, e pur avendo avuto molte donne, le abbia puntualmente tutte scordate, tutte tranne Malèna, che occupò per un fazzoletto di anni appena la sua vita, marchiandola però indelebilmente.
La riflessione che mi è venuta in mente vedendo il film (per altro in una fantastica edizione bluray coreana, integrale e colma di extra) è il possibile parallelo con La Grande Bellezza di Sorrentino. Pensateci bene, i due film condividono gli stessi "difetti", una trama piuttosto scarna ed esile, una ossessiva ripetizione di certe scene (da una parte i balli mondani di Sorrentino, dall'altra le lunghe passeggiate di Malèna attraverso il paese, sotto gli sguardi di tutti e con Renato che la segue discretamente, sempre un passo indietro, con la sua bicicletta), una prevalenza della forma sul contenuto, con un'attenzione smisurata per le immagini, le location, i set gargantueschi, patinati e approvati dalle rispettive proloco (Roma e la Sicilia), una durata pleonastica rispetto alla sostanza della narrazione, una certa ipertrofia registica. Eppure, stabilite queste condizioni di partenza, l'esito ha portato un Oscar a Sorrentino, affogato in una pletora quasi imbarazzante di lodi, mentre per Tornatore le critiche sono state ben più sprezzanti. C'è chi ha definito Malèna una commedia sexy in versione drammatica, chi come Mereghetti ha parlato di film tragicamente malriuscito, leccato e kitsch, accodandosi ad un certo gusto sadico nello stigmatizzare la pellicola, facendo anche venire il dubbio che la scelta di Tornatore di affidare il ruolo di protagonista a Monica Bellucci abbia giocato un ruolo pregiudiziale e snobistico in tanto accanimento. Anche perché onestamente non si capirebbe altrimenti la differenza di approccio rispetto alle precedenti pellicole di Tornatore, nelle quali il suo stile, la sua cifra sono esattamente gli stessi (ma senza la Bellucci....).
Anche per quanto mi riguarda, non tutto è esente da critiche in Malèna, gli accenti sin troppo grotteschi che Tornatore imprime al racconto (soprattutto per quanto riguarda l'attività onanistica di Renato) a volte declassano un po' il film; il gioco metacinematografico del ragazzino che si immagina al centro delle pellicole che lo fanno sognare ad occhi aperti (i western, i film di gangster, quelli di avventura) sono altrettanto stirati ed eccentrici, ma tutto sommato rientrano tra le trovate "possibili" da accettare e comunque sono un segno di vitalità all'interno di un panorama altrimenti sin troppo di maniera e ingessato. La famiglia di Renato invece è totalmente caricaturale, con un babbo macchietta ed una mamma ridotta ad una fontana piangente ininterrotta, né ho apprezzato alcune velocizzazioni (appena percettibili), come quando il ragazzino insegue Malèna in bicicletta o viene picchiato dal padre. Detto tutto ciò, Malèna è comunque un film a tratti superlativo, al quale senza ombra di dubbio non difettano eleganza, grande respiro, umanità e afflato narrativo. Tornatore riesce a far convivere luce ed ombra, alternando parentesi buffe, sospiri erotici ed urti drammatici. In particolare la scena della "flagellazione" di Malèna (davvero non saprei trovare altro termine per etichettarla) è di una violenza e di una angoscia enormi, e la Bellucci - con buona pace dei suoi detrattori - la interpreta (ma sarebbe meglio dire la subisce), divinamente, le sue urla animalesche, cariche di rabbia verso i suoi compaesani (in particolare quelli maschi, che fino al giorno prima l'avevano desiderata, bramata, vagheggiata ed importunata fino all'asfissia) spezzano il cuore. Così come quando Malèna, anni dopo, farà ritorno a Castelcutò, il suo primo incontro con le donne che l'avevano picchiata è un autentico cazzotto nello stomaco. Quei secondi eterni, interminabili, nei quali Malèna decide come reagire al saluto di benvenuto, sono l'anima più profonda e dolente di tutto il film, un vero capolavoro di Tornatore (e di Monica Bellucci). Sulla bellezza carnale dell'attrice umbra non c'è nemmeno da discutere, qui forse è al suo massimo, letteralmente accecante, in grado di causare autentico annebbiamento in chi la guarda. Le musiche di Morricone sono stupende e commoventi, forse persino "troppo" per un film come Malèna. Personalmente mi ritroverò sempre dalla parte di chi difende questo lavoro di Tornatore, imperfetto, criticabile per alcuni aspetti, ma cionondimeno un esempio di grandissimo cinema (italiano), emozionante e coinvolgente, assai più apprezzato all'estero che in patria, il che non è una gran novità.