Hbo, sempre attenta a questo tipo di operazioni documentaristiche, produce un film sulla vitta della celebre pin-up Bettie Page, anzi probabilmente la più celebre pin-up di tutti i tempi. Nonostante l'argomento assai glamour e potenzialmente molto promettente da un punto di vista commerciale, ad oggi sono stati realizzati solo due film sulla vita della modella americana, oltre a questo del 2005 anche Bettie Page: Dark Angel del 2004 (diretto da Nico B., il fondatore della label Cult Epics, ed interpretato da Paige Richards). Già questo fa comprendere quanto l'operazione non sia così semplice come si potrebbe pensare (a patto di voler realizzare un film con qualche contenuto e non un catalogo di oggettistica fetish e BDSM). Hbo scrittura Gretchen Mol nella parte di Bettie e cura in modo filologico la rispondenza delle immagini alla realtà, soffermandosi in particolar modo negli anni che vanno da metà dei '40 alla fine dei '60 circa. La biografia del personaggio è più o meno liberamente interpretata (il riferimento principale pare essere stato The Real Bettie Page di Richard Foster, 1999). La riproduzione di determinate iconografie cult della Page è maniacale, basta cercare su un motore di ricerca e mettere a confronto le immagini del film con i famosi servizi fotografici della Page, ad esempio quelli scattati da Bunny Yeager, nella finta "giungla" di Miami o a Natale sotto l'albero (e comparsi anche su Playboy).
Fa innanzitutto una certa impressione la somiglianza della Mol con la Page, aspetto fisico, acconciatura, espressioni, naturalezza nel nudismo, pose e ritratti fotografici sono pressoché identici all'originale. La regista Mary Harron (che insieme all'intero team produttivo costituiva una squadra di ben 6 donne su 7 figure coinvolte nel progetto) ha dichiarato che fin dall'inizio la Mol si è conquistata il ruolo per via della sua emotività. Le candidate al ruolo la buttavano troppo sul "vamp", mentre il film voleva ritrarre le sfumature interiori della Page e non quelle esteriori, già perfettamente note a chiunque abbia sfogliato una rivista in America dagli anni '50 ad oggi. Inoltre l'estrema semplicità e genuinità della Mol nelle scene di nudo la rendevano enormemente simile all'approccio della stessa Page, che - come ebbe a dichiarare la fotografa Bunny Yeager - quando era nuda sembrava vestita. Il ritratto della modella sognata da milioni di americani è estremamente dolce ed indulgente, un carattere sensibile, fragile, determinato ma non arrogante, che non può non irretire chiunque le capiti a tiro (complice anche una bellezza non esattamente anonima).
Non sono un esegeta della vita della Page, per cui mi limito a testimoniare che quanto raccontato nel film è davvero intenso, se ci si pensa. Una famiglia (del sud) dall'educazione molto rigida, un matrimonio fallito in giovane età praticamente col primo ragazzo che la invita ad uscire, abusi sessuali (e di gruppo), le accuse di perversione, amoralità e irreligiosità pervenute a causa della sua professione di modella "particolare", financo l'accusa di istigare alla morte i giovani americani mediante la compulsazione delle numerose immagini morbose e devianti che la vedevano coinvolta. Dopo tutto ciò, stigmatizzata anche dal proprio compagno, Bettie finisce in una chiesa evangelica da qualche parte a Miami, preda di contorsioni religiose ed espiazioni catartiche che la porteranno addirittura a ritrovarsi a Central Park a distribuire santini ai passanti ed a leggere passi della Bibbia. Nonostante le tematiche gravi e drammatiche, il film non assume mai un'adeguata cifra narrativa, mantenendosi invece su di un piano sempre piuttosto superficiale, leggero e meramente cronachistico. Così come non si spinge troppo sul versante erotico-sessuale (tutto è sempre ritratto come un gigantesco gioco innocente) neppure si eccede in strazio e disagio inferto dal mondo moralista e perbenista che cinge d'assedio la Page fino a minarne alla base le certezze e farla capitolare (come abbiamo visto fare a tante delle nostre sexy attrici degli anni '70 riscopertesi crocerossine una volta persa la freschezza della gioventù). Questo rappresenta al contempo un pregio ed un difetto del film, poiché se da un verso tutto scorre molto liscio, dall'altro si ha poco la percezione di quanto quei momenti, quegli anni e quella biografia siano stati unici, dirompenti ed impetuosi, per certi versi persino esasperati.
La Vita Scandalosa di Bettie Page ha molto garbo, molta grazia, è chiaramente un omaggio sentito alla Page. L'America in bianco e nero è ritratta esattamente così, in bianco e nero, fatte salve le parti riguardanti Miami Beach, proprio a sottolineare come quelle fughe al mare rappresentassero una boccata d'ossigeno corroborante per Bettie (ma accade anche quando viene girato il primo filmino in campagna). Si è volutamente scelto di ricorrere ad una vecchia partita di colori, per simulare le stesse tonalità "antiche" dell'allora Technicolor. Qua e là qualche passaggio risulta un po' troppo tirato e poco credibile; ad esempio il voltafaccia del fidanzato attore di Bettie, che si appassiona alla donna proprio per la sua sfrontatezza e poi invece gliela rinfaccia, o la conversione religiosa poco "costruita". Tuttavia il film documentario rimane comunque una testimonianza interessante di un personaggio così unico e sui generis, nonché di un particolare momento degli Stati Uniti nel quale moralità e liberazione dei costumi entravano in netto contrasto (basti pensare che nei '60 Russ Meyer inizierà ad inondare lo zio Sam con le sue scombinate pellicole mammarie).