Le Amanti Del Mostro è una coproduzione italo-turca, con gran parte del cast tecnico e artistico turco, ed esterni girati in loco. Gemello di La Mano Che Nutre La Morte, sempre di Garrone, sempre un horror, sempre coprodotto con e in Turchia, stesso set, stesso anno, stesso cast tecnico e artistico. Come dite, anche stesso film? Eh, Quasi. Racconta Garrone che al finanziatore turco disse: "aò, damme 8 settimane invece di 6, e de firme te ne faccio due, mortacci tua!", e quello: "mejcojoni! Me conviene!", secondo un tipico intercalare turco. Non che ci fosse da vantarsi di girare i film così, un tanto al chilo, soprattutto se poi vengono una mezza monnezza. La Mano Che Nutre La Morte devo ancora vederlo (....e non è che mi sia presa proprio una voglia irrefrenabile) però Le Amanti Del Mostro mi è risultato insipido e noioso; giusto per la esigua durata (84 minuti) non sono caduto bellamente addormentato. Gli elementi in mano a Garrone sono esilissimi, tant'è che ricicla di continuo quelle due o tre cose ossessivamente, la campagna turca, gli occhi a pazzo di Kinski, il laboratorio farlocco. Si narra di Klaus e della bella Katia Christine (veramente bella), coniugi ricconi, il cui matrimonio langue, anche perché Klaus è impotente. Vanno in villeggiatura nella villona bucolica di famiglia, e qui soprattutto Klaus si trascina debosciato e svogliato di stanza in stanza. Finché non incoccia nella biblioteca (due mensole dell'Ikea in croce) e nel laboratorio del papà (o del nonno? Non ricordo...) della moglie, una specie di Dr. Frankenstein dell'Anatolia, che studiava come riportare in vita i morti. Il laboratorio è tutto lì, ha solo bisogno di una spolveratina e di mettere la spina nella presa (pare quello di Mel Brooks), gli appunti nel quadernino li abbiamo...et voilà, Kinski si infila il camice e inizia a sbullonare. Solo che si prende una scarica al 220 e, come un supereroe Marvel, acquista nuovi poteri, un po' problematici però, cioè diventa pazzo, gli scatta la rabbia, e nottetempo va in giro a maciullare il popolo contadino (praticamente una riproposizione del binomio Dr. Jekyll/Mr. Hyde). Il villaggio proletario turco pare un sottoprodotto di uno spaghetti western di serie Z, con la Gendarmeria tipo quella di Pinocchio. Fatto sta che Kinski massacra chiunque fino a che, roso di gelosia nei confronti della moglie, insidiata dal medico locale, spappola pure lei. Affranto dal dolore per questo ultimo atto, corre dalla Madama per farsi carcerare, ma quelli, zotici e 'gnoranti, hanno già impiccato un rubagalline random, tanto per. Nel dubbio però, sparano due pallettoni nel groppone pure a Kinski, e bon, chi si è visto si è visto. Tutti morti.
Le Amanti del Mostro (di F. Garrone, 1974) è una coproduzione italo-turca, con gran parte del cast tecnico e artistico turco, ed esterni girati in loco. Gemello di La Mano Che Nutre La Morte, sempre di Garrone, sempre un horror, sempre coprodotto con e in Turchia, stesso set, stesso anno, stesso cast tecnico e artistico. Come dite, anche stesso film? Eh, Quasi. Racconta Garrone che al finanziatore turco disse: "aò, damme 8 settimane invece di 6, e de firme te ne faccio due, mortacci tua!", e quello: "mejcojoni! Me conviene!", secondo un tipico intercalare turco. Non che ci fosse da vantarsi di girare i film così, un tanto al chilo, soprattutto se poi vengono una mezza monnezza. La Mano Che Nutre La Morte devo ancora vederlo (....e non è che mi sia presa proprio una voglia irrefrenabile) però Le Amanti del Mostro mi è risultato insipido e noioso; giusto per la esigua durata (84 minuti) non sono caduto bellamente addormentato. Gli elementi in mano a Garrone sono esilissimi, tant'è che ricicla di continuo quelle due o tre cose ossessivamente, la campagna turca, gli occhi a pazzo di Kinski, il laboratorio farlocco. Si narra di Klaus e della bella Katia Christine (veramente bella), coniugi ricconi, il cui matrimonio langue, anche perché Klaus è impotente. Vanno in villeggiatura nella villona bucolica di famiglia, e qui soprattutto Klaus si trascina debosciato e svogliato di stanza in stanza. Finché non incoccia nella biblioteca (due mensole dell'Ikea in croce) e nel laboratorio del papà (o del nonno? Non ricordo...) della moglie, una specie di Dr. Frankenstein dell'Anatolia, che studiava come riportare in vita i morti. Il laboratorio è tutto lì, ha solo bisogno di una spolveratina e di mettere la spina nella presa (pare quello di Mel Brooks), gli appunti nel quadernino li abbiamo...et voilà, Kinski si infila il camice e inizia a sbullonare. Solo che si prende una scarica al 220 e, come un supereroe Marvel, acquista nuovi poteri, un po' problematici però, cioè diventa pazzo, gli scatta la rabbia, e nottetempo va in giro a maciullare il popolo contadino (praticamente una riproposizione del binomio Dr. Jekyll/Mr. Hyde). Il villaggio proletario turco pare un sottoprodotto di uno spaghetti western di serie Z, con la Gendarmeria tipo quella di Pinocchio. Fatto sta che Kinski massacra chiunque fino a che, roso di gelosia nei confronti della moglie, insidiata dal medico locale, spappola pure lei. Affranto dal dolore per questo ultimo atto, corre dalla Madama per farsi carcerare, ma quelli, zotici e 'gnoranti, hanno già impiccato un rubagalline random, tanto per. Nel dubbio però, sparano due pallettoni nel groppone pure a Kinski, e bon, chi si è visto si è visto. Tutti morti. Garrone costruisce il film attorno alla faccia schizzata del re Klaus, gli fa fare tutte le espressioni più allucinate e zozze che gli riesce, e Kinski ci va a nozze. Ce le ripropone di continuo, ok divertente, ma non per un'ora e mezzo! Per il resto, non c'è veramente altro, tutto estremamente dimesso e sciatto, tutto abbozzato, come se bastasse correre a scavezzacollo nella boscaglia per fare romanzo gotico ottocentesco. Effetti speciali - dice di Rambaldi - al minimo sindacale, e pure gli ammazzamenti e il gore sono da mercatino delle pulci. Erotismo poi manco a parlarne. A margine Garrone racconta ovviamente tutto il repertorio di puttanate scenografiche imbastite dal solito "pazzo" Kinski, ovvero la stanza d'albergo semidistrutta, l'inserviente quasi malmenato, la povera Christine umiliata sul set con i peggiori epiteti da rivolgere ad una donna.... insomma, dici Kinski: una garanzia di classe, eleganza, sobrietà. Non ho ancora compreso il titolo dato al film; vada per il mostro, ma le amanti sarebbero? Garrone costruisce il film attorno alla faccia schizzata del re Klaus, gli fa fare tutte le espressioni più allucinate e zozze che gli riesce, e Kinski ci va a nozze. Ce le ripropone di continuo, ok divertente, ma non per un'ora e mezzo! Per il resto, non c'è veramente altro, tutto estremamente dimesso e sciatto, tutto abbozzato, come se bastasse correre a scavezzacollo nella boscaglia per fare romanzo gotico ottocentesco. Effetti speciali - dice di Rambaldi - al minimo sindacale, e pure gli ammazzamenti e il gore sono da mercatino delle pulci. Erotismo poi manco a parlarne. A margine Garrone racconta ovviamente tutto il repertorio di puttanate scenografiche imbastite dal solito "pazzo" Kinski, ovvero la stanza d'albergo semidistrutta, l'inserviente quasi malmenato, la povera Christine umiliata sul set con i peggiori epiteti da rivolgere ad una donna.... insomma, dici Kinski: una garanzia di classe, eleganza, sobrietà. Non ho ancora compreso il titolo dato al film; vada per il mostro, ma le amanti sarebbero?