Primo film di Claude Chabrol girato in inglese, anche se gli attori francesi recitarono esprimendosi in un inglese fonetico che venne poi doppiato per la versione anglosassone della pellicola (evidentemente la storiella di una certa indisponibilità da parte dei cugini transalpini a masticare l'idioma francese non doveva essere tanto campata in aria, perlomeno all'altezza degli anni '60). A ben vedere tra i personaggi principali il solo non francese è Anthony Perkins, altrimenti bisogna scendere fino al comprimario Henry Jones per trovarne un altro, dunque il set era prevalentemente transalpino, perlomeno come atmosfera. Perkins dichiarò di aver voluto partecipare al film per la curiosità di avere a che fare con il cosiddetto "whodoneit", ovvero il nomignolo con il quale veniva etichettato il giallo classico (who-done-it) nel quale si deve scoprire l'assassino o comunque l'autore delle malefatte, analizzando tutti gli elementi a disposizione. Guardando il film di Chabrol mi è venuta in mente la trilogia lenziana composta da Orgasmo (1969), Così Dolce...Così Perversa (1969), Paranoia (1970), che condivide con Le Scandale lo stesso malizioso ritratto - tutto psicologico - di una borghesia parossistica ed autoreferenziale, fortemente scollegata dalla realtà e dal pragmatismo, capace di infilarsi in situazioni grottesche che avrebbe amato molto anche Bunuel. Paul (Maurice Ronet) è l'erede detentore di un noto e prestigioso marchio di champagne, tuttavia la maggioranza delle azioni dell'azienda è di proprietà di Yvonne Furneaux (Christine), moglie del suo migliore amico Anthony Perkins (Christopher). Paul è anche appena stato dimesso da una clinica psichiatrica dove era stato ricoverato per depressione, a seguito del probabile strangolamento di una sua partner e conseguenti 14 elettroshock. Christine vuole vendere l'azienda agli americani ma le serve la firma di Paul, perché ceda il marchio. Nel frattempo attorno a Paul si rinnovano molte morti misteriose, si tratta sempre delle ragazze che egli frequenta. Se per un verso Christopher sembra volerlo difendere, Christine spera invece di volgere a proprio favore i sospetti che cadono su Paul.
A Chabrol il plot giallo interessa relativamente, o meglio, è un mezzo per poter descrivere ed illustrare le sue figurine borghesi, il loro agitarsi scomposto sotto i riflettori. Prova ne sia il finale del film, che più che risolvere l'enigma bada a comporlo esteticamente davanti all'obiettivo, lasciandolo alla mercé dello spettatore ma evidenziando in modo plastico la miseria e lo squallore dei personaggi coinvolti. Molta della vitalità della pellicola si deve al trio di protagonisti, la Furneaux ha uno sguardo che da solo buca lo schermo ed inchioderebbe alla poltrona anche un cieco, Ronet ha un ruolo che a tratti lo costringe a gigioneggiare più del dovuto, ma la statura dell'attore c'è e Ronet porta a casa la parte; Perkins è distante appena 7 anni di Psycho sebbene all'interno del film di Chabrol quella distanza si traduca in appena qualche cm. Il suo Christopher deve molto a Norman Bates, vuoi per l'espressività e la fisicità dell'attore (ovvio), vuoi perché il suo ruolo ambiguo e sfuggente è in parte ritagliato anche su quello hitchcockiano. Il regista inglese rientra a pieno titolo tra gli spunti possibili di Chabrol per la creazione di quest'opera, anche se poi il gusto compositivo delle scene è tutto autoctono. Il critico del New York Times all'epoca scrisse che Le Scandale conteneva più satira di costume che elementi prettamente mistery, un giudizio tutto sommato condivisibile ma non per questo inficiante. L'aria è sempre tesa durante i 105 minuti di pellicola, gli sguardi pesano come incudini ed i silenzi sovrastano ogni rumore di scena. Deliziosa in particolare la sequenza della festa psichedelica a cui partecipano i tre, piena di personalità artistoidi, alcol, arredamento di design, musiche ipnotiche ed all'insegna di un evidente sballo collettivo, quasi il fine ultimo di quel microcosmo borghese ed effimero.