La Morte Va A Braccetto Con Le Vergini

La Morte Va A Braccetto Con Le Vergini
La Morte Va A Braccetto Con Le Vergini

Nel 1971 Peter Sasdy usciva nei cinema inglesi con Countess Dracula, contemporaneamente in Italia un tizio si scervellava (come neanche quando sei in bagno a ponzare di brutto) per partorire un titolo idoneo per la distribuzione del film nelle sale Italiane. Da La Contessa Dracula la grande mente partorì La Morte Va A Braccetto Con Le Vergini; azzardo che secondo me è lo stesso che poi ideò pure Io Zombo, Tu Zombi, Lei Zomba. Di sicuro è uno che in agricoltura avrebbe potuto impiegare meglio le sue facoltà. Purtroppo il film ci è stato tramandato come la faccenda della Morte col braccetto e le vergini, se accettate di ingoiare il rospo e vi abbandonate al film facendo finta di dimenticarvi dello sfregio, rimarrete estasiati come il sottoscritto da questa deliziosa pellicola marchiata Hammer. Il topos è di quelli sfruttatissimi in ambito gotico-horror, la signora più o meno discendente della egregia famiglia Bathory e/o della stimata famiglia Dracula, quando non è lei direttamente in persona, la quale detergendo le terga in una simpatica vasca di sangue virgineo torna giovane, bella e piacente. Per dirne una, e rimanere in tema di tristi mietitori che fanno comunella con le vergini, mi viene in mente Le Vergini Cavalcarono La Morte del '73.

Abbiamo la Contessa Elisabeth Nádasdy (notare l'assonanza col cognome del regista, di origine ungherese, come ungherese è l'ambientazione della vicenda) che nel XVII° secolo rimane vedova; alla lettura del testamento le volontà del fu marito lasciano l'amaro in bocca a parecchi, in particolare al gastaldo (remunerato con armi ed armature) e alla nobildonna (assegnataria unicamente del castello). Molto meglio va al Imre Toth, figlio del miglior amico del Conte, che eredita una fortuna tra cavalli e scuderie. Incidentalmente, in piena incazzatura, madame Nádasdy ferisce una serva, il sangue della quale le schizza in volto. Con sua somma sorpresa Elisabeth scopre che quelle poche gocce di preziosissimo liquido cremisi le donano una pelle ringiovanita di 40 anni; capito l'arcano, la donna si industria per avere a castello un fucina di carne fresca in grado di garantirle cisterne di sangue pronto all'uso. E' così che assume l'identità di sua figlia Ilona (che nel frattempo fa rapire per toglierla di mezzo) ed inizia ad amoreggiare con l'erede delle scuderie, mentre il gastaldo frigge di gelosia. Governante e gastaldo infatti conoscono il terribile segreto della discendente di Erzsébet Báthory e la assecondano nei suoi diabolici voleri; chi le si mette contro (il dotto scienziato di famiglia) ci rimette le penne. - SPOILER: invidioso e livoroso, il gastaldo lascia che l'amante di Elisabeth scopra il maleficio. Imre Toth si allea quindi con la governante, nel frattempo persuasasi a combattere la padrona dopo aver scoperto che la vera Ilona (che lei aveva allevato sin da piccolissima) era stata fatta rapire dalla madre, disposta a qualsiasi prezzo pur di rimanere giovane e poter tornare a godere degli uomini. Durante il matrimonio combinato tra Elisabeth/Ilona e Imre Toth le fattezze della contessa la tradiscono e mentre la donna, impazzita, si getta contro la figlia per sgozzarla davanti a tutti e bagnarsi del suo sangue, Imre Toth si sacrifica facendosi pugnalare al suo posto. Oramai il patto col diavolo è stato smascherato e la contessa viene spedita dal boia.

Di per sé la storiella, oltre che banale, ha accenti molto naive, ma il cuore, la vera anima del cinema gotico non sono mai state l'originalità e la verosimiglianza degli script quanto la messa in scena, il fascino e la meraviglia degli ambienti, delle atmosfere, dei costumi, dei paesaggi oscuri, brumosi e minacciosi. Ed in questo la Hammer è insuperabile. Ogni fotogramma di Countess Dracula emana un magnetismo luciferino, è tutto estremamente posticcio e proprio per questo totalmente vero, un mondo parallelo in cui il gotico è il verbo, l'unico possibile. Personaggi, abiti di scena, scenografie, una splendida recita macabra e mortifera che cela in sé due ulteriori spunti di analisi: 1) il cinismo del potere e la lotta impari per combatterlo, 2) l'erotismo. Nel primo caso la veemenza delle argomentazioni è flebile, tuttavia la si coglie di tanto in tanto, alla maniera blanda di un film fatto prevalentemente per divertire ed intrattenere. Nel secondo caso si insiste più vigorosamente. L'indiscussa protagonista del film, Ingrid Pitt (ovvero la versione ringiovanita e figa dell'anziana contessa) è bellissima, indossa vesti scollati e provocanti, ha i capelli il cui biondo cangia in arancione, e in più di un'occasione rivolge al pubblico le proprie nudità. Nella scena che forse rappresenta il climax del film, il suo corpo nudo ma lordo di sangue innocente viene smascherato dal gastaldo al cospetto di Imre Toth, mentre il fisico statuario ed i seni (un po' troppo....) marmorei della Pitt riempiono seducenti i bollentissimi fotogrammi. La storia della Pitt merita un breve accenno visto che la donna, classe 1937, nata Ingoushka Petrov all'anagrafe di Treblinka da padre tedesco e madre ebrea polacca, durante la guerra finì in un campo di concentramento. Sopravvissuta si trasferì a Berlino, dove sposò un militare americano col quale si trasferì in California. La sua carriera cinematografica contò in realtà pochi film, rimase legata sostanzialmente a titoli horror, e dopo altri due matrimoni e la partecipazione all'album "Cruelty And The Beast" dei Cradle Of Filth come voce narrante (1988), morì nel 2010 a 73 anni per un collasso a Londra.

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