Ancora intriso dei fumi mefitici dell'età georgiana messa in scena con Gothic (1986), alle prese con le allucinazioni per l'appunto gotiche di Percy Bysshe Shelley, Mary Shelley, John Polidori e Lord Byron, Ken Russell si sposta in avanti di appena qualche decennio, trasferendosi nell'età vittoriana e ponendo stavolta la propria attenzione su Oscar Wilde. Il poeta e drammaturgo inglese è ritratto in una serata londinese nella quale assiste ad una improvvisata rappresentazione della sua Salomè presso un bordello che è solito frequentare. Vi si reca assieme al fido e amato Bosie (Douglas Hodge), anch'egli a sorpresa parte dei teatranti (nel ruolo di Giovanni Battista), come del resto lo sono tutte le prostitute ed il tenutario del bordello. Salomè è impersonata da una servetta peperina (Imogen Millais-Scott) ed Erodiade da una grande attrice londinese (Glenda Jackson). Russell si impegna in un'opera metacinematografica nella quale lo spettatore guarda Wilde (Nickolas Grace) che guarda la Salomè, in un continuo rimando di giochi di sponda e quinte teatrali che rendono il film estremamente vivace e frizzante. Nudità, erotismo, trasgressione e provocazione percorrono in lungo e largo l'opera, con una spiccata preferenza per l'omosessualità, in omaggio ai gusti di Wilde.
La storia di Salomè alle prese con il povero Battista è nota, diventa quindi molto più interessante cosa ci costruisce attorno Russell. La principessa di Giudea ingaggia una battaglia addirittura con Wilde poiché entrambi si contendono il Battista/Bosie, Wilde soffre nel vederlo umiliato eppure al contempo non si risparmia una tresca con un paggetto di scena, un ragazzino dal bel fisico che affascina parecchio anche Bosie e che Wilde sembra sottrargli proprio a dispetto (potendo resistere a tutto tranne che alle tentazioni....). Che finzione della rappresentazione e realtà vittoriana si sovrappongano e si confondano appare chiaro anche nel finale, quando apprendiamo della sorte toccata a Salomè. Al bordello irrompe la polizia che arresta Wilde e il gestore del bordello; nel caso del poeta il sospetto è che sia stato proprio Bosie a denunciarlo per gelosia. I costumi molto carichi e pacchiani sono un elemento assai importante nella rappresentazione, Erodiade indossa quello di Lady Macbeth, Erode è una specie di paffuto ubriacone da taverna che pare uscito dal Caligola di Brass, Battista è un allucinato, Salomè è una fata diabolica. La povera Imogen Millais-Scott era reduce da una forte mononucleosi che l'aveva fortemente debilitata poche settimane prima delle riprese, tuttavia Russell insistette per averla pur usando degli accorgimenti, come ad esempio la danza dei sette veli fatta interpretare ad una controfigura per paura del forte stato di debolezza dell'attrice. Questo rende quelle sequenze molto più dinamiche e spettacolari, pure troppo se si pensa all'epilogo della danza. La controfigura è in realtà un uomo e quando rotea il suo sedere a favore di camera lo spettatore è convinto di guardare quello della Millais-Scott, o perlomeno quello di una donna, ma avrà ben presto evidenze diverse ed inconfutabili.
Russell mescola artatamente episodi biografici di Wilde tra loro e li intreccia con questa rappresentazione dell'opera maledetta e proibitissima nella Londra dell'epoca, producendo un quadro generale molto suggestivo. La sceneggiatura è estremamente verbosa anche se i guizzi di Russell sono presenti in gran quantità e rendono assai ritmato l'incedere della pellicola. Tutto è parecchio estremo, volutamente kitsch, farsesco, demenziale, crudo, brutale, osceno, parossistico. Al circo non mancano nemmeno i nani, tre buffi ometti che interpretano dei rabbini ciarlieri (immagino la bella impressione suscitata nella comunità ebraica, ma Russell sapeva solo farsi nemici, indistintamente). Lo stesso regista appare in un cameo interpretando una sorta di fotografo di scena ed effettista. L'atmosfera ha un che di magico ed irreale, sia sopra che sotto il palco. Le scenografie teatrali sono semplici ma ben fatte, con il colore della luna che in modo umorale cambia seguendo il tono della rappresentazione. Russell scommise di riuscire a contenersi in un budget di 1 milione di dollari ma sforò per 300.000. Al solito i critici accolsero con la bocca storta il film, ritenendolo persino noioso, probabilmente l'unico attributo in assoluto non riferibile alla Salomè. Come tutti i lavori di Russell non si tratta di un film per tutti, un gioco di parole che tuttavia ben definisce il corpus del regista britannico, tuttavia L'Ultima Salomè non scorre via anonimo e difficilmente non rimarrà impresso allo spettatore.