Lola Darling

Lola Darling
Lola Darling

Lola Darling è ritenuto il vero lungometraggio d'esordio di Spike Lee, dato che Joe's Bed-Stuy Barbershop: We Cut Heads (1983) era fondamentalmente parte del suo saggio di laurea alla New York University. Tre anni dopo realizza She's Gotta Have It (da noi arrivato come Lola Darling, per altro storpiando il nome della protagonista che è Nola). Il budget fu naturalmente assai contenuto (anche se non c'è molta chiarezza sulla reale entità, dato che ho letto di una forbice che va da 35.000 ai 165.000 dollari), in parte derivante da prestiti anche familiari. Per abbattere il più possibile i costi Lee inseguì il più possibile l'autarchia, facendo recitare i parenti in ruoli minori (il padre è il padre della protagonista, la sorella è la ex coinquilina di Nola) e affidando la colonna sonora sempre al padre. Per girarlo impiegò appena 12 giorni. All'epoca Lola Darling fu accolto discretamente ma non mancarono anche critiche, prese di distanza e plausi un po' timidi. Innanzitutto il titolo (originale) - She's Gotta Have It - suonava male, inopportuno. Quel "gotta" era troppo slang da ghetto e quell'allusione su lei che "deve averlo" pareva rimandare a qualcosa di troppo esplicito sessualmente. Lee disse invece che era un modo per incuriosire il pubblico, cosa è che lei deve assolutamente avere? Beh per scoprirlo andranno al cinema. Il confine della storia di Lee era tutto dentro l'universo afroamericano ed anzi ad un certo punto uno degli spasimanti di Lola, Greer (John Canada Terrell), indispettito dal rifiuto di Lola, minaccia di andarsi a cercare una amante bianca, usando il riferimento razziale come un'arma contundente. Per di più Lee usa la vivace sessualità di Lola come una evidenza dell'emancipazione della donna (per di più nera), gettando uno sguardo che nessuno prima di lui aveva spinto così oltre dentro l'universo femminile afroamericano. Non se ne contavano tantissimi di film con donne nere come protagoniste, se si eccettua la blaxploitation, di cui Lola Darling sembra il figlio intelligente che ha studiato all'università.

Non erano pochi gli spigoli di un film come Lola Darling, per altro condotto e diretto con libertà, spregiudicatezza e (soprattutto) inventiva e mestiere. Qualcuno parlò di Woody Allen nero e indubbiamente quella percezione tra le righe arriva, pur con tutti i "se" e ed i "ma" del caso. Alle prime proiezioni il pubblico rideva grasso e Lee rimase un po' sconcertato, affatto convinto di aver prodotto un film così comico. Lola Darling ha un equilibrio tutto suo, strano e precario, e tuttavia persistente. Lee si avventura anche in momenti erotici (che verranno minimamente edulcorati accorciando la durata originale di qualche minuto). Del resto stiamo parlando della vita anche erotica di una donna libera, adulta e consapevole, che si barcamena tra tre amanti, tre stereotipi di maschio, e non si fa mancare nemmeno una spasimante lesbica (Raye Dowell), più per curiosità che per reale bisogno. Lola attraversa questi tipi umani abbeverandosene, concedendosi ma mai del tutto, mai fino in fondo, ritenendo di appartenere solo a se stessa, pagando anche un prezzo emotivo e psicologico per questo, tenendo fede ai propri "principi". La visione è magnetica, dopo pochi minuti (anche con i dialoghi in inglese ed i sottotitoli in italiano) non ci si riesce più a staccare dallo schermo. La recitazione di Tracy Camilla Johns è di una autenticità e di una naturalezza coinvolgenti. Cifra totalmente opposta ai suoi tre partner, che invece sono artefatti e costruiti nel loro modo di porsi, ma questo non disturba lo spettatore semmai aggiunge una diversa sfumatura. Tutto per altro si scioglie poi nello stratagemma di far rivolgere i personaggi direttamente alla macchina da presa, un dialogo diretto con il pubblico, come se fossimo al cospetto di un documentario sulla vita di Lola Darling. Lola stessa ci parla, ci racconta, ci spiega e così fa praticamente chiunque la conosca ed è coinvolto nel progetto.

C'è una sottotraccia fortemente ironia che scorre lungo tutto il film, i personaggi maschili non ne escono benissimo, ma più in generale gli esseri umani in quanto tali vengono offerti come sfaccettati, complessi e non facilmente risolvibili. Si respira però la vita, il pulsare, lo scorrere delle cose, una fame di esistere, provare, sentire, toccare con mano. Spike Lee interpreta Mars, un omino buffo alquanto autobiografico, amante del rap, del basket e politicizzato. Di Terrell che interpreta Greer Lee dirà che in fondo attore e personaggio si assomigliavano molto e che infatti Terrell era suppergiù uno "stronzetto". C'è una parentesi a colori a circa metà della pellicola, quando Jamie (Redmond Hicks) regala un balletto al parco a Lola per il suo compleanno. Quel balletto ha la fotografia a colori e si staglia come un momento avulso all'interno del film, pur volendo essere un'allegoria coreografata del rapporto conflittuale tra Lola e Jamie. Lola Darling sa alternare momenti di quotidianità spicciola e assai genuina con estremi opposti. Penso ad esempio a fotogrammi poetici come i quattro personaggi riuniti nella camera da letto di Lola (Jamie e lei distesi sul letto, Greer e Mars intorno a loro, come una sorta di black family sacra) e - di contro - alla scena del quasi stupro di Lola da parte di Jamie, una sequenza che Lee ha più volte detto che oggi girerebbe diversamente, sentendosi molto più maturo, preparato e ricco di esperienza. L'idea del bianco e nero venne al regista per via del suo amore spassionato per Toro Scatenato di Scorsese. Nel 2017 Lee stesso ha ideato e diretto una serie televisiva (Netflix) ispirata al suo film, attualmente arrivata a due stagioni.

Trailer ufficiale

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