La cosa che più mi incuriosiva era vedere Silvio Orlando - che reputo un ottimo attore - finalmente alle prese con un personaggio che non fosse la solita declinazione di una sceneggiatura di Moretti, Salvatores e compagnia registica impegnata italiana. Per di più La Variabile Umana aveva l'appeal del film di genere, o perlomeno un po', con quei suoi toni ibridi sospesi tra noir, poliziesco e thriller. Così si parte nell'impresa di decriptare i primi minuti di pellicola, volutamente ostici, spigolosi, scorbutici. La storia poi inizia a prendere una piega leggibile anche da noi spettatori profani; abbiamo un tizio importante morto, un probabile omicidio, ed un poliziotto al quale viene affidato il caso, nonostante lui non abbia alcuna voglia di occuparsene. E quella stessa notte sua figlia, quasi diciottenne, viene condotta in questura per una bravata, l'hanno trovata in possesso dell'arma da fuoco del padre, con gli amici a fare la balorda per strada. Quel poliziotto è Silvio Orlando, un carattere chiuso, ruvidissimo, con qualche problema relazionale col prossimo, in primis proprio la figlia. Anni prima i due hanno perso il completamente della loro vita, lui la moglie, lei la madre, e ancora i cocci non sono stati rimessi assieme. Via via che l'indagine prosegue, si intorcina sempre di più anche il rapporto del padre con la figlia, fino ad una serie di rivelazioni che andranno nella direzione più maledetta possibile. - SPOILER: inizialmente la moglie dell'imprenditore (pedofilo) ucciso viene sospettata di omicidio, in realtà a sparare all'uomo è stata la figlia del poliziotto, per essersi trovata nel posto sbagliato, con la persona sbagliata, nel momento sbagliato a fare la cosa sbagliata.
Opera prima di Bruno Oliviero, col produttore Lionello Cerri che negli extra a corredo del dvd sbrodola su quanto a lui piaccia fare film d'autore, film che fanno riflettere, che hanno qualcosa da dire, che hanno spessore e sostanza insomma, mica pizza e fichi. E la cosiddetta "autoralità" in La Variabile Umana è proprio il primo nodo che sale al pettine; musiche rarefatte (le ha composte il musicista che lavora con Clint Eastwood), lentezze, silenzi, impalpabilità, improvvise predominanze di bianco accecante, dettagli su dettagli, movimenti di macchina che ce lo sa Oliviero perché... un po' di vezzi formali insomma, per incorniciare in un certo qual modo "serio" e "profondo" la narrazione. La storia è interessante, gli attori sono bravi, ma il dubbio che mi è rimasto a fine visione è che se l'autore avesse indugiato meno nella componente autoriale, appunto, e avesse valorizzato di più la sostanza, ne sarebbe potuto uscir fuori qualcosa di ancora più accattivante e - a tratti - leggibile. Oliviero spiega che per controbilanciare l'estrema "gravità" delle emozioni rappresentate, nonché il loro tasso torbido e morboso, si è spinto nella ricerca del bello, proprio dell'esteticamente bello; ed infatti la fotografia si lascia apprezzare, i giochi di luce notturni (soprattutto riflessi sui volti degli attori) o le albe danno un tocco poetico e lieve al contesto, e concettualmente questa visione di equilibri contrari ed opposti ha un suo perché. Molto fanno anche i bei nomi in cartellone scelti per il film, Orlando affascina sempre, Giuseppe Battiston, ancorché condannato a fare quasi sempre il caratterista e/o il comprimario, è un'altra garanzia, le due figure femminili - Sandra Ceccarelli (la moglie dell'imprenditore ucciso) e Alice Raffaelli (la figlia di Orlando nel film) - danno una prova altrettanto solida ed affidabile. La Raffaelli per altro ha quell'aria sbalestrata e onirica al punto giusto; Cerri ha raccontato di averla notata per caso in una scuola ed averla scritturata per il suo innato senso recitativo, fatto di movimenti giusti e ripetizioni precise al millimetro, come una professionista consumata.
Il film finisce un po' così, con quell'atteggiamento "mo' te lo dico, mo' non te lo dico" che tradisce la leziosità del voler volare alto a tutti i costi, come a dire: non conta veramente quello che accade ma quello che tu pensi che accada (perché, vorrei ricordarlo, siamo nell'ambito dei film che "fanno riflettere"). E a me invece piace che un film abbia rispetto della parola scritta, della sceneggiatura, del dipanarsi degli eventi, senza subordinarli alla filosofia e alla visione intellettuale dei perché e dei percome. Invece arrivano i titoli di coda, e tu devi chiederti se Silvio Orlando farà X o farà Y, e soprattutto come questo cambierà la sua vita e la sua visione delle cose. Tutto molto cerebrale, però è un po' come farti sentire l'odore della bistecca all'ora di pranzo e poi dirti che adesso hai tutto l'agio e la bellezza platonica di immaginartela come meglio credi. Ok, però io avevo fame.