La Cintura, ovvero 50 sfumature di Eleonora Brigliadori. Vi piacciono i film un po' perversi, con l'amore a suon di ceffoni (e cinghiate), dinamiche sadomaso e tutto il mondo contro che non può capire la gioia liberatoria di un rapporto estremo e radicale ma pieno e inebriante? Se la risposta è si dovreste guardare La Cintura, dovreste, tempo condizionale, perché poi una volta visto scoprireste che la pellicola di Giuliana Gamba (quella di Bestialità e Profumo) non è un granché. Il team produttivo e autoriale è imponente: soggetto di Moravia, sceneggiatura della Archibugi (credo che una prima della classe come lei, cocca di tutti i critici spocchiasnob dello Stivale, si starà vergognando di questo film ininterrottamente dal 1989), budget gentilmente offerto da Giovanni Bertolucci e Galliano Juso, musiche di Nicola Piovani. Pareva una roba destinata a rimanere negli annali del cinema; non è andata esattamente così.
Bianca Ravelli (Eleonora Brigliadori) se la intende con un professore universitario sposato, dal quale ricava solo dispiaceri e delusioni. Un giorno viene riaccompagnata a casa da Vittorio (James Russo), un collega italo-americano del docente, col quale inizia subito una relazione. Il rapporto è contrastato ma molto carnale. Tra i due si stabilisce un'intesa basata sulla violenza fisica; Bianca ha bisogno di essere maltrattata e picchiata, e questi "preliminari" eccitano molto Vittorio che non si lascia pregare. Il casus belli è una cintura che Bianca regala a Vittorio, e con la quale vuole essere frustata. Alla sofferenza fisica si accosta quella psicologica, poiché il rapporto tra i due è fatto di litigi, provocazioni, insulti, esplosioni di passione, abbandoni e riappacificazioni continue; fino a che, a seguito dell'ennesima notte d'amore seguita ad una lotta furibonda (con evidenti segni sul corpo), Bianca ha un'emorragia. - SPOILER: in ospedale la donna scopre di aver appena abortito una gravidanza di cui non era neppure al corrente. Decide così di denunciare il compagno per le percosse (ma senza fare alcun riferimento all'aborto). Tutta la vicenda è rivissuta in flashback nell'aula di tribunale dove si consuma la causa tra i due. Vittorio viene assolto da una giudice particolarmente comprensiva (Anna Bonaiuto). Fuori dal tribunale Bianca intende interrompere la relazione sentimentale, gli ex coniugi intraprendono strade diverse ma, nel più classico degli happy ending, torneranno poi sui propri passi, arrivando addirittura a sposarsi e a riprendere le abituali pratiche sadomasochistiche consensuali.
Eleonora Brigliadori ebbe diverse noie per questo film. Foto dal set finirono su Playmen come servizio erotico, il tutto mentre l'attrice doveva condurre in tv Lo Zecchino D'Oro. Il suo ruolo spinto fece molto scalpore, intanto perché la Brigliadori non era esattamente la Fenech della situazione, inoltre perché l'erotismo di La Cintura aveva quei risvolti sadomaso che sembravano l'ideale per turbare la sonnacchiosa borghesia perbenista italiana (parliamo del 1989, appena 25 anni fa, anche se sembrano un secolo). Per l'economia del film la Brigliadori si rivelò una scelta troppo azzardata. Se da un verso l'attrice era una bellissima donna (alcuni primi piani sono favolosi), dall'altro la sua fisicità, il suo modo di porsi, la sua recitazione, risultano antierotici. Bianca non trasmette alcuna sensualità, le scene d'amore, al netto della violenza, sono fredde, non comunicative, scarsamente coinvolgenti. A questo si affianca la staticità imbarazzante di James Russo, un attore che praticamente non recita, un pezzo di legno, uno di quelli che avrebbe fatto la fortuna con Dario Argento. Un nerboruto fisicato che però, avendo gli occhialini da intellettuale, è professore universitario di default, anche se ha 36 anni (non so voi, ma i miei professori universitari sono stati perlopiù dei 65enni stempiati e con un cocomero al posto della buzza).
I dialoghi un po' ridicoli sono parecchi lungo i 96 minuti di durata, così come la giudice Anna Bonaiuto è del tutto inverosimile. Pare affascinata da Vittorio, ha letto il suo romanzo, nutre comprensione e tolleranza per il rapporto focoso tra i due (forse addirittura "invidia"), ha una prassi assai curiosa nel gestire l'aula, tant'è che fa uscire tutti i presenti (persino gli avvocati) e si lancia in un pistolotto di buon senso alle parti in causa, invitandoli ad amarsi "come sanno fare loro". Il finale del film vuole chiudere bene a tutti i costi, quasi disneyanamente. Sarà stata la derivazione da Moravia, ma la pellicola intende mettere insieme pretese intellettuali, erotismo a buon mercato (si veda la scena del sesso all'aperto sotto la pioggia) ed un sentimentalismo da fiction Rai di prima serata. Notevole anche il cuore psicanalitico dell'intera faccenda; da bambina Bianca stava annegando durante una nuotata in mare col padre, raggiunta dal genitore, viene stordita da un cazzotto in pieno volto perché si calmi, quindi portata a riva e consolata amorevolmente con baci e carezze. Ecco che quel pugno genitoriale diventa l'emblema dell'amore assoluto e protettivo, nonché un gesto propedeutico ad effusioni di amore autentico. Una condizione che Bianca ricerca continuamente anche da adulta. Involontariamente umoristico il fatto che Bianca e Vittorio si incontrino casualmente sempre e comunque; nonostante una città come Roma sia abbastanza grandina, loro si incrociano alle mostre d'arte, al cinema, basta uscir di casa e tac, eccoteli arrivare da strade opposte ma immancabilmente coincidenti. Bella la Brigliadori ma inadatta al ruolo. Le responsabilità però non sono solo sue, il film è un colabrodo dappertutto.