Non mi è chiaro se Godard e la Karina fossero già sposati durante la lavorazione di La Donna È Donna o se si siano sposati subito dopo, in ogni caso erano sentimentalmente legati e un po' tutto il progetto Une Femme Est Une Femme nasce come tributo alla bellezza della Karina ed alla sua femminilità. La storia della Karina è un altro film, danese, con due patrigni alle spalle uno dei quali la picchiava, va a vivere a Parigi a 17 anni senza un soldo e senza sapere bene che fare della propria vita. Inizia a fare la modella, poi intende diventare attrice. Godard la nota le propone un primo film nel quale dovrà spogliarsi e lei rifiuta. Ma lui insiste con altre proposte ed alla fine la coinvolge in Le Petite Soldat (1960) nel quale lei debutta. Quindi l'anno successivo arriva La Donna È Donna, una commedia di cui è chiaro da dove arrivi l'ispirazione ma non dove debba andare la sceneggiatura. Tanto che di fatto non ce n'é una una vera e propria, la storia abbozzata vede una donna che vuole avere un figlio e battaglia con il suo compagno invece recalcitrante. Dentro questa cornice appena abbozzata Godard ci vuole la commedia, il surrealismo, il cinemascope ed il technicolor (questo sarà il primo film a colori di Godard), il retaggio dei musical americani, la rottura degli schemi sia visivi che sonori con scritte in sovraimpressione, l'uso di immagini per descrivere (i titoli dei libri come mezzo semantico) e della musica di Michel Legrand ("La musica dappertutto, sopra, sotto e durante i dialoghi. Anche quando i personaggi camminano. Quando Anna cammina per strada sembrerà che danzi; quando parla, sembrerà che canti!"), oltre ad un taglio ai limiti del documentaristico.
Il risultato, oltre che una battaglia tra i sessi, è una battaglia anche con lo spettatore, che nel 1961 non era preparato ad una simile avanguardia. Godard mescola mille mezzi di espressione li sovrappone e scompone, tutto finalizzato al risultato, al messaggio, forma che è contenuto e viceversa. 85 minuti che si reggono su tre attori, la Karina, Jean-Claude Brialy (il fidanzato Émile) e Jean-Paul Belmondo (l'amico di Émile, spasimante di Anna, che Godard ribattezza Lubitsch, evidentemente omaggiando il regista Ernst Lubitsch). Ma ciò che accade tra la Karina e Brialy è anche e soprattutto una coreografia, curata al millimetro ed al centesimo di secondo, con piani sequenza ed inquadrature che parlano tanto quanto i personaggi. Alcuni passaggi sono letteralmente irresistibili, grossomodo tutto ciò che accade nell'appartamento dei due fidanzatini. La Karina è un'adorabile "femmina", irrequieta, imprendibile, irriducibile, a tratti inconsapevole e quasi inconsistente eppure ferocemente determinata. Brialy la contiene come può ma è chiaramente sconfitto in partenza.
Sono tanti i colpi di genio verbali che i due si infliggono vicendevolmente, come è assai divertente il gioco metacinematografico ordito da Godard fatto tanto da attori che abbattono la quarta parete guardando nell'obbiettivo (ovvero nelle palle degli occhi lo spettatore), quanto da il continuo citare altri film di Godard (come Fino All'Ultimo Respiro), della nouvelle vague (come Jules Et Jim che uscirà l'anno dopo e del quale parla Jeanne Moreau, qui presente nel ruolo di se stessa), oppure quando Belmondo parla del suo amico Burt Lancaster (con il quale 1954 aveva girato Vera Cruz), imitandone il sorriso sornione. In Italia il film uscì assurdamente deturpato di alcune scene (ci sono dei rapidi topless visto che la Karina è una spogliarellista e dei chiari riferimenti alla prostituzione) e con la musica "rimontata"... per dire quanto al cinema siano stati fatti dei danni a livello distributivo, basti pensare anche alla versione riveduta e (s)corretta de Il Disprezzo, sempre per rimanere ad un altro titolo di Godard. Del resto l'Italia ha dimostrato di avere seri problemi ad afferrare il regista parigino, si veda ad esempio il gioco di parole che chiude il film, "tu es infâme / non, moi je suis une femme" lasciato amorfo in una sterile traduzione italiana che getta via l'assonanza e contrappone "infame" a "donna", senza che il pubblico italiano francofono e meno acculturato potesse cogliere il calambour. Durante la lavorazione la Karina era incinta e molti dialoghi sul desiderio di avere un figlio rispecchiavano probabilmente dialoghi reali, anche se purtroppo quella gravidanza per la Karina terminò nel peggiore dei modi, con un aborto.