
Spielberg è di nuovo in odore di Oscar. A parecchi rode perché Spielberg viene visto come una specie di "conformista", braccio armato dell'industria hollywoodiana, intruppato deluxe del palazzo dei cinematografari grassoni e pelati che comandano, e che tarpano le ali ai ggggiovani reggggisti indipendenti che altrimenti si occuperebbero di tante storie alternative, con attori alternativi, direttori della fotografia alternativi, attrezzisti alternativi, catering alternativo. Io, sul versante opposto, sono altrettanto partigiano, perché amo follemente Spielberg e la sua filmografia, in realtà incredibilmente variegata. No, seriamente, date un'occhiata ai titoli, ne conoscete molti di registi così versatili, capaci di svariare dal puro intrattenimento al cinema d'avventura, dalla fantascienza alla Storia, dalla favola al cinema on the road, senza dimenticare grandi temi quali il razzismo, l'Olocausto, la guerra? Tecnicamente il livello è sempre altissimo, il rigore morale e la profondità emotiva non sono da meno, poi se un film non piace, d'accordo, non discuto, ma sono sempre in difficoltà davanti alle critiche che non si limitano al "non mi è piaciuto", perché al di là delle corde personali, mi pare che altri rimproveri a Spielberg siano inconcepibili.
Lincoln dura 150 minuti, ed è un film esclusivamente di dialoghi, azione non ce n'è; una fugace rappresentazione della guerra nella prima scena (un'introduzione per contestualizzare), e poi puro dispiegamento dell'arte della politica. Mi si potrebbe dire che stigmatizzo l'abuso del registro didascalico nel caso di alcuni registi, e poi non batto ciglio sugli spiegoni di Lincoln, fatto anche di scritte a pieno schermo che trattano lo spettatore come un'ignorantone. Può essere che io pecchi di obiettività, ma mi pare più necessario far comprendere allo spettatore (soprattutto non americano e non laureato) dove siamo, quando e perché, piuttosto che mettere in bocca a Leonardo DiCaprio estenuanti traduzioni verbali della sua arte di penetrare i sogni e visitare multilivelli onirici (...ogni riferimento a Inception è puramente voluto). Spielberg fa un bell'azzardo con Lincoln, ambienta ogni scena tra le mura domestiche o quelle della Camera dei Rappresentanti del Popolo, ingarbuglia i dialoghi di strategie politiche, norme e regolamenti (ma anche aspirazioni ideali), e incornicia le scene, e soprattutto Daniel Day Lewis/Lincoln, in luci ed inquadrature iconiche, un po' mitiche.
Il doppiaggio italiano non è stato esente da strali, Favino non renderebbe al meglio la statura stentorea di Abramo Lincoln; ed è un fatto curioso visto che se vi limitate anche semplicemente a guardare il trailer americano del film, noterete come Day Lewis non abbia affatto un tono stentoreo, bensì una timbrica che Favino ha saputo riproporre abbastanza fedelmente, un approccio più umano e meno "storico" del personaggio. La stessa interpretazione di Day Lewis non mira alla mitizzazione del personaggio (di contro alla fotografia, come detto prima) ma piuttosto alla sua declinazione nel quoltidiano, un gigante della storia (e un gigante anche in fatto cm), ma una specie di uomo normale nel suo rapporto con la gente, gli americani, il suo popolo. La silhouette di Lincoln, snello e pennellone, lo rende un po' buffo, la vecchiaia lo rende più goffo nei movimenti, e il cappello a tuba allungata lo rende innegabilmente quacchero. Liam Neeson era stato inizialmente scelto per il ruolo di Lincoln, ma successivamente si optò per un attore meno in là con gli anni. Altra eccellente interpretazione è quella di Tommy Lee Jones (il cui volto massacrato dalle rughe pare sempre più quello di una diga con mille crepe, ad un passo dal crollo), il Repubblicano Thaddeus Stevens, leader della fazione radicale e antischiavista del Partito, nonché serbatoio di una inesauribile vena sarcastica. E pare sia vero che Stevens si considerasse il marito - anche se non legalmente - della sua governante di casa di colore. Sally Field è Mary, moglie dai nervi fragili di Lincoln, compagnia di una vita di fardelli pesantissimi (compresa la perdita di un figlio in guerra), perfetto contraltare dell'estremo razionalismo controllato e trattenuto del marito. Eccellente tutto il cast di comprimari, fatto di attori e caratteristi che non strafanno mai, anche quando si tratta di personaggi sopra le righe e più sui generis (grandissimo Jackie Earle Haley, vice Presidente degli Stati Confederati, appena una scena, ma da pelle d'oca).
Il responso degli storici è stato naturalmente schizzinoso, "....e Spielberg ha esagerato grossolanamente....e ha semplificato troppo....e i capelli di Lincoln erano troppo lunghi, e anche troppo poco bianchi....e la tuba misurava in realtà 27 millimetri meno....e il cavallo del figlio del nipote dello zio del salumiere di casa Lincoln era marrone pezzato di bianco e non bianco pezzato di marrone....", eccetera. Pare pure che un deputato del Connceticut sia inorridito al cinema perché ha visto attribuire al suo Stato un voto storicamente negativo al tredicesimo emendamento (quello che trasformò in legge della Costituzione americana l'abolizione della schiavitù) quando invece il Connecticut votò a favore. Errore marchiano per carità, a tal punto da pretendere che prima della commercializzazione in dvd il film venga adeguatamente corretto. Se però diamo una visione d'insieme al film, che prima di essere un trattato di educazione civica e storica, è un film, dunque un prodotto artistico ed autorale, possiamo ammettere quanto l'opera di Spielberg sia maestosa eppure al contempo rifugga l'epica, solenne ma non tronfia, anzi profondamente umana e sincera (il ricorso da parte di Lincoln e del suo entourage a pratiche ed azioni borderline tra legalità e illegalità, quanto meno politicamente scorrette, pur di ottenere il tredicesimo emendamento; il fine che giustifica i mezzi insomma, una regola melmosa ma affatto antitetica alle "democrazie"), anche al netto di errori storici più o meno rilevanti. Cineraglio parteggia vivamente per Lincoln alla notte degli Academy Awards, diamo a Spielberg il quinto strameritato Oscar, nonostante tra i nomi in lizza vi siano anche Tarantino e Kathryn Bigelow, e pure il film di Ben Affleck (Argo).