Legami Sporchi

Legami Sporchi
Legami Sporchi

Ogni tanto sbuca dal niente un film di genere, nettamente "di genere", come si usava fare in Italia qualche decennio fa. La moda è passata, l'estro pure, i soldi non ci sono mai stati (perlomeno fuori da certi recinti e confini); eppure siamo stati grandi proprio con il nostro cinema di genere, tutto il mondo ce lo riconosce, noi sembriamo esserne poco consapevoli o tutt'al più persino infastiditi, come se fosse un peccatuccio di gioventù da nascondere in soffitta. Giorgio Moltreni nel 2005 ha tirato fuori quella scatola di ricordi impolverati dalla soffitta e si è inventato questo Legami Sporchi, b-movie dall'impronta thriller corrotta e immorale, privo di tanti orpelli, diretto al sodo e politicamente scorretto. La messa in scena è in perfetto equilibrio tra cinema di basso budget e linearità da fiction televisiva. Attenzione, non necessariamente sciatta o insulsa, semplicemente il film dà l'impressione di rincorrere la sceneggiatura, non soffermandosi troppo sulla cornice, sulle scenografie o sui dettagli, che spesso tuttavia danno invece colore ad un film. A creare densità qui c'è praticamente solo il plot criminale, senza polarità positive (è una sorta di tutti contro tutti) e molti corpi femminili, esibiti senza false pruderie di sorta. Su cinque attrici presenti nel cast, tre hanno la loro scena di sesso bollente (una o più). Il titolo è molto calzante, perché i legami sporchi sono quelli che regolano ogni rapporto interpersonale che vediamo sullo schermo; tutto è subordinato ad interessi, opportunismo, ricatto, ambiguità e doppio gioco. Si perde e si guadagna qualcosa, chi più chi meno; sesso e sentimenti sono moneta di scambio e rientrano nel contratto, assieme a beni mobili e immobili.

Gran cerimoniera è Ines Nobili (con un passato fatto già di partecipazioni a pellicole di Bolognini, Castellano e Pipolo, Cavani, Benvenuti, Verdone, Muccino), provocante compagna di un riccone (Cyrus Elias) più anziano di lei di 34 anni, il quale muore durante una rapina alla villa. La polizza vita dell'uomo prevede un cospicuo premio di consolazione alla giovane fidanzata, esito affatto gradito alla figlia di Elias, Patricia Conde, la quale decide di assumere un detective (Tomas Arana) perché faccia luce sulla possibilità di un coinvolgimento della Nobili nella morte del padre. Arana è un dissoluto ex poliziotto, disposto a tutto per soldi e legato sentimentalmente ad una vivace prostituta (Viviana Greco). In questo gioco sporco entrano vari altri personaggi, tra i quali un perditempo (Edoardo Sala), la sua fidanzata (Claudia Giommarini), barista del night club frequentato dalla Nobili e dal defunto compagno la notte della rapina, il proprietario del locale (Vincenzo Peluso), la sua parcheggiatrice (Maria Pedroviejo) e il proprietario di un cantiere navale (Aldo Sambrell). Nessuno gioca pulito, tutti arraffano o intravedono la possibilità di farlo, sgomitano e scalpitano per mettere le mani sul malloppo, rovesciamenti di fronte e tiri mancini sono sempre un'opzione.

Molteni sottolinea la assoluta instabilità dei rapporti, in ogni momento le alleanze possono cambiare, per interesse o per capriccio. Prevalentemente tutto avviene di notte o al chiuso, favorendo malaffare e sesso. La Nobili per altro ha il vezzo di esibirsi in videochat, con mascherina nera di pizzo e parrucca color turchese. Questa per la verità è una sottotrama che non ha una reale portata sulla storia, è più un dettaglio di contorno che sembra dover giocare un ruolo importante ma che in effetti fa più folclore che sostanza. L'inizio dei 2000 è un'era geologica fa in materia di computer ed informatica (ed in effetti si vede), molto probabilmente l'idea della videochat erotica sembrava dare un tocco di attualità in più. La Nobili tuttavia il meglio lo dà altrove nel film; dotata di una naturale sensualità, dalle fattezza simili ad una Monica Bellucci da battaglia con un tocco di Anna Tatangelo, non si lascia pregare da Molteni e si mostra per 90 minuti esclusivamente avvolta in abiti sempre molto sexy e provocanti o financo del tutto nuda (la classica scena della doccia... tanto per rimanere nel "genere"). Va detto che non sono da meno la Greco, protagonista di un amplesso piuttosto caldo con Arana, e la Giommarini, che invece è coinvolta con Peluso. Al netto dell'erotismo, indubbiamente presente nel film, è il crimine a tener banco e soprattutto la disinvolta moralità dei protagonisti.

Molteni gira un film spicciolo, essenziale e diretto, che fa della estrema concretezza del racconto la sua spinta propulsiva. Talvolta il dipanarsi degli eventi si arrovella un po', qualche scena forse è pure pleonastica, ma le facce sono quelle giuste (come quella di Arana, un John Malkovich dei poveri, duro e spregevole quanto basta). SI poteva lavorare di più e meglio su alcuni personaggi, come ad esempio quello della Greco, della quale si intravede una timida luce che va oltre il semplice essere una prostituta. Alcune sue linee di dialogo, una certa generosità nel donarsi, la proiettano verso una tridimensionalità che la sceneggiatura avrebbe potuto meglio sfruttare. Idem Peluso, unico personaggio doppiato con una pesante inflessione dialettale (perché?), che avrebbe potuto essere meno tagliato con l'accetta. Non so quanto ciò sia voluto, quanto cioè Molteni intendesse scientemente stare totalmente dentro il genere, con i suoi pregi ed i suoi limiti connaturati, o quanto sia un esito imprevisto e non calcolato del film. Pesa negativamente la totale astrazione spaziale, il film può essere ambientato ovunque, un ovunque che è spersonalizzante ed anonimo. I nomi sono stranieri (Daniel, Dalilah, Raymond, Timothy...) e ad un certo punto Arana nomina un indirizzo (Pinewood, come i Pinewood Studios di James Bond), quindi siamo in una presunta area geografica anglosassone, ma qualcosa di più caratterizzante a livello fisico avrebbe giovato. Non un film che rimarrà nella storia del cinema italiano, ma neppure un titolo da impallinare; tutto sommato gradevole, a patto di partire con pretese basse.

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