Le Conseguenze Dell’Amore

Le Conseguenze Dell’Amore
Le Conseguenze Dell’Amore

Nel 2004 andai al cinema a vedere Le Conseguenze Dell'Amore. Non avevo idea di chi fosse Paolo Sorrentino poiché non avevo visto il suo film precedente, L'Uomo In Più (2001). Galeotto fu il trailer, in particolar modo quelle immagini rarefatte, quel senso di immobilità cristallizzata, di lentezza esasperante che all'improvviso veniva squarciata via da una musica elettronica meravigliosa e potentissima. Si trattava dei Terranova (avrei poi scoperto) e la scena in questione è quella nella quale Titta De Girolamo (Toni Servillo), dopo una prima parte di film nella quale viene presentata allo spettatore la situazione con i suoi personaggi principali, tira per la corda la valigia con le ruote e si dirige verso la banca svizzera nella quale depositerà milioni di dollari (frutto dei proventi della Mafia). In quel momento nel film avviene un salto di qualità, scopriamo che quel "qualcosa" di anomalo, di stonato, che avevamo annusato sin lì ma che non eravamo riusciti a concretizzare, era effettivamente la spia di una zona oscura che esiste per davvero e nella quale Sorrentino ci fa poi entrare, svelando poco a poco i misteri della vita di un uomo silenzioso ed enigmatico come il commercialista De Girolamo. Buona parte della riuscita del film sta proprio in questo procedere con precise regole geometriche, spaziali e temporali. Il 90% del film è girato in interni, e segnatamente in un albergo. Sorrentino si fa designer e arredatore, il suo culto per gli ambienti è maniacale, attento, certosino. La camera, la hall, il bar, un salottino con enorme vetrata sulla strada di transito, una sala da gioco; tutti questi spazi dell'albergo incorniciano e scandiscano le giornate vuote e grigie di Titta, in perenne attesa di ricevere un incarico da svolgere, sempre lo stesso: una valigia da scortare e consegnare in banca, depositando le banconote in essa contenute. Titta è un uomo sulla soglia dei 50 anni, decadente, scarico, rassegnato, che non sembra aspettarsi più niente dalla vita. Sapremo cosa è accaduto nel suo passato e perché è diventato così, ma ciò che importa è il suo presente ed il suo futuro, se sarà capace di inventarsene uno.

Come un giocatore di poker, Sorrentino svela le sue carte al momento giusto e con una progressione studiata nel ritmo e nei modi, per far sì che lo spettatore si appassioni e rimanga "magnetizzato" dal racconto. Il resto è affidato alla marchiana estetizzazione delle immagini. In Le Conseguenze Dell'Amore, Paolo Sorrentino è già Paolo Sorrentino, c'è il suo manierismo visivo, la sottrazione semantica dei fotogrammi a favore dell'iperbole formale, l'autocompiacimento un po' tronfio, la rincorsa a Fellini (si pensi alla carrozza funebre che senza alcun motivo - fatto salvo un labilissimo eventuale simbolismo allegorico - passa davanti alla vetrata dell'albergo mentre i clienti e la barista osservano la scena in una specie di rarefatto momento di sospensione temporale), l'uso della musica e degli arredi come registro narrativo, i silenzi, i primi piani insistiti e prolungati. Tutti stilemi sorrentiniani che qui sono già molto evidenti, e che tuttavia ancora si tengono, rimangono paritetici alla trama, pur con qualche impennata d'orgoglio. A partire dal 2008 con Il Divo (per non parlare di tutta la filmografia successiva) esploderanno in maniera parossistica, trasformando Sorrentino in un descrittore di immagini autoreferenziali, quasi completamente disinteressato ad una sceneggiatura con un proprio peso specifico. Ad una prima visione mi innamorai di questa pellicola e mi è piaciuta anche rivederla a distanza di anni; tuttavia rimane ad oggi l'unico film (per me) digeribile di Sorrentino, poiché ciò che è venuto dopo è talmente ipertrofico da provocarmi una discreta orticaria. Un plauso va anche alla bella colonna sonora che mescola suoni sintetici, ambient ed electro con momenti più "classici" e ironicamente dirompenti come la Vanoni di "Rossetto e Cioccolato".

Co-protagonista femminile è Olivia Magnani, nipote di Anna e di Roberto Faenza, una famiglia fatta di cinema. Purtroppo, nonostante una certa presenza scenica che buca lo schermo, la filmografia della Magnani non sembra aver raccolto troppi titoli da quel 2004 ad oggi. I personaggi collaterali che ruotano attorno a Servillo sono tutti abbastanza sui generis (dal macho surfista Adriano Giannini al barone spiantato Raffaele Pisu o alla cameriera freak Giselda Volodi), dei bozzetti bizzarri che servono a rendere ancora più farsesca e cartoonesca la bolla di realtà nella quale è immerso Titta. Accade un po' anche quando ci addentriamo nel mondo della Mafia, con degli uomini di onore (e relativi scagnozzi) molto "cinematografici". Servillo, grandissimo attore, non fa niente per trasmettere la minima empatia, lui come il suo personaggio, nel quale a conti fatti si cala con impressionante verismo. Mi ha lasciato interdetto l'uso della voce off (del protagonista) che, se da un verso contestualizza, dall'altra si lascia andare a frasi scolpite nella pietra che rasentano toni ampollosi e declamatori. Il finale ha una sua forza evocativa, certamente il riscatto (suggestivo) di una vita andata per il verso sbagliato. Apprezzabile che non si sia cercato un lieto fine a tutti i costi. Le Conseguenze Dell'Amore, pur con tutto il fastidio che lo stile di questo regista ha saputo provocarmi nel tempo, rimane un bel momento di cinema italiano e, per quanto mi riguarda, senz'altro il migliore episodio della filmografia sorrentiniana.

Trailer ufficiale

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