Legend

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Legend è il film immediatamente successivo a Blade Runner, e con anche Alien alle spalle, una scorpacciata di fantascienza, di quella spartiacque, visto che entrambe le pellicole hanno marcato a fuoco il genere cinematografico che da sempre vede in quei due titoli altrettanti capisaldi. Insieme al film d'esordio, I Duellanti, Ridley Scott ha già assommato un curriculum rispettatissimo e gravido di attese ed ambizioni, il potenziale è enorme e non ci si può che aspettare grandi cose dal regista britannico. Figuriamoci quando si palesa la notizia che il suo nuovo film sarà un fantasy, un purissimo fantasy come ancora andava di moda realizzare negli anni '80. La sceneggiatura formata William Hjortsberg è essenziale a livelli parossistici: gli unicorni sono l'unico argine rimasto ad impedire che le tenebre avvolgano per sempre il mondo dei personaggi protagonisti della storia; il signore delle tenebre vuole eliminarli e si serve dell'ingenuità (e dell'innocenza) di una principessa per catturarli. Quando tutto sembra perduto - SPOILER: l'eroe, il campione della principessa, aiutato da folletti e creaturine a vario titolo, irrompe al castello del demone, libera gli unicorni e ricaccia negli abissi il Male. Tutto è bene quel che finisce bene.

L'ottica di Legend è innanzitutto (e quasi essenzialmente) estetica. Scott realizza un film esasperatamente estetizzante, che da un punto di vista visivo rimane ancora oggi enormemente suggestivo ed affascinante. Badate, non è cosa da poco, perché il 99% dei film fantasy rivisti appena un decennio dopo sembrano chincaglieria d'antiquariato, per colpa degli effetti speciali che (fisiologicamente) scontano il passare del tempo ed il conseguente galoppare della tecnologia. Legend no, in questo regge (ancora) egregiamente. Il mondo ricreato dal team di Ridley Scott è magnifico, la quint'essenza del fantasy al suo stato più ideale e mitico. I paesaggi naturali, il bosco, la vegetazione, l'inverno malefico, i colori sgargianti (e soprattutto l'uso della luce, vera arma da contrapporre - non a caso - al signore delle tenebre), una cornucopia di una bellezza stordente. Certamente essersela potuta gustare su grande schermo (io a suo tempo ho avuto questa fortuna) è stata un'esperienza indimenticabile. Le fattezze del signore delle tenebre interpretato da Tim Curry sono spaventose ed estremamente credibili, un make up che - anche in questo caso - rimane valido ed insuperato, ed ha finito col costituire uno dei trademark di Curry come attore (assieme al Rocky Horror Picture Show e al clown di It). Occorrevano oltre 5 ore perché il buon Tim venisse interamente trasfigurato per il suo ruolo, grazie al lavoro certosino di Rob Bottin (quello de L'Ululato e La Cosa di Carpenter). Il trucco era così impegnativo che alla fine della giornata di riprese Curry doveva trascorrere circa un'ora a mollo per liberarsi di tutte le frattagli ed i rimasugli rimastigli incollati alla pelle (non di rado strappandosi via anche quella). Abbiamo Tom Cruise appena un anno prima di Top Gun e quasi non ci si crede, vuoi perché qui il suo aspetto adolescenziale maschera la sua vera età (22 anni quando girò), vuoi perché la differenza estetica rispetto a Maverick è marchiana. Denti storti, sopracciglia naturali, espressioni vagamente scimmiesche, certamente accentuate dai desiderata di Scott che aveva bisogno di un personaggio a metà strada tra il fanciullo della foresta e qualcosa di più istintuale ed animalesco. Prima di lui vennero considerati Johnny Depp, Jim Carrey e Robert Downey Jr. La principessa (che è una vera sciagura per quante ne combina, praticamente un elefante in una cristalleria) è Mia Sara, qui al suo esordio, anche se purtroppo la sua carriera poi non fu brillantissima, nonostante una ventina di titoli all'attivo.

Il film ha avuto ben tre differenti versioni, una europea, una americana più corta di qualche minuto, ed una director's cut ultimativa (che aveva ben 25 minuti in più rispetto a quella americana); in ogni caso andò male al botteghino e fu la prima vera battuta d'arresto di Scott dopo i suoi trionfi sci-fi. Anche nella versione più breve, quella a stelle e strisce, permane qualche lentezza di troppo che affatica leggermente la visione (il che salta ancora più all'occhio trattandosi di un racconto davvero poverissimo di momenti nevralgici). L'idea del film gli balenò immaginando una attualizzazione della storia di Tristano e Isotta. A questo si aggiungono frequentissimi rimandi favolistici; nel film si cita espressamente la novella dei tre porcellini, Tom Cruise risveglia con un bacio (ed un anello) la sua principessa/bella addormentata nel bosco (che nella sua versione dark ricorda moltissimo anche la strega Grimilde di Biancaneve, mentre quando si aggira tra i colonnati enormi del palazzo oscuro pare Alice che si è persa nel Paese delle Meraviglie). Il folletto puttino Gump (David Nennent) pone un indovinello a Cruise e va su tutte le furie quando lui lo risolve al primo tentativo (si veda la fiaba del nano Tremotino), il rapporto tra la principessa ed il signore oscuro - fatto di amore attrazione e repulsione - assomiglia a quanto raccontato ne La Bella e la Bestia, eccetera. Ci sono insomma parecchi appigli al mondo delle favole e certamente l'estetica oscura e macabra echeggia l'universo dei fratelli Grimm. Né mancano riferimenti religiosi, visto che ci si appella a Dio e Tim Curry ha un aspetto chiaramente luciferino. Scott provò ad offrire il progetto alla Disney, ma la compagnia rifiutò di metterci sopra il cappello, preoccupata dall'eccessiva oscurità del concept. I set (tutti in interni, nonostante il film sia per metà ambientato in immaginifici "esterni" fittizi) vennero ricreati nei Pinewood Studios di 007.

Trailer ufficiale

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