Un titolo, piuttosto volgarotto, che promette assai più sconcezze e divertimento di quanto il film poi in effetti elargisca. La Signora Gioca Bene A Scopa? è diventato una specie di aforisma paradigmatico del cinema di genere italiano e, per i più snob, del cinema sexy scorreggione degli anni '70. Punto di vista un po' estremo, ma neppure si può dire che la pellicola di Carnimeo sia per educande orsoline; la verità sta nel mezzo, nel senso che, per quanto si sia visto di ben più spigliato (e spogliato) nelle nostre sale in quel periodo, è altrettanto vero che il film sia una miniera di doppi sensi pecorecci, a cominciare dal titolo, e non lesini sui nudi della protagonista femminile, Edwige Fenech. Carnimeo era familiare con l'algerina, un anno prima l'aveva diretta in Anna, Quel Piacere Particolare; ed anche con le carte aveva simpatia, visto che il film immediatamente precedente a questo è Lo Chiamavano Tresette...Gioca Sempre Con Il Morto. Dal tresette alla scopa il passo è breve, anche se dal western alla commedia scollacciata invece meno. La sceneggiatura porta la firma di Francesco Milizia (suo il soggetto assieme al produttore Luciano Martino, fratello di Sergio) e anche di Carlo Giuffrè. Pure lui aveva appena fatto coppia con la Fenech in La Vedova Inconsolabile Ringrazia Quanti La Consolarono. La coppia era affiatata e certamente il pregio principale della Scopa è la chimica tra i due attori sul set.
Michele Cammagliulo (Carlo Giuffrè) e Peppino (Enzo Cannavale) gestiscono un negozio di scarpe. Gli affari vanno male, e Michele, dotato generosamente da Madre Natura, arrotonda facendo il gigolò per signore. Lo vediamo alle prese con due sorelle, Giulia (Franca Valeri) e Monica Nascimbeni (Didi Perego), riccone benestanti e piuttosto fameliche di maschio. Presso la loro villa Michele conosce Eva (Edwige Fenech), splendida tedesca moglie dello scrittore Alberto (Oreste Lionello). Il marito la trascura e la donna perdipiù soffre di un curioso "disturbo", in presenza dell'acqua si scatena il suo irrefrenabile istinto erotico, come fosse un transfert sessuale. Per via delle ritrosie di Eva, Michele se ne innamora subito, ed i due non ci mettono comunque molto ad andare d'accordo, soprattutto a letto. Ma per il latin lover è impossibile resistere al ritmo forsennato che lo vede costretto a soddisfare ben tre donne quotidianamente. Escogita quindi un piano, si serve del commesso del suo negozio, Tonino (Carlo Delle Piane), orrido ma pure lui grandemente dotato, dandolo in pasto alle sorelle Nascimbeni. - SPOILER: non fa i calcoli però col fatto che pure Eva si servirà dei favori di Tonino. Nel finale Michele perderà purtroppo il suo amore che, dopo avergli rubato un sudatissimo assegno da cinque milioni (riscosso dalle Nascimbeni durante una burrascosa notte di sesso a colpi di "chi si arrende per primo/a paga pegno"), tornerà in Germania con un nuovo amante. Nel frattempo Tonino schiatterà letteralmente "sul pezzo", per aver voluto strafare, e a Michele non rimarrà che consolarsi godendo di agio e lussi presso la dimora delle sempre vogliose Nascimbeni.
Nonostante una sceneggiatura nient'affatto pretestuosa o tirata via (non è tutto costruito solo per far vedere donnine nude insomma), questa pochade non risulta poi così scoppiettante e brillante come ci si aspetterebbe. Il titolo è fragoroso, e pure il cast è di livello. Cannavale, la Valeri, Gigi Ballista, Delle Piane, fanno il loro lavoro, e conferiscono una certa nobiltà alla pellicola, che però non è mai veramente divertente fino in fondo. Manca spesso la battuta ad effetto, il colpo di genio, il buon ritmo, la trovata veramente fulminante. La Fenech è bellissima, ma per altro qui è nel periodo di sua maggior magrezza; lo si nota ad esempio nella scena della doccia (ovviamente immancabile), durante la quale chiama Michele perché ripari il getto d'acqua. La vediamo sbucare fuori di profilo, col seno in bella vista e i fianchi coperti dalla tendina. Le si possono contare le costole una per una. Inoltre, è abbastanza assurdo l'accento "tetesco" che le viene affibbiato; passi che veniva naturalmente sempre doppiata in italiano, ma riuscire ad accettare che la francesina con la erre moscia più famosa del nostro cinema bis parlasse addirittura con una cadenza da Tottor-Kranz-tetesco-ti-Cermania era pretendere troppo. Ad ogni proferir di battuta della Fenech il suo personaggio risulta irreale, posticcio, causa un senso di straniamento. Tanto valeva ricorrere ad un'altra attrice, altrettanto avvenente e magari con fattezze più ariane e meno mediterranee. Giuffrè è un mattatore, vederlo all'opera è sempre un piacere e il suo Michele Cammagliulo è sicuramente uno dei personaggi più riusciti del film (anche se pure lui non è esente da parolacce facili e cadute di stile). Tra i caratteristi da segnalare Enzo Robutti (lo scultore di Marcantoni), Enzo Andronico (il medico), Lia Tanzi (la mignotta svampita) e Adriana Facchetti (la domestica "del casso"). Piselli, cannoli, cetrioli e qualsiasi altro alimento di forma fallica vengono evocati di continuo, così come la doppia valenza della "scopa" dà la cifra del film, anche se, in realtà, la signora non gioca praticamente mai a scopa, perlomeno intesa come carte.