Quando Pozzetto ancora doveva costruirsi il personaggio che poi lo avrebbe reso celebre in tante commedie del nostro cinema (il milanese bamboccione, sognatore, ingenuo e di buon cuore), ad un regista esordiente di appena 25 anni fu affidata la direzione di questo film. Certo, il fatto che si trattasse del figlio di Steno ha sicuramente dato una mano, però sempre di scommessa si trattava. E' così che nel 1976 Carlo Vanzina, già coadiuvato dal fratello Enrico per la sceneggiatura, e prodotto da Achille Manzotti, esordisce dietro la MdP con Luna Di Miele In Tre, affidandosi alla premiata coppia televisiva Cochi e Renato, ed aggiungendo al cast Massimo Boldi (quando ancora aveva i capelli e non era una serie di slogan a mitraglietta). Il cast del film di peculiarità ne ha parecchie, perché va anche aggiunto il pornodivo Harry Reems nell'insolito (per lui) ruolo di checca, la modella americana Kirsten Gille (praticamente nel ruolo di se stessa), piuttosto attiva nel nostro cinema di genere negli anni '70, il mitico "Manzotin" Giulio Rinaldi, Felice Andreasi, Vincent Gardenia in un pessimo ruolo (che lui nobilita come può) e Stefania Casini costretta ad impersonare una moglie dal fisico goffo, "imbruttito" e nascosto (per quanto possibile) per esigenze di copione.
Alfredo Riva è un cameriere farfallone costretto a convolare a nozze con Graziella (cassiera nel bar del padre) per averla messa incinta. Contemporaneamente vince un viaggio in Giamaica grazie a Playmen di cui è assiduo lettore. Può trascorrere 5 giorni d'amore con una modella del giornale. Alfredo organizza dunque il viaggio di nozze proprio in Giamaica, trovandosi nella non facile situazione di gestire la moglie e l'ambitissimo "premio" atteso una vita. Di per sé la situazione è priva di grandi colpi di genio, un classico meccanismo da commedia all'italiana (più o meno scollacciata) del periodo. Ci si aspetta quindi un po' di belle donne, qualche nudo, battute e quella giusta dose di volgarità. E tutto questo nel film c'è, ora più ora meno. Ma non è l'originalità della situazione o dello script a sorprendere quanto il buon ritmo, le interpretazioni degli attori e le gag tutto sommato divertenti. Un giocattolo insomma ben oliato che porta a casa il risultato; un film che strappa le sue risate pur senza essere un capolavoro. Tutto funziona a dovere, i personaggi sono ben caratterizzati e Pozzetto imperversa da vero mattatore. Ancora è vittima di qualche tormentone di troppo (ripete continuamente "esatto"), ma la sua mimica lo tira fuori da ogni situazione. Simpatica e stordita la Casini, assai meno significativa la Gille, che esiste solo in funzione dei vestiti di scena che (non) indossa, perché per il resto tocca vette di anonimato recitativo notevoli. Una spalla solida ed affidabile il buon Cochi. Perfetto Felice Andreasi col suo blocchetto delle "note negative" sempre in mano. Carine le location giamaicane, che danno un po' di colore al set. Vanzina dirige con una certa scioltezza, lo dimostra il fatto che a distanza di così tanti anni il film si lascia vedere sempre molto volentieri.