Luc Besson sviluppa l'idea del film (che sceneggia oltre che dirigere) dopo aver visto un documentario sull'australopiteca Lucy, quella che viene considerata la prima donna sulla Terra. Più in generale Besson si proclama un appassionato di scienza ed unendo questi due forti stimoli concepisce Lucy, l'avventura super action di una donna che per una serie di circostanze assume un enorme quantitativo di droga sintetica (modellata sulle sostanze con cui una partoriente nutre il proprio feto agevolandone la costruzione delle ossa e dello scheletro) al punto tale da sviluppare i poteri del proprio cervello oltre ogni limite. Lucy (Scarlett Johansson) passa da essere un corriere (suo malgrado) della droga coreana ad una sorta di super eroina che si fa giustizia e favorisce il progresso della scienza, affidandosi al prof. Samuel Normann (Morgan Freeman), che da sempre studia come sviluppare le potenzialità umane. L'assunto di base del film verte sulla teoria dell'uso del 10% del cervello, emersa in svariate pellicole del genere ma - ahimè - ampiamente smentita dalla scienza, quella vera. Secondo Besson ed il prof. Normann se avessimo accesso a percentuali più alte dei nostri neuroni (attivi) potremmo controllare perfettamente il nostro corpo, addirittura quello altrui e la materia, sino a diventare Dio nel caso del 100% (7 miliardi di Dio evidentemente). A Lucy progressivamente accade proprio questo, c'è addirittura un contatore che ci tiene aggiornati via via che la protagonista sale di livello, come in un videogame. Accade così che al solo entrare in una stanza Lucy possa far svenire decine di uomini semplicemente con un gesto; non si capisce la differenza con la normale routine della Johansson che già lo faceva senza assumere droghe. Lucy ovviamente non è una casalinga di Voghera, magari con l'adipe sporgente, un inizio di alopecia e qualche dente fuori posto, è la Johansson e questo rende facilmente l'idea del tono glamour della pellicola.
Lucy è un film Johansson-centrico, una costante adulazione della bionda newyorkese, dei suoi capelli scomposti (ad arte), del suo sguardo penetrante, della sua bocca voluttuosa, della sua fisicità prorompente. E' sempre al centro dell'attenzione, non molla mai la scena. Per pochissimi fotogrammi iniziali viene mostrata come una ragazza fragile, tuttavia appena assume la droga si trasforma in un giustiziere implacabile. Quello che stupisce non è tanto l'enorme potere che le derivi dalla sostanza psicotropa ma la totale alterazione della personalità. Non appena riapre gli occhi Lucy è implacabile, tenebrosa, minacciosa, autocompiaciuta ed elabora sempre il piano perfetto per sconfiggere chi le si para davanti. Se almeno il film che le viene costruito intorno fosse in grado di regalare quei sussulti che tanta morbosa aderenza alla Johansson ci dona.... purtroppo non succede o perlomeno, per quanto mi riguarda Besson non mi ha regalato nessuna emozione. Consapevole del suo prodotto, il regista si è cautelato dicendo che riteneva Lucy un rischio, e che contava su un'accoglienza più calorosa da parte del pubblico statunitense che europeo; questo naturalmente per via della protagonista, orgoglio a stelle e strisce, e del tono smaccatamente action-fracassone della pellicola. Lucy non ci prova nemmeno cinque minuti ad essere credibile e rigoroso, la spara sempre grossa, con estrema superficialità e approssimazione. La conferenza di Freeman è un accrocchio di frasi ad effetto senza alcun contesto, pronunciate con la solennità delle grandi verità della scienza, e quando dal pubblico si chiede contezza di tanta visionarietà Freeman risponde che "certo sono solo ipotesi, però provate a immaginare quando Darwin elaborò la sua teoria, era solo un'ipotesi eppure ha fatto la rivoluzione....", insomma l'atteggiamento perfetto dello zeitgeist del nostro tempo, "se ci credi allora è vero".
La Johansson praticamente non ha bisogno di recitare, si limita ad abitare le scene come una novella Terminator senza alcun limite umanamente concepibile. La telefonata alla madre raggiunge livelli di ridicolo involontario non indifferente. C'è il solito accompagnamento della pomposa musica di Eric Serra ed un po' di facce europee (e financo asiatiche) per concedere al film un tocco pur sempre extra americano. Tutto sommato le critiche e gli incassi sono stati anche generosi, la qual cosa mi stupisce abbastanza vista l'estrema elementarità della pellicola. Miliardi di banconote del Monopoli spese in effetti speciali (neanche sempre all'altezza, per la verità) ma stringi stringi Lucy è davvero poca cosa, una sceneggiatura imbarazzante, una recitazione tutta sopra le righe (compreso il personaggio tarantiniano del super boss con gli occhi a mandorla interpretato da Min-Sik Choi), al punto da risultare financo irritante per lo spettatore che sì, d'accordo, vuole essere intrattenuto ma non preso per i fondelli. Davvero un pessimo stato di forma per Besson, sempre più schiavo di queste ratatouille fanta-action dall'effetto wow (ma anche yawn... che a casa mia è lo sbadiglio).