La Mala Ordina

La Mala Ordina
La Mala Ordina

Fernando Di Leo riteneva Milano Calibro 9 il suo miglior film ma non sono in pochi a pensare che La Mala Ordina gli sia complessivamente superiore e che in particolare per la strabiliante prova attoriale e per il senso del ritmo sia un un'opera pressoché ineguagliabile. La filiazione da Scerbanenco c'è ma è meno pressante di quel che si pensi, si riduce ad alcuni elementi specifici, come il dialogo iniziale di Cyril Cusack ai due killer newyorkesi Henry Silva e Woody Strode, e al personaggio di Luciana Paluzzi che scorta i due gangster attraverso Milano alla ricerca del magnaccia Luca Canali (Mario Adorf) per ucciderlo. Paradossalmente il racconto Milano Calibro 9 è proprio questo, nonostante il titolo sia poi stato assegnato al film con Gastone Moschin. Per il resto Di Leo rielabora, si appropria culturalmente di un background che condivideva con Scerbanenco. Figlio e nipote di avvocati, Di Leo sin da bambino aveva visto sfilare negli studi della famiglia tanti piccoli e grandi personaggi della malavita, ne conosceva i codici, le leggi e i comportamenti. Da grande appassionato di film "di sparatorie" l'autore pugliese mette in piedi la cosiddetta trilogia del milieu tra il 1972 ed il 1973 (Milano Calibro 9/La Mala Ordina/Il Boss). Entra mani e piedi nel genere poliziesco trasformandolo in poliziottesco, la declinazione italiana, un termine spregevole come fu "spaghetti western" per la nostra versione dei pistoleri cowboy, tuttavia il cinema della "mala" nasce qui e diventerà un canone imprescindibile per tutti gli epigoni a seguire. C'è la criminalità di piccolo ed alto cabotaggio, ci sono i cattivi stereotipati, ci sono le donne nude, ci sono gli inseguimenti e gli scontri a fuoco, ci sono le botte e la droga, ma tutti questi elementi sono tenuti assieme da un collante artistico e morale che è quello di Di Leo, peculiare e riconoscibile tra migliaia di registi.

La scelta dei protagonisti è sempre stupefacente, perché così come Moschin in Milano Calibro 9, preferito ad approdi più sicuri come Franco Nero, Giuliano Gemma o Fabio Testi, pure Mario Adorf per La Mala Ordina rappresentava una scommessa ardita, certo meno di Moschin (che era stato perlopiù un attore comico fino al '72, mentre Adorf aveva comunque girato diversi western, bellici e anche un paio di poliziotteschi tra cui proprio Milano Calibro 9). Di Leo tuttavia vede oltre, ha una sua precisa idea di film in testa e soprattutto vuole personaggi carichi di umanità, tridimensionali e a loro modo anche imprevedibili. Lo stereotipo, la tipizzazione è lasciata ai cattivi, Silva (con la sua faccia inespressiva fatta di spigoli) e Strode rappresentano i killer di celluloide, tanto esteticamente quanto nei comportamenti. Già Adolfo Celi, boss locale, è assai più sfumato e sottile, sebbene sia imperdonabilmente doppiato da Antonio Gudi. Con Adorf poi si raggiunge la sublimazione; un personaggio il suo che nessuno vede arrivare, un piacione, paraculo, che non sembra valere mezza tacca e che campa a scrocco sulle sue donnine (ma non si sente un criminale), e che costretto dal destino si trasforma in un uomo implacabile, determinato e furioso, spinto da nient'altro che la paura (come lui stesso dice nel film), ma in realtà anche dal dolore di aver visto con i propri occhi la moglie (la bellissima Sylva Koscina) e la piccola figlioletta trucidate in mezzo alla strada. Adorf ha una cifra recitativa tutta sua, quasi sempre sopra le righe, parossistica, teatrale, buffonesca, pacchiana, ai limiti (ed oltre) del grottesco, eppure ha una verità addosso, una genuinità che tracima e rende il suo Luca Canali un gigante buono che probabilmente avremmo potuto incontrare facilmente da qualche parte nel meridione attorno ai primi anni '70.

Immense le musiche di Armando Trovajoli, particolarmente efficaci nelle scene di inseguimento girate con una maestria, un ritmo, un dinamismo davvero strabilianti. Ma Di Leo è anche quello che improvvisamente coglie l'opportunità di un gattino spelacchiato che si aggira tra i rottami di uno sfasciacarrozze e intavola un curioso dialogo con Adorf che brilla di poesia e leggerezza nel bel mezzo di sangue, violenza e proiettili. C'è tanta femminilità in La Mala Ordina, da Femi Benussi (la più nuda) a Francesca Romana Colussi in turchese, dalla Koscina alla Paluzzi, senza dimenticare i seni di Franca Sciutto e delle altre ballerine dei night milanesi. Il finale del film non è lieto, non è consolatorio e non è speranzoso, catartico si però, perché in qualche modo Canali ottiene (almeno) la sua vendetta. Curiosità, tra la comunità hippie frequentata dalla Coluzzi c'è un giovanissimo Renato Zero con la bombetta alla Charlot.

Trailer ufficiale

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