Benbow vs commedia italiana contemporanea, la sfida continua. La faida, che oramai va avanti da diversi anni, si arricchisce di un nuovo capitolo: Maldamore di Angelo Longoni (2014), anche se purtroppo non ci sono sorprese, un po' come negli arbitraggi della Juve, il risultato è noto "prima che arbitro fischia" (come avrebbe detto Boskov). Che mi fa il Longoni, autore teatrale, televisivo, sceneggiatore e persino attore in un paio di pellicole, qui regista di cine per la prima volta? Mi schiera un cast ricco e opulento con Ambra Angioini, Alessio Boni, Luca Zingaretti e Luisa Ranieri, e uno che pare il figlio di Ligabue ma invece è Eugenio Franceschini, e li mette a guarnire.... indovinate un po'? Una commedia sull'ammore, i sentimenti, i tradimenti e le paturnie dei 40enni. Non si era mai vista una cosa del genere nel cinema italiano! No veramente... siamo al salto nel buio, Longoni si è preso un rischio mica da ridere! E sai le camicie sudate per trovare un produttore disposto a investire soldi in un progetto così temerario, anarchico e senza alcuna speranza di ritorno economico in sala?
Ambra e Zingaretti sono una coppia con una figlia, lei vuole averne un altro, lui è un traditore seriale. Boni e la Ranieri sono l'altra coppia, entrambi scoprono di essersi traditi, e soprattutto Boni non riesce ad accettare l'adulterio da parte della moglie. Tre righe di sceneggiatura, poi parte la sequela infinita di battibecchi, ovvietà e mini scenette pseudo comiche un tanto al chilo. Tutto da manuale, rispettato col bilancino. Ambra è la solita psicolabile, insicura, fragile emotivamente, ad un passo dallo Xanax; Zingaretti è il solito furbone, guascone italiano alla Alberto Sordi che appena ti giri te lo mette in der posto; Boni è l'ingenuo che casca dal pero (il Fabrizio Bentivoglio e/o Sergio Castellitto della situazione, tanto per capirci); la Ranieri è la via di mezzo, donna più logica e razionale di Ambra ma pure lei preda di isterismi, facce, faccette e faccine. Personaggi macchietta, esasperati (ed esasperanti) nella gestualità corporea, nelle reazioni, nei dialoghi. Sempre un passo oltre il plausibile. E qui la excusatio non petita è che si tratta di una commedia, quindi l'esser sopra le righe fa parte del gioco, si accentuano situazioni e personaggi per far ridere, partendo da situazioni vere. Non si può però prescindere dalla credibilità, a patto di non dedicarsi a qualcosa di dichiaratamente demenziale e surreale, cosa che giammai i cineasti italiani sarebbero disposti ad accollarsi, profeti della "società reale" che si incaricano di ritrarre.
Maldamore è esagerato nel suo tirare la corda del ridicolo, mette in fila una serie di scenette stupide e mai accettabili, puffette e gargamelle che si inseguono e si scontrano, e che richiedono un cervello settato rigorosamente su "off" quanto e più del blockbuster americano di turno accusato (a prescindere) di superficialità. Zingaretti ed Ambra sono due cartoni animati, con la coazione a ripetere eternamente lo stesso tipo caricaturale; Boni è un incontro impossibile di velleità, fisicatissimo ma ha l'aria da vecchio, è un puro rispetto al diabolico Zingaretti ma in realtà pure lui ha tradito, è sincero nei sentimenti verso la Ranieri ma allo stesso tempo ha i vizi culturali del tipico maschio italiano. Insomma è tutto e il contrario di tutto. La Ranieri ne esce leggermente meglio degli altri, ma le sue continue gag col collega Ettore Bassi sono al minimo sindacale, idem per l'altro sparring partner, l'aspirante suicida Adolfo Margiotta. Aggiungeteci le mefitiche musiche di Sergio Cammariere (dico Sergio Cammariere... si poteva concepire un'ordalia più terribile per una commedia?), una prevedibilità assoluta sotto ogni punto di vista, regia, fotografia, sceneggiatura, recitazione, finale rigorosamente lieto, rassicurante e consolatorio. E come dimenticarsi dei cameo della Gerini e della Cucinotta, sprecate per due ruoli che più modesti e periferici non sarebbero potuti essere? Se la presenza della Cucinotta, in quanto produttrice del film, può avere un suo perché "ludico" e metacinematografico, quella della Gerini lascia il tempo che trova. Gradevolissima presenza per gli occhi, per carità, però con lo stesso cachet si sarebbe potuto stipendiare un Cristo di parrucchiere degno di questo nome per il taglio di capelli delle due protagoniste, uno più immondo dell'altro. Ed anche, di rincalzo, pensare ad un correttore di bozze che evitasse tutto quello strillìo iniziale dallo sgradevolissimo effetto Muccino: tutti contro tutti a 2000 decibel. Ma niente, continuiamo così, facciamoci del male... (cit.).